di Matelda Giachi
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Genere: Commedia
Anno: 2021 Durata: 108 min Regia: Wes Anderson Cast: Timothée Chalamet, Saoirse Ronan, Elisabeth Moss, Léa Seydoux, Bill Murray, Willem Dafoe, Christoph Waltz, Tilda Swinton, Benicio Del Toro, Frances McDormand, Rupert Friend, Owen Wilson, Adrien Brody, Alex Lawther, Anjelica Huston, Fisher Stevens, Jeffrey Wright, Jason Schwartzman, Henry Winkler, Lois Smith, Griffin Dunne, Mathieu Amalric, Denis Ménochet Sceneggiatura: Wes Anderson Fotografia: Robert D. Yeoman Montaggio: Andrew Weisblum Musica: Alexandre Desplat Produzione: American Empirical Pictures, Indian Paintbrush, Studio Babelsberg Distribuzione: Walt Disney Pictures Paese: USA
Dopo essere stati al Grand Budapest Hotel nel 2014 e sull’Isola dei Cani nel 2018, con un anno di ritardo causa Covid, approdiamo nella fittizia cittadina francese di Ennui-sur-Blasé, alla redazione del French Dispatch, che ha appena perso il suo direttore (Bill Murray) e si riunisce per il necrologio e per un’edizione speciale che raccoglie i pezzi di maggior successo del giornale. Ecco che così il film si articola in quattro episodi: un viaggio in bicicletta attraverso i quartieri più malfamati della città per la cronaca cittadina; la storia di un pittore ergastolano e della sua musa per arte; il racconto di moti studenteschi per la politica e una storia di rapimenti e chef per la rubrica di cucina.
The French Dispatch è Wes Anderson all’ennesima potenza. Nel bene e nel male. Opera di enorme complessità, nasce come celebrazione del giornalismo e del cinema francese. Ma forse sarebbe più corretto dire come ringraziamento all’ispirazione che il New York Times ha fornito in anni e anni di letture, fatto che Anderson cita anche nei titoli di coda. Ma è l’uso libero della parola da parte dei giornalisti di questa redazione, a dispetto di “quello che dovrebbe essere” che è un vero omaggio ad una scrittura giornalistica quasi dimenticata. Esteticamente un trionfo, tra simmetrie studiate al millimetro, la fotografia ai limiti del maniacale, un alternarsi di bianco e nero e di immersione nel colore, rigorosamente in palette dei toni caldi del giallo e dell’autunno in generale, che lascia poi anche spazio a scene di animazione. Ha il suo tipico incedere favolistico, con una voce narrante di sottofondo che introduce i fatti; un’ambientazione eccentricamente quanto deliziosamente vintage.
L’"unica" cosa che uno dei più caratteristici registi del nostro tempo si è lasciato sfuggire in questa sua ricerca di perfezione è l’anima, l’aspetto emotivo. Scritturare un cast di eccellenze e poi non sfruttarne il potenziale è quasi un delitto. Opera come quasi sempre corale, il numero degli attori in campo è talmente ampio che citare nome per nome trasformerebbe la recensione in una lista della spesa. Ma tutto va estremamente veloce, tanto che la maggior parte dei protagonisti appare per poco più di un fotogramma e si distingue più per il trucco che per l’interpretazione, come fosse parte di un quadro piuttosto che di un’opera cinematografica. Poche sono le eccezioni a questo schema, tra le quali spicca sicuramente Benicio Del Toro nei panni dell’artista ergastolano del secondo episodio. Una velocità che si traduce a momenti come una rilettura di un giornale d’altri tempi eseguita con la superficialità del lettore odierno.
Si esce dal cinema ammirati, ispirati, affascinati… ma non emozionati. Voto: 7
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Giugno 2023
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