di Matelda Giachi ![]()
Genere: Drammatico, Sentimentale
Anno: 2018 Durata: 117 min Regia: Barry Jenkins Cast: Kiki Layne, Stephan James, Regina King, Teyonah Parris, Colman Domingo, Ethan Barret, Milanni Mines, Ebony Obsidian, Dominique Thorne, Michael Beach, Aunjanue Ellis, Diego Luna, Pedro Pascal Sceneggiatura: Barry Jenkins Fotografia: James Laxton Colonna Sonora: Nicholas Britell Produzione: Annapurna Pictures, Plan B Entertainment, Pastel Distribuzione: Lucky Red Paese: Stati Uniti
Quartiere di Harlem, Manhattan, sono gli anni ’70. Tish e Fonny sono cresciuti insieme e, ora che sono grandi, si scoprono innamorati. Un bambino in arrivo, il progetto di un futuro insieme viene infranto quando il ragazzo è ingiustamente accusato di un crimine. Il sogno di Tish si tramuta in una lotta contro l’asprezza della vita, nella quale sarà supportata da una sconosciuta forza d’animo e dalla famiglia.
“Beale Street è una strada di New Orleans, dove sono nati mio padre, Louis Amstrong e il Jazz. Ogni afroamericano nato negli Stati Uniti è nato in Beale Street, è nato nel quartiere nero di qualche città americana, sia esso a Jackson, in Missisipi, o Harlem, a New York. Beale Street è la nostra eredità. Questo romanzo parla dell’impossibilità e della possibilità, della necessità assoluta, per dare espressione a questo lascito.”
Il premio Oscar per Moonlight Barry Jenkins traspone per il grande schermo il romanzo omonimo di James Baldwin e torna a parlare della discriminazione del popolo afroamericano. Mentre però, di solito, si sceglie di portare in scena la violenza, forse perché considerata più di impatto (mi viene in mente 12 Anni Schiavo, tra gli ultimi film premiati), Jenkins decide invece di parlare d’amore. Se la Strada Potesse Parlare è infatti, prima di tutto, una storia d’amore. Un amore giovane, impacciato, dolce ma pieno di fiducia e di voglia di futuro e più forte della paura. I due giovani vengono privati non solo dell’illusione del sogno americano ma anche della semplice possibilità di vivere la propria vita. Il racconto procede sempre con delicatezza estrema; una regia morbida, incentrata principalmente sui primi piani, su di un linguaggio più profondo di quello della parola. Tutto scandito da un sottofondo jazz.
Il primo film di Barry Jenkins dopo l’Oscar evidenzia una grandissima crescita del regista sotto il profilo sia dello stile che della narrazione ma conserva, tuttavia, il suo più grande difetto: la volontà di commuovere a tutti i costi.
Inizialmente vi è una grande poeticità nello sviluppare la storia d’amore al centro della pellicola, che trova il suo culmine nella prima volta tra i due, dipinta con estremo candore. Ma non appena il regista la rende strumento di denuncia la precedente dolcezza diventa retorica; il film, a tratti, uggiosamente melenso, quasi un compiangersi. Nel bene e nel male, Jenkins rimane fedele a se stesso con una regia fortemente sentimentale che, con la dovuta maturazione, potrebbe essere promessa di un radioso futuro per il cinema. I protagonisti Stephan James (Jesse Owens in Race) e l’esordiente Kiki Layne intensi e bravissimi di fronte a una macchina da presa che indaga da vicino i loro volti e cerca di penetrare nel profondo dei loro occhi. La forza d’animo di un popolo nell’interpretazione carismatica di Regina King. VOTO 7,5
0 Commenti
Lascia una Risposta. |
Details
Archivi
Marzo 2023
Categorie |