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14/1/2018

Tre manifesti a Ebbing, Missouri: la recensione

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di Salvatore Amoroso
Nelle sale italiane è approdato l’11 gennaio il film del britannico Martin McDonagh, fresco vincitore di ben quattro Golden Globe. Potente e unico, una centrifuga di emozioni che vi rapirà.
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Titolo originale: Three Billboards Outside Ebbing, Missouri   
Paese di produzione: USA, UK
Anno: 2017
Durata: 115’
Genere: drammatico
Regia: Martin McDonagh
Sceneggiatura: Martin McDonagh
Distribuzione: 20th Century Fox
Fotografia: Ben Davis
Montaggio: Jon Gregory
Colonna sonora: Carter Burwell
Cast: Frances McDormand (Mildred Hayes); Woody Harrelson (sceriffo Willoughby); Sam Rockwell (vicesceriffo Dixon); John Hawkes (Charlie Hayes); Peter Dinklage (James); Lucas Hedge (Robbie Hayes); Caleb Landry Jones (Red Welby).

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​Mildred Hayes (Frances McDormand) è una madre che ha perso la figlia in modo orribile e brutale. Nei suoi occhi si può leggere un sentimento di rabbia e vendetta sconfinato. Una mattina da un’occhiata a quei tre cartelli pubblicitari posti su una desolata strada di campagna e decide di affittarli per un anno. Sullo sfondo rosso accesso di ogni manifesto fa scrivere tre frasi provocatorie nei confronti della polizia e soprattutto dello sceriffo di Ebbing, lo spigoloso Bill Willoughby (Woody Harrelson). Mildred è decisa a trovare l’assassino di sua figlia e lo sceriffo sa perfettamente che nessuno potrà sbarrarle la strada. 
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​Martin McDonagh, il regista dell’ottimo In Bruges, scrive e dirige in maniera magistrale una pellicola toccante e di un’intensità pazzesca. Tre manifesti a Ebbing, Missouri non è un film qualsiasi, è la pellicola che meglio racchiude l’essenza del cinema. Dalla fotografia al montaggio, passando per le musiche e i dialoghi mai fuori posto; non a caso a Venezia il pubblico si è lasciato andare ad applausi scroscianti e a un sincero entusiasmo. La regia di McDonagh è perfetta, ogni inquadratura mette in risalto i volti ruvidi e stanchi dei suoi attori, che svolgono un lavoro a dir poco eccezionale. Molti critici hanno intravisto nei tre manifesti la decadenza della società americana con tutti i suoi spettri che ormai si trascina da anni: il razzismo, la violenza sulle donne, la corruzione della polizia. Ma Tre manifesti si spinge oltre. É una storia complessa che ti strapazza emotivamente. I suoi protagonisti stanno per perdere la fiducia nella vita, non conoscono più il significato della parola amore e la rabbia li sta lentamente divorando, sembra non esserci speranza di redenzione, sembra che il destino gli abbia voltato le spalle ma a un certo punto della pellicola il forte gesto dello sceriffo Willoughby riconcilierà con il mondo la coriacea guerriera Mildred e il folle vicesceriffo Jason Dixon (Sam Rockwell). 
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​Soffermiamoci su quest’ultimo: la prova attoriale di Rockwell è straordinaria. Il piano sequenza dietro le sue spalle è una delle scene più forti dell’intero film. Lo sguardo torvo di Dixon, il vicesceriffo goffo e un po’ tardo, ti entra dentro e lo spettatore non può che innamorarsi di quest’essere. Rockwell si fa carico di un fardello pesante, quello di recitare tra due mostri sacri come la McDormand e Harrelson e a sorpresa si erge spaventosamente fra questi due, mostrando tutto il suo talento e prenotando con largo anticipo la meritata statuetta dorata. 
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​Dopo tutti questi elogi vi consigliamo di correre al cinema, non indugiate e godetevi l’ultima fatica del regista Martin McDonagh. Difficilmente potrete dimenticarvi del vice Dixon, di Mildred e dello sceriffo Bill. Personaggi con valori forti, con caratteri difficili ma dotati di un cuore enorme. Da questo 2018 non possiamo che augurarci tanti bei capolavori come questo. Buon cinema e alla prossima recensione.

​Immagini tratte da:

Locandina: Empire.com
Immagine 1: Metro.co.Uk
Immagine 2: Economist.com
Immagine 3: Variety.com
Immagine 4: Times Now Hindi

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