Un orecchio mozzato, droga, sesso e una femme fatale.
Un orecchio mozzato ritrovato da un adolescente su di un prato e la scoperta, oltre la tranquilla normalità della cittadina di Lumberton, di un mondo sotterraneo, fatto di violenza, droga, sesso e corruzione. David Lynch, il cineasta di The Elephant Man e Mulholland Drive, cinque anni prima di Twin Peaks (1991) - serie anni Novanta di cui firmava, assieme a M. Frost, la regia- affascinato (o forse ossessionato) dall’elegante Blue Velvet, gira un film che della canzone di Bobby Vinton porta il titolo, che ne diventa anche la colonna sonora. Velluto blu (1986) è un thriller-erotico dalle eleganti atmosfere noir che contiene alcuni stilemi caratteristici lynchiani, presenti peraltro anche in Twin Peaks : esplora il lato nascosto di una apparentemente ridente piccola cittadina americana, indagando in profondità la mente umana, cercando di metterne in rilievo il lato oscuro, specie in situazioni surreali e oniriche. Impreziosito dalla conturbante presenza di Isabella Rossellini nel ruolo della bella e sensuale Signora in Blu, attorno alla quale ruota l’intera vicenda, Velluto blu assume i caratteri di un’inquietante indagine compiuta dal protagonista Jeffrey, a metà tra detective e voyer (K. MacLachlan, protagonista anche in Twin Picks) e dalla dolce Sandy (L. Dern), figlia del detective della città. Giri loschi e malavitosi porteranno i ragazzi a conoscenza del rapimento del marito e del figlio della Signora ad opera di un gangster. Quest’ultimo, Frank Booth (Dennis Hopper), è il personaggio più inquietante della vicenda. E’ un pervertito schizoide che ricatta la Signora per averne in cambio favori sessuali, durante i quali, oltre che inalare copiosamente un misterioso gas (forse popper), ha uno sdoppiamento di personalità, nel quale regredisce allo stadio di bambino. Alterna - in un gioco perverso di violenza, desiderio e rabbia - una repellente vocina infantile ai colpi sferrati sulla donna che chiama “mammina”, la quale li riceve in un misto di eccitazione, piacere e dolore, con sempre indosso una vestaglia di velluto blu. La Signora in Blu è Dorothy Vallens, cantante in un night, femme fatale ma anche donna sola, stritolata dalla folle violenza. Succube e violata, finisce per desiderare di essere brutalmente abusata. Di particolare impatto la sua esibizione allo Slow Club, fasciata in un abito elegante, con un maquillage che del titolo della canzone ripropone le tinte, sulle note di Blue Velvet. <<…And I still can see blue velvet though my tears>> canta una Dorothy sensualmente malinconica e Jeffrey non può resisterle, finendo per trascorrere una notte nel suo letto. Il film mostra, sin dalle primissime inquadrature, delle immagini serene (come le rose lungo una staccionata che si stagliano nell’azzurro del cielo o il prato curato), che fanno da contrappunto ad altri scenari, di registro opposto, come l’inquietante inabissarsi della camera da presa nelle profondità del sottosuolo, in cui dei voraci insetti che si dimenano, forse divorandosi a vicenda, producono fastidiosi quanto inquietanti suoni. L’orrido e il perturbante (i bui dei sottoscala, l’orecchio mozzato e in decomposizione smangiucchiato dalle formiche, le svolazzanti tende rosse di casa di Dorothy o il sorriso di quest’ultima mentre subisce violenza - per citare solo alcuni elementi) emerge con più forza attraverso il sapiente incastro con la normalità che fa da contrasto. Lo stesso effetto si avverte confrontando le atmosfere che accompagnano lo sbocciare dell’amore tra Jeffrey e la candita Sandy (un tipico e a tratti sdolcinato amore adolescenziale) e quelle di relazioni squallide, come tra Frank e Dorothy o l’amore a pagamento nel bordello. Simili paragoni possono essere estesi anche agli ambienti (paninoteche illuminate dove i due ragazzi si incontrano da un lato, bordelli, appartamenti e sottoscala bui dall’altro). Le musiche, realizzate da Angelo Badalamenti, a dispetto delle scene crude che accompagnano, sono carezzevoli melodie jazz. In altri casi sono decontestualizzate rispetto al testo, come per "In Dreams" di R.Orbison, ballata romantica cantata in playback dal pericoloso Ben (D. Stockwell), l’indecifrabile e molto poco virile gestore del bordello. Potrebbero mai nella realtà, due giovani inesperti e improvvisati detective spuntarla su di un gruppo di spietati criminali professionisti? Forse un po’ debole la trama che, ad eccezione dell’uccisione del marito di Dorothy, volge al lieto fine. Ed infatti la scelta del colore blu non è casuale. Blu non è nero e fa presagire ad una conclusione non del tutto negativa.
Nel finale, troviamo Jeffrey e Sandy, con le rispettive famiglie, in una bella villetta con giardino. La scena, apparentemente rassicurante, prosegue mostrando dei pettirossi. Come nel sogno che una volta Sandy aveva raccontato a Jeffrey, << i pettirossi sono tornati nel mondo e hanno portato nuovamente la luce accecante dell’amore>>. Fin qui tutto bene. Ma nell’ultima inquadratura, un grazioso pettirosso tiene col becco uno schifosissimo insetto, uguale a quelli che si muovevano nel sottosuolo all’inizio della pellicola. È il trionfo del bene sul male o il preludio, ancora una volta, di qualcosa di sinistro? A giudicare dal ritorno ciclico sul bel pratino dell’incipit, sembra ci sia poco da sperare per la ridente cittadina di Lumberton. Immagini tratte da: - Immagine 1 da www.film.it - Immagine 2 da www.youthunitedpress.com - Immagine 3 da www.ondacinema.it - Immagine 4 da www.youthunitedpress.com - Immagine 5 da www.taxidrivers.it - Immagine 6 da www.youthunitedpress.com - Immagine 7 da www.movieplayer.it - Immagine 8 da www.cinesperienza.altervista.com - Immagine 9 da www.film.tv
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Giugno 2023
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