Lo scorso 11 maggio l’ultimo lavoro del regista Ridley Scott è approdato nelle sale italiane. Alien: Covenant riporta in vita il mito di Alien nato quasi quarant’anni fa e alimentato da una fortunata serie di film capaci di rivoluzionare l’immaginario comune della fantascienza e dell’horror. Questo nuovo capitolo, prequel delle pellicole originali, è tuttavia il sequel di uno dei titoli più discussi nella storia delle grandi saghe cinematografiche: Prometheus. Distribuito nel 2012 e diretto dallo stesso Scott, questo strano esperimento inizialmente si presentava come un’interessante indagine sulle origini del mito, sulla provenienza degli inquietanti alieni xeno-morfi. Dopo la visione, però, il film è diventato oggetto di accese discussioni tra fan, delusi dalla rielaborazione delle tradizioni, e nuovi appassionati, affascinati dalla mitologia svelata in poco più di due ore. Il duo Spaiths – Lindelof alla sceneggiatura sceglie di raccontare questa storia, questo nuovo tassello nell’universo Alien, a partire dalla fine del XXI secolo, periodo in cui la determinata coppia di archeologi, Elizabeth Shaw (Noomi Rapace) e Charlie Holloway (Logan Marshall-Green), riporta alla luce un misterioso e curioso dipinto rupestre raffigurante quella che sembra essere una mappa stellare che potrebbe fare chiarezza sulle origini della vita sulla Terra e rivelare interessanti aspetti sconosciuti dell’universo. Pochi anni dopo, grazie all’intervento dell’imprenditore Peter Weyland (Guy Pearce), prende il via la missione d’esplorazione spaziale Prometheus, destinata a scoprire molto più di quanto sperato tra imprevisti e spaventose e inaspettate rivelazioni sugli “Ingegneri”, figure antiche che secondo Shaw e Holloway sono i veri artefici della vita sul pianeta azzurro. Spesso gli appassionati di una serie come questa vorrebbero conoscere ogni dettaglio, ogni singolo particolare dell’universo di personaggi e luoghi immaginato nel 1979 e arricchito, capitolo dopo capitolo, di risposte a iniziali dubbi ma anche di nuove insistenti e curiose domande. Parallelamente, però, si sviluppa una sorta di timore, una paura di rimanere delusi davanti alle promesse di grandi rivelazioni. Prometheus non nasconde il suo ambizioso obiettivo: fare luce nei punti meno chiari della saga e unire il tutto con riflessioni filosofiche sul significato della creazione. Questo è contemporaneamente un pregio e un difetto di un film ammirevole nei suoi intenti ma fragile nella sua realizzazione, intrappolata nei rigidi canoni imposti dalla tradizione degli alieni più celebri del grande schermo. Nel cast figurano nomi importanti che in tempi recenti hanno saputo farsi riconoscere in diversi generi. La grande numerosità dei componenti dell’equipaggio Prometheus, però, non facilita l’approfondimento di alcuni personaggi secondari che non riescono a inserirsi perfettamente nel puzzle della narrazione. Noomi Rapace e Michael Fassbender, invece, sono perfettamente a loro agio nei ruoli di protagonisti: la prima è una scienziata mossa da solide convinzioni radicate profondamente nell’infanzia, il secondo è un robot capace di regalare al cinema una nuova e lodevole rappresentazione degli androidi. Gli effetti speciali, candidati al premio Oscar, nel complesso funzionano ma non riescono a lasciare a bocca aperta, proprio come lo stesso film che, nonostante i numerosi spunti, non convince completamente pur risultando gradevole Immagini tratte da: Immagine 1: Locandina – www.avp.wikia.com Immagine 2: Michael Fassbender – www.independent.co.uk Immagine 3 Navicella – www.nehovistecose.com
0 Commenti
Lascia una Risposta. |
Details
Archivi
Marzo 2023
Categorie |