di Federica Gaspari ![]() Titolo originale: The Green Knight Genere: fantasy, avventura Anno: 2021 Regia: David Lowery Cast: Dev Patel, Alicia Vikander, Joel Edgerton, Sarita Choudhury, Sean Harris, Ralph Ineson, Barry Keoghan, Erin Kellyman, Kate Dickie Sceneggiatura: David Lowery Musiche: Daniel Hart Produzione: Ley Line Entertainment, Bron Creative, Wild Atlantic Pictures, Sailor Bear Distribuzione: Prime Video Paese: Stati Uniti d’America, Canada Durata: 130 min Esistono poche personalità a Hollywood con una filmografia eccentrica come quella di David Lowery. Regista, sceneggiatore, montatore e produttore classe 1980, Lowery negli ultimi quindici anni si è fatto strada nel mondo indipendente nordamericano diventando una figura di spicco per palcoscenici come Sundance e South by Southwest. Dopo anni in questi ambienti, nel 2016 arriva - un po’ a sorpresa - il balzo nel mondo più commerciale Disney con Il drago invisibile e con la conferma alla regia del prossimo live-action di Peter Pan. Compromessi o netti cambi di rotta? Nella zona grigia di questo percorso che i cinefili più granitici potrebbero disprezzare si ritrova senza dubbio la possibilità di poter finalmente trovare un’eco maggiore anche per gli altri titoli più sperimentali di Lowery, come A Ghost Story del 2018 e, ora, Sir Gawain e il Cavaliere Verde (The Green Knight). Nel 2021, tuttavia, nessun titolo è riuscito a essere immune allo sconvolgimento della settima arte dovuto alla pandemia. Dopo attese alle stelle, anteprime che promettevano uno spettacolo visivo e cinematico senza precedenti, l’ultimo film di Lowery è stato quindi costretto alla dimensione del piccolo schermo nella distribuzione italiana di Prime Video. Questa scelta e la spettacolarità della visione nonostante i limiti nei mezzi lasciano tuttavia l’amaro in bocca al pensiero di quello che avrebbe potuto essere questo film nel buio di una sala cinematografica. Basato sul poema Sir Gawain and the Green Knight, il nuovo film di Lowery segue i passi di Gawain (Dev Patel), nipote di Re Artù (Sean Harris) e cavaliere della tavola rotonda e protagonista di alcuni racconti del ciclo arturiano. Desideroso di farsi strada nella gerarchia dei cavalieri dimostrando il suo valore e costruendo una sua leggenda da narrare, il giovane uomo accetta una sfida fatale nel giorno di Natale: il mostruoso Cavaliere Verde darà in dono la sua ascia a qualsiasi cavaliere in grado di sferrare un colpo contro di lui a patto che lo stesso colpo venga restituito esattamente dopo un anno al cavaliere stesso presso la remota Green Chapel. Inizia così il viaggio-incubo del protagonista, messo a dura prova dopo ogni incontro sulla strada per la sua destinazione che potrebbe essergli fatale. Maestoso o pretenzioso? Visionario o incontenibile borioso? Il confine tra due letture della personalità di un artista è spesso molto molto sottile e talvolta nemmeno tracciabile. Lowery con questo suo ultimo film compone una dichiarazione di intenti che va oltre l’impressione del pubblico che si troverà nettamente diviso davanti a questa visione. A un primo sguardo, infatti, l’ultimo titolo della scuderia A24 sembra “semplicemente” raccontare il viaggio di formazione di un cavaliere, una sorta di coming-of-age epico in salsa arturiana che avanza per episodi surreali, musiche suntuose ed escamotage visivi mozzafiato. Tuttavia, sotto questa apparenza che comunque regala ben più di qualsiasi semplice fantasy cavalleresco degli ultimi vent’anni, The Green Knight riesce a sviluppare una rielaborazione dell’epica e delle sue stesse dinamiche narrative che riescono a rendere il viaggio di Gawain universale e, soprattutto, avvincente nelle sue molteplici chiavi di interpretazione sorrette da un cast in forma scintillante. Mentre il dibattitto su cosa accada realmente o, perlomeno, quale sia la scelta di Gawain alla fine del film accenderà per molto tempo le discussioni tra appassionati, sceneggiatura e montaggio riescono a incasellare una serie di riflessione che, a livello più generale nella figura del Green Knight, si legano ai concetti di libero arbitrio e di uomo contro natura ma che, su un piano più personale e quasi intimo, fanno luce sulle ossessioni del singolo all’interno di una società, sulla costante necessità di dimostrare e raccontare qualcosa, sulla ricerca di ciò che si vuole davvero rincorrere spesso uscendo da binari tracciati e spesso sbagliando peccando con la propria ingenua hybris. Nell’ambiguità di un finale (per molti, codardo), si corona una struttura di significati e suggestioni capaci di risultare allo stesso tempo repellenti e suggestive. In tutto questo risiede la potenza e la bellezza di una visione che scuote e lascia il segno e a cui si perdona anche qualche vezzo eccentrico nella sua seconda parte.
Immagini tratte da: www.rollingstones.com www.medium.com
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Maggio 2023
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