di Fabrizio Matarese ![]()
Titolo: The Other Side of the Wind
Paese di produzione: USA Anno: 2018 Durata: 122 minuti Genere: Drammatico, commedia, grottesco Regia: Orson Welles Sceneggiatura: Orson Welles, Oja Kodar Produttore: Frank Marshall Distribuzione: Netflix Fotografia: Gary Graver Montaggio: Orson Welles, Bob Murawski Musiche: Michel Legrand Cast: John Huston, Peter Bogdanovich, Oja Kodar, Robert Random, Lilli Palmer, Edmond O'Brien, Cameron Mitchell, Mercedes McCambridge, Susan Strasberg, Norman Foster, Paul Stewart, Dennis Hopper, Joseph McBride
Parlare di un lavoro di Orson Welles è come entrare in qualche luogo di culto: è necessario abbassare la voce, sussurrare quasi, se non vogliamo disturbare gli spiriti che lo abitano.
Pochi registi hanno inciso il loro nome con tanta profondità nel cinema del Novecento (e ancora prima nel teatro e nella radio: una trasmissione radiofonica del 1938, La guerra dei mondi, getta nel panico numerosi ascoltatori, che credono a un reale sbarco di extraterrestri su territorio statunitense), eppure pochi cineasti hanno avuto tante difficoltà a trovare finanziamenti per i propri progetti.
Dopo Quarto Potere nel 1941, considerato unanimemente un capolavoro assoluto del cinema mondiale che continua a piazzarsi alle prime posizioni di classifica dei film migliori di tutti i tempi, Welles ebbe un rapporto fortemente conflittuale con Hollywood e nel 1948 lasciò la California per trasferirsi in Europa dove visse in una sorta di esilio per vent’anni. Al termine dei quali tornò a Hollywood per girare il suo ultimo film, che rimase incompiuto: The Other Side of the Wind.
Le riprese durarono per sei anni (1970-76) e il montaggio si protrasse con difficoltà e impedimenti fino alla morte del regista avvenuta nel 1985. Dopo più di trent’anni, grazie al lavoro di ricostruzione filologica di Peter Bogdanovich (che ha anche un ruolo da attore nel film) e alla distribuzione di Netflix, quest’ultima incredibile, frammentata, radicale opera di Orson Welles è finalmente disponibile per il pubblico. Nel film ci sono due piani narrativi, due storie diverse che corrono in parallelo: da un lato c’è la storia dell’ultimo giorno di vita del grande regista Hannaford (interpretato da John Houston ma che è un alter ego di Welles) che sta ultimando il suo film, l’omonimo The Other Side of the Wind. Per il suo settantesimo compleanno viene data una festa a cui partecipano la troupe, il mondo di Hollywood e la stampa, che avrà un primo accesso a delle proiezioni del girato.
Il secondo livello narrativo corrisponde al film che Hannaford sta girando, inventandosi le scene giorno per giorno, cambiando idea e sceneggiatura di continuo, cercando gli imprevisti che possono rendere una scena magica, proprio come faceva Welles durante la lavorazione dei suoi film. Un modo di lavorare che non andava molto a genio agli Studios.
Le scene del film nel film sono contraddistinte da un diverso formato e da una fotografia più cinematografica e vedono un uomo e una donna (Oja Kodar, compagna di Welles nella vita reale) inseguirsi nel deserto, in città abbandonate, dentro edifici semidistrutti, senza storia, senza dialoghi, solo la magia del desiderio e il potere seduttivo delle immagini.
Le altre scene, invece, quelle nel party per Hannaford sembrano girate da molti obiettivi diversi in contemporanea, mischiano colori e bianco e nero (con le riprese in b/n che mostrano i retroscena della festa catturati dalla stampa) e sembrano il risultato di una ricostruzione documentaristica di un evento che non è mai accaduto.
Mentre le scene del film nel film sembrano una ripresa e un superamento del cinema europeo d’avanguardia degli anni ’60, le immagini della festa a casa di Hannaford sono una rappresentazione ironica e surreale dello star system condita da free jazz e chiacchiericcio. Si alternano primissimi piani di Hannaford e degli altri membri del cast che discutono di politica, società, cinema e sesso, il tutto ripreso ossessivamente dai numerosi giornalisti presenti all’evento. I piani narrativi si intrecciano, le voci si sovrappongono i dialoghi si dissolvono in una sequela di battute, scherzi e nonsense. Ci sono molti temi che questa opera finale porta alla luce: il rapporto di amicizia tra Hannaford e Brooks (interpretato da Bogdanovich), suo amico, discepolo e collega regista (che richiama il rapporto tra Orson Welles e Peter Bogdanovich nella vita reale) e che viene riassunto da una meravigliosa battuta del regista: “amicizie e film, questi sono misteri”.
Ma c’è un altro rapporto indagato nel film, quello che si viene a creare tra regista e attore: e nella fattispecie quello che c’è tra Hannaford e Dale, il suo attore protagonista che è fuggito lasciando il film incompleto e il vecchio regista pieno di rimorso.
Realtà e finzione, da sempre uno dei temi prediletti nella cinematografia di Welles, si chiamano l’un l’altra, si confondono, cercano di imitarsi e nel finale del film sembrano arrivare a coesistere tramite il mistero del cinema. The Other Side of the Wind è un film estremamente complesso, che ha attraversato un iter produttivo travagliato e lunghissimo e nonostante questo enorme ritardo si presenta ai nostri occhi in gran forma e con una veste inedita. Un’opera ibrida, sperimentale anche ostica in alcuni passaggi, che si serve del linguaggio della tv e del reportage giornalistico alternando il tutto a purissimi attimi di grande cinema, in cui la perfezione della composizione dell’immagine si fonde con la potenza del sonoro per anticipare decenni e decenni di film a venire.
Rispettivamente John Huston, Orson Welles e Peter Bogdanovich
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Giugno 2023
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