della Redazione Cinema Mancano pochissimi giorni al 2019, un tempo che si può quasi scandire a suon di buone pellicole in sala. Quest’annata cinematografica ha animato le passioni di ogni cinefilo con titoli indimenticabili e performance che hanno colpito dritto al cuore. Quali sono, però, i film imperdibili del 2018 secondo la redazione de Il Termopolio? Ecco una top ten perfetta per recuperare oppure rivedere le migliori storie di questa stagione sul grande schermo. No, ora non avete davvero più scuse per non correre al cinema! The Old Man & The Gun Il sole splende, non c’è traffico, sei produttivo a lavoro, riesci a ritagliare del tempo per te e le tue passioni, una cena con gli amici più stretti in cui si mangia bene e si ride tanto, il sorriso e il bacio della persona che ami… Così è il film di David Lowery, perfetto: il soggetto, la sceneggiatura, la regia, la musica, la recitazione degli attori… tutto si fonde in assoluta alchimia trasformandosi in oro; in puro cinema con la C maiuscola. Le vicende brillantemente portate in scena da Meryl Streep e da Tom Hanks si concludono passando virtualmente il testimone a Tutti gli uomini del presidente, capolavoro del 1976 che ripercorre gli eventi legati allo scandalo Watergate. Il film sui Pentagon Papers non può vantare la stessa intensità e potenza ma è una valida narrazione che ricorda l’importanza di condividere la verità e di renderla accessibile a tutti, senza risparmiare anche qualche silenziosa critica agli atteggiamenti di Trump. Il cinismo, il potere e la crudeltà sono da sempre i temi preferiti dal regista Yorgos Lanthimos ma questa volta al centro del film troviamo l’amore. Un triangolo amoroso con due rivali che fanno di tutto pur di accaparrarsi il cuore della fragile regina Anna. La regia di Lanthimos è ottima e sorprende l’irriverente ironia che permette al film di decollare e travolgere lo spettatore. Oltre alle strepitose Rachel Weisz ed Emma Stone, giganteggia Olivia Colman, non a caso infatti la sua interpretazione le è valsa La Coppa Volpi 2018. Il film, visto in anteprima a Venezia, uscirà nelle nostre sale il 24 gennaio 2019. Ultima apparizione sullo schermo di Daniel Day-Lewis che troviamo nei panni dell’indiscusso protagonista del Il filo nascosto di P. T. Anderson. La pellicola è un affascinante melò che si tinge di venature gialle e di un’atmosfera sinistra che fa da sfondo alla complessità di personalità inquiete che si intrecciano in trame malate. Una cura estrema nei dettagli, inquadrature e angolature molto affascinanti per un film dall’andamento molto lento, quasi funereo, lugubre, in cui la vivacità della giovinezza di Alma è sopita dal grigiore di Reynolds, personaggio di cui apprezziamo i tocchi di luce dell’artista che crea e l’oscurità di un’anima nera cui fa eco quella di Alma, musa, vittima e insieme carceriere. Dopo i fasti di Grand Budapest Hotel, Wes Anderson pone le sue doti eccellenti di creatività e rivisitazione narrativa della storia al servizio di un film d'animazione che fa tanto ridere, ma anche rimanere stupiti dinanzi alla purezza che contraddistingue i suoi personaggi. Miyazaki, il suo Giappone e le sue opere da maestro, vegliano dall'alto una storia ambientata nel futuro di droni, ma attaccata alle ventose del passato e del presente. Con un cast stellare di attori che prestano le voci ai protagonisti. C'è pochissimo spazio per i sorrisi lungo l'arco della pellicola, così come per gli uomini buoni, e per l'azzurro del cielo. L'ambientazione tetra, quasi desolata che contribuisce a trasmettere allo spettatore il senso di sgomento e amarezza vissuto all'ordine del giorno dagli uomini e donne che abitano le zone della periferia italiana in cui la giustizia si fa viva a giochi fatti, quando è troppo tardi, mentre il sopruso e il silenzio ridono sino all'accidente e i poveri cristi a volte si fanno travolgere dalla disperazione. Spike Lee è lucidissimo nelle sue intenzioni e nel modo di declinarle, usando il cinema per demolire, stigmatizzare e demonizzare il suprematismo bianco, così come il cinema e Nascita di una nazione gli diedero nuova vita. Sa bene che oggi c'è bisogno di un nuovo radicalismo che non sia limitato alla sola comunità nera, ma che coinvolga tutti, anche i bianchi, e tutte le altre etnie e razze del pianeta, che porti avanti la sua protesta nel nome di quello che è giusto e umano. Crede fermamente anche nel potere del cinema di cambiare le persone per sempre e lo dice chiaramente: non solo “power to the people”, ma “all the power to all the people”. ROMA racconta di qualcosa che sta finendo, che muore, che viene danneggiato e che nasce in una forma nuova. Racconta della fine e del nuovo inizio di una famiglia, forse di un paese, sicuramente di una giovane donna che si ritrova proiettata nella vita, ci si scontra in pieno ma si salva salvando gli altri, aiutandoli, anche quando forse non se lo meritano. Difficilmente ritroverete la sensibilità presente in quest’opera. A Venezia abbiamo riso e pianto e alla fine ci siamo lasciati andare a un lungo applauso sincero, quasi liberatorio. Cuaron riesce a ridare al cinema lustro e coraggio e dopo i trionfi internazionali della New Wave centroamericana. Molti critici hanno intravisto nei tre manifesti la decadenza della società americana con tutti i suoi spettri che ormai si trascina da anni: il razzismo, la violenza sulle donne, la corruzione della polizia. Ma Tre manifesti si spinge oltre. É una storia complessa che ti strapazza emotivamente. I suoi protagonisti stanno per perdere la fiducia nella vita, non conoscono più il significato della parola amore e la rabbia li sta lentamente divorando, sembra non esserci speranza di redenzione. Immagini tratte da:
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