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16/4/2020

Tales from the Loop

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di Federica Gaspari
​Paese: Stati Uniti
Anno: 2020
Formato: serie TV
Genere: drammatico, fantascienza
Stagione: 1
Puntate: 8
Regia: Mark Romanek, So Yong Kim, Dearbhla Walsh, Andrew Stanton, Tim Mielants, Charlie McDowell, Ti West, Jodie Foster
Sceneggiatura: Nathaniel Halpern
Produzione: Indio Film, 6th & Idaho, Moving Picture Company, Fox 21 Television Studios, Amazon Studios
Cast: Rebecca Hall, Jonathan Pryce, Daniel Zolghadri, Duncan Joiner, Paul Schneider
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​Nel 2016 il successo della prima stagione di Stranger Things, sfruttando con astuzia anche l’eco di Super 8, ha dato il via a una nuova ondata di show sul piccolo schermo in grado di coniugare la voglia di fantascienza con un crescente sentimento dolce-amaro da molti definito come “retro-nostalgia”. Pochi titoli – nessuno in realtà – hanno saputo ottenere i risultati della fortunata serie Netflix, limitandosi a essere copie sbiadite dell’originale. Anche lo stesso fenomeno mediatico senza precedenti nato dalla mente dei fratelli Duffer, tuttavia, sulla lunga durata ha perso la sua efficacia, soffocando a tratti il suo potenziale con l’insaziabile necessità di riferimenti alla cultura pop. In uno scenario televisivo ricchissimo ma quasi privo di saldi riferimenti nell’ambito della fantascienza, Tales from the Loop, senza alcun tipo di pretesa, è allora una ventata di aria fresca con la sua idea di una semplicità travolgente.

L’ultima proposta seriale di casa Amazon nasce dalle opere di Simon Stalenhag, artista e designer svedese che nel 2014 ha pubblicato Tales from the Loop, un art book dallo stile retro-futuristico. I suoi lavori hanno appassionato Matt Reeves – regista del prossimo The Batman – al punto da convincerlo a diventare produttore esecutivo di questa prima stagione in 8 episodi che porta per la prima volta il grande pubblico delle serie tv tra i paesaggi e le suggestioni plasmate dalla visione di Stalenhag.
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​Le vite degli abitanti di una piccola cittadina si intrecciano in una realtà in cui umanità e tecnologia si sono amalgamate su molteplici livelli fisici e non. Ogni personaggio in scena ha una sua voce inconfondibile e una storia da raccontare attraverso gesti, ricordi e, soprattutto, suggestioni alimentate anche dall’enigmatico e magnetico Loop, un complesso macchinario costruito per esplorare e risolvere i misteri più nascosti dell’universo.

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​Nella prima puntata Jonathan Pryce, l’attore più noto coinvolto in questa produzione, accoglie lo spettatore, introducendo un universo narrativo senza pari. Sin dai primi istanti è chiaro che ogni confronto con altre serie di fantascienza è inutile oltre che privo di qualsiasi significato. Tales from the Loop è una creatura inedita nel panorama della fantascienza per il piccolo schermo. Gli episodi di questa prima stagione dipingono un immaginario variegato segnato da una profondità di emozioni e temi unica nel suo genere. Con dialoghi misurati ma incisivi e interpreti profondamente coinvolti, la serie affronta argomenti complessi con un tocco delicato e appassionato. Il dramma di una perdita, il sentirsi diverso, le difficoltà dei rapporti di tutti i giorni e molto altro trovano anima e forma grazia allo sguardo autentico e caratteristico di otto registi differenti tra cui spiccano Andrew Stanton, veterano della Pixar che affronta con dolcezza le sfumature di significato dell’esistenza, Charlie McDowell, alle prese con le ambiguità delle scelte e del destino, e infine Jodie Foster che sigilla questo primo loop narrativo con un racconto estremamente intimo e sincero.
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​Le differenti regie di ogni episodio permette a Tales from the Loop di mostrare più identità e voci indipendenti, dando sfogo agli slanci creativi più arditi e interessanti. Il filo conduttore della stagione è quindi accuratamente tessuto da Nathaniel Halpern che si è occupato della sceneggiatura di tutti gli episodi, avventurandosi su un palcoscenico altrettanto affascinante in grado di deliziare lo sguardo oltre che la mente. Ambientata in Ohio ma girata prevalentemente in Canada, la serie traspone l’ambientazione svedese originale ma non tradisce lo spirito dell’opera di Stalenhag ricercando lo stesso equilibrio tra architetture, gadget tecnologici e paesaggi della provincia rurale. Con un’estrema cura per i dettagli della messa in scena e della caratterizzazione dei “robot” in scena, i direttori della fotografia, gli scenografi e i costumisti riescono a trovare una dimensione iconica per la storia, rendendola magnetica ma in un modo irresistibilmente sinistro.

La sinergia di più voci, sguardi e vocazioni creative è la chiave della riuscita di una serie da non perdere grazie alla sua capacità di entrare nel cuore del pubblico sin dalla prima sequenza con le sua atmosfere sospese nel tempo.


Immagini tratte da:
www.primevideo.com

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