Azzurra, limpida e sconfinata, un’immensa distesa d’acqua bagna l’isola di Lampedusa. E’ un’acqua che consola, che libera da ciò che non piace, che fluisce ininterrotta senza incontrare resistenze, che dà consolazione sostenendo il corpo e, con esso, l’anima.
Respiro (2002) di E. Crialese (Grand Prix a Cannes) è la storia di una giovane donna, Grazia (Valeria Golino, Nastro d’argento 2002), un po’ svagata e fuori di testa, che forse soffre di una qualche forma di depressione. E’ madre di tre figli e vive a Lampedusa. Con i suoi gesti strampalati destabilizza l’equilibrio familiare, attirando su di sé la diffidenza dei benpensanti paesani, pieni di pregiudizi, che vogliono sia spedita in un istituto per malati di mente a Milano. Dal bagno in mare completamente nuda, al tentativo di gita a bordo di una barca a vela con degli sconosciuti, passando per la liberazione dell’intero canile (e la conseguente mattanza di cani da parte dei paesani), la situazione in breve tempo precipita. Grazia, minaccia il suicidio perché vuole rimanere a Lampedusa e, con la complicità del figlio, decide di nascondersi all’interno di una grotta, dove passerà indisturbata diversi giorni.
Un rapporto a tratti ambiguo quello che lega Grazia ai figli: affetto misto ad una forma embrionale di sensualità, in particolare verso il più grande, Pasquale (Francesco Casisa), che nei confronti della madre riveste un ruolo quasi genitoriale. C’è una grande complicità tra i due e un capovolgimento della normale relazione genitore-figlio, forse un po’ forzata tenendo conto che si tratta solo di un bambino, che risulta però congeniale alla trama.
Le atmosfere che rivivono sono quelle di un piccolo paese siciliano degli anni ‘60: giochi liberi tra bambini in strada, momenti di condivisione e socialità infantile, rituali, sacro che si intreccia col profano e naturalmente l’idioma isolano frammisto all’italiano che conferisce identità ai personaggi.
Grazia è una donna altrove, che vive in una dimensione tutta sua: sognante ascolta Patty Pravo che canta La bambola e sorride malinconica. Le voci di paese dicono che la donna <<fa uscire pazzi>> perché <<quando è contenta è troppo contenta, quando è triste è troppo triste>>. Grazia è poco gestibile, le sue reazioni fuori dagli schemi sono inaspettate, non meditate, sono vere pur nella loro stranezza. Il marito Pietro (Vincenzo Amato) tenta come può di contenerla e di farla ragionare, poi - una volta scomparsa - inizia le ricerche, sperando di trovarla all’interno dell’isola. Suggestivo è il posizionamento della statua della Madonna sott’acqua da parte di Pietro, che cinge e prega, in un rapporto personalissimo con la divinità marmorea. La festa di S. Bartolomeo chiude il film. Falò di legna vecchie illuminano l’acqua che diventa dorata, quasi magica. Sulle note delle musiche di John Surman - che suggeriscono, tramite l’intreccio di sassofono e sintetizzatore, rumori abissali e profondità in cui ogni rumore è ovattato dall’acqua - avviene una doppia ricomposizione: la famiglia si ricongiunge in seno la piccola comunità e questo avviene nelle acque del mare.
Il mare è, assieme ai personaggi, un protagonista della pellicola. E’ un mare che avvolge, perdona, che accetta, è luogo di incontro e libertà. Libertà di essere come si è, anche per l’incomprensibile piccola donna che riappare agli occhi del marito attraverso l’acqua, che fluida, elimina ogni reciproca resistenza.
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Giugno 2023
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