di Matelda Giachi
Il vecchio Earl (Clint Eastwood) è un appassionato floricoltore che ha speso l’esistenza tra le piante e le convention, trascurando la famiglia abbastanza da far si che la figlia non gli rivolga la parola da 12 anni, quando la vita si presenta a chiedergli il conto. La crisi e l’avvento delle nuove tecnologie lo pongono di fronte a un pignoramento e alla solitudine che ha coltivato ancora meglio dei fiori per i quali ha ricevuto tanti premi. In questo scenario di fallimento, accetta un lavoro come corriere per il cartello di Sinaloa. L’insospettabile vecchietto, che mai ha ricevuto una sola multa, diventa il più prolifico e ricercato autista della droga.
Sembra uno scenario piuttosto drammatico quello a cui ci pone di fronte il trailer e invece il film si rivela impregnato di una inaspettata positività. La narrazione procede con una leggerezza calviniana. Ci sono voglia di rimediare ai propri errori, voglia di rimettersi in gioco, in qualunque momento del proprio cammino. Il ritmo di vita del protagonista, rallentato dall’età avanzata, è un invito ad assaporare ogni attimo, a starci dentro. Il corso degli eventi, per altro ispirati a fatti reali documentati da un articolo del New York Times, viene seguito su un doppio binario. Il primo focalizzato su Earl e le sue corse e il secondo sugli agenti della DEA Daves e Trevino, impersonati rispettivamente da Bradley Cooper, di nuovo attore per Eastwood dopo American Sniper, e Michael Peña, che, dopo l’uscita di scena del suo Kiki Camarena in Narcos, continua a stare alle costole del cartello di Sinaloa. Il regista inquadra la stessa vicenda da entrambi i suoi lati senza dirigere il giudizio su alcuno. Braccato e cacciatori si sfiorano senza vedersi per poi trovarsi ad avere a che fare non in uno scontro ma in un confronto.
Non il migliore ma comunque un ottimo Clint Eastwood che non manca di includere nella pellicola uno dei temi più caldi del tempo: la diversità. La maturità della visione che ci offre è il punto più forte del suo lavoro.
Nel mondo di Earl sono i fatti, non le parole che contano, a dire chi sei. Ci si saluta “Ehi vecchio.” “Ehi lesbiche”, col sorriso sulle labbra, dopo essersi scambiati suggerimenti per una moto che non parte. Un apostrofare continuo, quasi a voler deridere l’attenzione morbosa che si rivolge alla parola senza darle contenuto. “Sono felice di dare una mano a voi negri”, dice Earl, con candore, ad una coppia di afroamericani con una gomma a terra. E mentre loro si preoccupano di essere chiamati “neri” o meglio, “persone”, lui di fatto ha interrotto il proprio viaggio per fermarsi ad aiutarli. Un invito a essere umani, invece di dichiararsi tali.
Voto: 7,5
Immagini tratte da: www.mymovies.it www.silence-action.com www.gamesurf.tiscali.it www.movieplayer.it
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Giugno 2023
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