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20/3/2016

Recensione del film "Room"

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​di Enrico Esposito
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​Film: Room
Regia: Lenny Abrahamson
Paese di Produzione: Canada, Irlanda
​Casa di Distribuzione: Universal
Anno: 2015

Room è uno di quei film che ti lascia basito senza darti alcun avviso. E ricorrendo ad armi differenti attraverso le quali si riproduce la sua solidità di fondo.
​Il suo regista, l'irlandese Lenny Abrahamson già autore dell'apprezzata commedia dissacrante "Frank" del 2013, ha portato a compimento una produzione indipendente lavorando gomito a gomito con la produttrice Emma Donoughe, anche sceneggiatrice dal momento che la storia principale viene tratta dal suo romanzo omonimo del 2010. Una minuscola stanza per l'appunto, o meglio un capanno degli attrezzi adibito ad immorale monolocale privo di finestre eccezion fatta per un lucernario, ospita la prima parte della pellicola durante la quale viene raccontata la storia terribile vissuta dalla 24enne Joey Newsom e dal figlio di appena 5 anni Jack. Da sette anni Joey é stata rapita e segregata tra le mura claustrofobiche di quest'autentica prigione dal suo vicino di casa, Old Nick (interpretato da Sean Bridgers) che la obbliga inoltre ogni sera ad avere rapporti sessuali da uno dei quali è nato infatti il piccolo Jack, perennemente confinato dentro la "Room", cresciuto lontano dalla luce del sole e dal fresco dell'aria sul volto. La pellicola introduce lo spettatore all'interno del dramma della prigionia sin dai titoli iniziali, tra le cui pieghe compaiono a squarci flash delle componenti più importanti della stanza che trasmettono una sensazione di oppressione e tremore direttamente tratte dal genere thriller. Il grigiore degli oggetti e dell'ambiente, la trascuratezza nell'aspetto di Joey e Jack, l'assenza quasi totale di musiche e suoni semplici dominano trionfalmente in una prima mezz'ora molto serrata. L'interpretazione magistrale di entrambi gli "abitanti della Room" , Jacob Tremblay nei panni di "Jack" da una parte e dall'altra Brie Larson "Joey" vincitrice di numerosissimi premi per questa performance tra cui l'Oscar come migliore attrice protagonista, ha la capacità di trascinare in prima persona l'osservatore nel fondo dell'incubo e del rischio sempre vivo di lasciarsi andare di cui è affetta pesantemente "Ma", pseudonimo adoperato da Jack per chiamare la madre. Seppur le capitino infatti alcuni momenti di crisi esasperata o al contrario di silenzio assordante, "Ma" conserva all'interno di se e soprattutto nel contatto con il piccolo una forza d'animo e lucidità straordinarie che le permettono non soltanto di sopravvivere ma anche di credere che non sia finita per sempre. 

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Una scena del film
Tuttavia la prospettiva maggiore dalla quale l'occhio della cinepresa indaga la storia appartiene all'anormale esperienza di Jack, il cui mondo è ridotto da sempre alla Room con l'armadio-rifugio per quando di notte si presenta il carceriere Old Nick, la televisione "scatola magica e dell'immaginazione", il lucernario unica via mediante la quale scrutare il cielo e quindi il mondo. Malgrado le condizioni fisiche disagiate e le limitazioni mentali provocate dalla prigionia, Jack riesce a sviluppare grazie all'esemplare educazione materna un'intelligenza spiccata e precoce che lo porta ad interrogarsi sulla realtà da lui neanche sfiorata. Sarà lui parallelamente all'evoluzione della vicenda a diventare adulto prima del tempo, a tirare fuori "Ma" dal baratro, a dimenticare non senza difficoltà la sua Room.
​Esattamente come nel libro, Emma Donoughe sceglie il punto di vista più curioso e difficile da ipotizzare ancor prima che da costruire, proseguendo nell'indagine ispirata dal caso Fritzl, una delle pagine più incresciose della cronaca nera a cavallo tra anni 80 e 2000. Stiamo parlando dei 24 anni di interminabili violenze che la diciasettenne Elisabeth Fritzl subì ad opera del padre-orco Josef all'interno della cantina della loro abitazione nella cittadina austriaca di Andecken. Tra le disumane sevizie propinate dall'orco vi furono innumerevoli rapporti sessuali incestuosi che portarono alla nascita di 7 figli, l' ultimo dei quali Felix dato alla luce e vissuto nei suoi primi anni senza mai lasciare la Room al pari di Jack.
Immagini tratte da:
- Locandina, foto di autore
- Foto n.2 ripresa da cinefilos.it


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