di Federica Gaspari ![]() Genere: horror, fantascienza Anno: 2021 Regia: Julia Ducournau Attori: Vincent Lindon, Agathe Rousselle, Garance Marillier, Lais Salameh Sceneggiatura: Julia Ducournau Fotografia: Ruben Impens Montaggio: Jean-Christophe Bouzy Paese: Francia, Belgio Durata: 108 min L’edizione numero 74 del Festival di Cannes passerà sicuramente alla storia per una moltitudine di motivi non necessariamente legati al mondo del cinema. La kermesse francese del 2021 ha segnato infatti il ritorno in scena di una delle manifestazioni più scintillanti dell’industria del cinema in tutte le sue più affascinanti e talvolta fameliche sfumature. Non sono mancate numerose polemiche per un programma che a molti è sembrato sovraffollato e non hanno mancato l’appuntamento con Cannes nemmeno alcuni piccoli grandi scandali. Proprio in tali termini, infatti, è stato da molti definito il film vincitore del premio più ambito, la Palma d’oro, che è finito tra le mani di Julia Ducournau per Titane dopo un altrettanto memorabile gaffe del presidente di giuria Spike Lee. Il titolo che ha sconvolto La Croisette tra mostruosità e progresso, però, è davvero così sconvolgente e rivoluzionario? In seguito a un incidente stradale in cui è rimasta coinvolta in tenera età, Alexia (Agathe Rousselle) ha una piastra di titanio innestata nel lato destro del capo. Questa è solo la superficie di una cicatrice profonda, di un trauma indelebile causato da un padre sconsiderato il cui ruolo-ombra perseguiterà per sempre la ragazza. Dopo diversi anni, la giovane lavora come ballerina in un locale popolato da luccicanti macchine da corsa. Una sequenza di avvenimenti surreali e apparentemente slegati innescherà una nuova fuga di Alexia dalla sua realtà, giocando con ruoli, identità e legami anche attraverso l’incontro con Vincent (Vincent Lindon), vigile del fuoco che rivede in lei il figlio scomparso. L’esordio alla regia in lungometraggio di Julia Durcournau nel 2016 è stato tra i più folgoranti degli ultimi anni. Grave, il suo primo horror dalle tinte sofisticate e quasi eleganti nella loro inquietudine, è infatti un gioiellino perfettamente equilibrato in ogni suo dettaglio. Titane, il titolo che ha portato la regista e sceneggiatrice francese sotto le luci della ribalta internazionale, è invece qualcosa di molto diverso. Dal suo predecessore eredita una cura quasi maniacale per i dettagli e in particolare per la fotografia ma, nel suo sviluppo, abbraccia compiaciuto una svolta ben più drastica nella narrazione, nello stile e nell’approccio ai temi di identità e affermazione. Interpretazioni viscerali, capaci di frantumare lo schermo, come quelle di Rousselle e Lindon diventano allora solo pedine in una storia rivoluzionaria negli intenti ma spregiudicatamente canonica nel suo passaggio su celluloide con idee minate da sogghignanti derive autoriali quanto venate da una collezione di immagini di un cinema già ben esplorato nell’immaginario di Lynch, Cronenberg e Refn. La “mostruosità fluida” che ha fatto insistentemente capolino in molte dichiarazioni lontane dalla sala si dimostra in conclusione una macchinosa operazione, un insieme di ingranaggi ben progettati nei retroscena ma stridenti nella loro effettiva funzione. Titane scuote il pubblico costantemente, stordendolo e sfidandolo a distogliere lo sguardo da questa parabola della donna cyborg, lasciando tuttavia intravedere per tutta la sua durata le sue architetture. In poco meno di due ore, allora, la pellicola consuma tutto il suo carburante narrativo, giungendo a un finale che ormai non ha più nulla di aggiungere a una soffocante sfida all’eccesso che non riesce mai a trovare la scintilla giusta per esplodere.
Immagini tratte da: www.imdb.com www.iwonderpictures.com
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Marzo 2023
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