di Matelda Giachi
“Abbiamo tramandato la nostra conoscenza. Ora mille generazioni vivono in te. Ma questa è la tua battaglia” J.J.Abrams riprende le redini della regia dopo la controversa parentesi di Rian Johnson con episodio VIII. Senza mai palesemente criticare il lavoro del collega, Abrams sembra però voler aggiustare il tiro rispetto ad alcune sue decisioni narrative e dà vita ad un film dal ritmo frenetico, soprattutto nella sua prima parte, quasi a dover recuperare il non detto di un capitolo intermedio che non c’è mai stato. Se però la fretta era stata letale per David Benioff e D. B.Weiss nel concludere Il Trono di Spade, Abrams, invece, riesce tutto sommato a gestire la troppa carne al fuoco. Certo, ad alcuni fotogrammi straordinari, se ne alternano altri sommari di cui potevamo fare a meno, ma il vero colpo J.J. lo mette a segno quando finalmente svela le origini di Rey: qualcosa a cui nessuno, in anni e anni di speculazioni, aveva pensato. 50 punti a Grifondoro. Il ritorno a J.J. Abrams significa anche un ritorno ad una narrazione più canonica e meno intraprendente. La lotta tra bene e male, la speranza come fondamento di ogni ribellione, il valore della collaborazione, duelli coreografati tra spade laser, risposte racchiuse in un unico fotogramma, le musiche di John Williams, momenti di ironia che spezzano l’azione sono gli ingredienti della tradizione a cui attinge per concludere questa saga lunga 42 anni. Rispetto però a “Il Risveglio della Forza”, il regista si lascia più andare e ciò gli permette di dare un maggiore spessore sia alla trama ma ancor di più ai protagonisti (e su questa affermazione, potremmo far partire l’Hallelujah di Jeff Buckley cantata a cappella). Il personaggio di Finn finalmente acquisisce senso di esistere e Poe Dameron assume il ruolo e le caratteristiche di un nuovo Han Solo, dopo che la dipartita dell’originale aveva lasciato un gran vuoto nella galassia lontana lontana. Leia Organa doveva essere il fulcro di questo episodio e, nonostante Carrie Fisher si sia portata via con sé l’amata principessa prima del tempo, Abrams, tramite un sapiente lavoro di copia incolla, riesce a mantenerla in un ruolo chiave, pur avendo un limitato tempo di apparizione scenica. Anche il ritorno di Palpatine, che all’inizio sembra odorare di forzato, alla fine è funzionale a chiudere un cerchio. Almeno per chi accetta l’esistenza di una trilogia prequel. Per gli altri è comunque un ottimo cyber cattivone fantascientifico. Ma sono Rey e Kylo Ren il vero fulcro di tutto. Una diade nella forza; il loro legame, che arriva perfino a vincere le leggi dello spazio e della materia, è l’unica cosa veramente degna di nota dell’intera nuova trilogia e in questo episodio finale conquista ancora ulteriore potenza. Mai del tutto da una parte piuttosto che dall’altra, entrambi oscillano tra i propri lati di luce e ombra, richiamandosi, combattendosi e poi tendendosi la mano per sfuggirsi ancora. L’unica cosa certa, è quella consapevolezza sepolta in fondo all’animo che, ovunque andranno, finiranno per essere fianco a fianco. Adam Driver è al suo massimo e Daisy Ridley con lui, entrambi con un’interpretazione che riveste di epicità i rispettivi personaggi. Driver poteva essere sfruttato ancora un po’ di più, ma non vogliamo aggiungere altro. Ci sarebbe molto di cui parlare ma è quasi impossibile farlo senza inciampare in qualche sgradevole spoiler. Quel che possiamo dire è che si provano emozioni forti, ci si attacca ai protagonisti. L’ascesa di Skywalker torna finalmente a essere un film di Star Wars. Peccato che il filo conduttore dei tre film (per non parlare proprio dei primi due episodi in generale, perché apriremmo un vaso di Pandora) sia stato così debole perché, preso a se stante e pur con le sue innumerevoli imperfezioni, Episodio IX è davvero una degna conclusione della saga degli Skywalker. Voto: 7,5 Immagini tratte da: www.starwars.com www.imdb.com www.cinema.everyeye.it www.leganerd.com
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Marzo 2023
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