di Federica Gaspari In un’epoca cinematografica scandita dalle fasi di Marvel Cinematic Universe e dai costanti passi falsi del DC Extended Universe, uno spiraglio di innovazione e varietà arriva dalle piattaforme streaming e dalle emittenti via cavo. Dopo il successo di The Boys firmato Amazon Prime Video, approda sul piccolo schermo anche una delle serie più attese dell’anno: Watchmen. Lo show in nove puntate raccoglie la pesante eredità di Game of Thrones e si presenta come il nuovo prodotto d’eccellenza di HBO. I nomi coinvolti nel progetto sono garanzia di qualità. Oltre alla rinomata produzione dell’emittente statunitense più sofisticata nelle sue scelte, la serie vanta anche la guida di Damon Lindelof, showrunner noto al grande pubblico per un curriculum costellato di successi: da Crossing Jordan a The Leftlovers passando per il leggendario successo di Lost. Il vero motivo per cui dare una chance a questa serie, però, è da ricercare nei temi trattati, perfetti riflessi di questo preciso momento storico e di un’intera società di contraddizioni. A cinque episodi dallo straordinario esordio, Watchmen ha svelato – forse non ancora completamente – le sue carte confermando di essere ben più di un semplice adattamento di un celebre fumetto. Il materiale di partenza, il Watchmen di Alan Moore e Dave Gibbons, ha rappresentato un punto di non ritorno per il genere dei supereroi, introducendo nelle storie di eroismo e patriottismo interrogativi scomodi ma estremamente concreti. Damon Lindelof parte da questa esperienza, ne apprende la lezione e, rivolgendo lo sguardo verso l’attualità, sceglie di arricchire le riflessioni di Moore – che non riconosce la serie come figlia del suo lavoro. Lindelof e un valido gruppo di autori parte dal concetto di maschera nella contemporaneità: cosa rappresenta? Chi si nasconde davvero dietro ad essa? La maschera può rappresentare una difesa, una protezione per le proprie debolezze oppure un’identità fittizia con cui raggirare le dinamiche della società e della giustizia stessa commettendo crimini a proprio piacimento. Lo show, come il fumetto di Moore, si interroga sui limiti tra giusto e sbagliato soffermandosi proprio sulla natura illegali degli eroi per arrivare a chiedersi se gli uomini comuni possono davvero affidare la propria vita a dei simili che non hanno niente di straordinario se non il coraggio di non rispettare delle regole. Distruggendo la figura del supereroe onnipotente e incorruttibile, lo show, però, non si accontenta. La serie HBO, offrendo un’esperienza narrativa su molteplici livelli – affiancandosi anche a un podcast ufficiale di approfondimento – sviscera le ferite brucianti della società statunitense con riferimenti tutt’altro che sottili alle tensioni culturali degli ultimi mesi. L’odio razziale sempre più capillare, tuttavia, non si limita a essere una piaga a stelle e strisce e nella sua accezione di più pura e banale violenza si estende a tutta la società in ogni sua coniugazione. A questa riflessione cardine, gli sceneggiatori affiancano gli sviluppi dei singoli personaggi ricchi di sfaccettature e contraddizioni, rivelandone fragilità e traumi che possono sempre essere ricondotti a un’umanità in crisi di identità, priva delle sue solide radici. Lindelof, con alcune splendide intuizioni narrative, sembra suggerire che la soluzione al problema si possa individuare solo ricercando la propria origine e riscoprendo il passato. Basterà questo però per rendere ognuno di noi eroe nella propria vita? Le quattro puntate rimanenti, forse, non riusciranno a dare una risposta a un quesito così complesso. Sicuramente, però, sapranno come catturare e coinvolgere non solo gli appassionati ma anche i semplici curiosi. Immagini tratte da: www.hbo.com www.vox.com
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Giugno 2023
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