Di Federica Gaspari
Il Festival del cinema di Cannes è uno dei più grandi traguardi per un regista o un attore. La semplice partecipazione a una delle più illustri kermesse cinematografiche del mondo rappresenta una conquista importante e prestigiosa nel curriculum di un cineasta. Molti dopo una vittoria in una categoria principale o un grande riscontro del pubblico, tuttavia, non riescono a rimanere coerenti con la propria visione della settima arte e del suo intreccio inevitabile con la realtà. Ken Loach, brillante regista britannico ottantatreenne, ha vinto ben due Palme d’Oro – nel 2006 con Il vento che accarezza l’erba e nel 2016 con Io, Daniel Blake – ma non ha mai tradito i suoi valori e ideali cinematografici. Da sempre strenuamente impegnato politicamente, il regista nel corso della sua pluripremiata carriera ha portato sul grande schermo riflessioni accese e taglienti sull’attualità e sulle dinamiche di una società in continua evoluzione. Il suo cinema sociale, la sua visione artistica così strettamente legata alla crisi di umanità, ha sempre ricondotto grandi cambiamenti e svolte economiche e sociali al singolo individuo, raccontandone le difficoltà nel suo intimo e nel suo nucleo di rapporti familiari e non. Sorry We Missed You, ultima fatica presentata alla settantaduesima edizione del festival de La Croisette, non è un’eccezione nella sua ricca filmografia. La terribile crisi economica scatenatasi nel 2008 ha ancora dure conseguenze sulla situazione della famiglia di Ricky (Kris Hitchen). Dopo una vita da lavoratore precario senza una formazione professionale, l’uomo sembra trovare un’ottima occasione lavorativo nel campo delle consegne. Con grandi prospettive e con il desiderio di poter finalmente garantire un futuro migliore ai suoi familiari, Ricky inizierà a lavorare come fattorino per una grande multinazionale. Le dure regole di un sistema e di una struttura crudele, però, potrebbero compromettere terribilmente i suoi rapporti personali. Il ritorno di Ken Loach alla regia di quello che, a suo dire, sarà il suo ultimo film a partecipare a un concorso internazionale, è un’acuta analisi della lenta e inesorabile distruzione dei rapporti sociali nella classe medio-bassa sotto il peso opprimente di doveri e necessità che non si mettono al servizio dell’individuo e della sua umanità bensì di un sistema asettico votato alla perfezione e, per questo, incapace di comprendere emozioni e umani errori. La potente sceneggiatura di Laverty, solida e impeccabile nella prima parte ma meno pungente nella schematicità dello svolgimento finale, ben si inserisce tra le dinamiche che regolano l’attualità, rivolgendosi nemmeno troppo velatamente a giganti del commercio digitale che dominano il panorama. I soffocanti sviluppi della storia di Ricky, sempre più schiacciato da costi che non si limitano a essere meramente economici, non lasciano scampo e conducono a un inevitabile epilogo che, con gli strumenti a disposizione, non può essere cambiato. Con estrema cura dei significati affidati ai dettagli della scena, Loach e Laverty si affidano a un cast genuino e sincero nel portare in scena drammi e speranze quotidiane, tratteggiando una storia perfettamente complementare al precedente lavoro del regista, Io, Daniel Blake. Immagini tratte da: www.festival-cannes.com www.luckyred.it
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Marzo 2023
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