di Matelda Giachi
“Sono cambiato”.
Già suona poco credibile in bocca ad una persona che, per non incappare in 50 sfumature di grigio, definiremo normale, figurati ad uno psicopatico seriale con alle spalle un elenco di omicidi che pare la lista dei debiti di Paperino. Abbiamo lasciato Joe (un sempre eccellente Penn Badgley), nel finale a effetto della prima stagione, placcato dal proprio passato, che ha le sembianze di una rossa e incazzata ex fidanzata magicamente sopravvissuta ad un tentato omicidio. L’ex che è quasi riuscito a ucciderti non è esattamente una persona che molti di noi andrebbero a ricercare, ma esperienze di tale portata qualche venerdì te lo fanno perdere e si tratta comunque del minore dei nonsense che caratterizzano la sceneggiatura di You. In fuga da Candice e da se stesso, ritroviamo quindi l’antieroe protagonista a Los Angeles, pronto a iniziare una nuova vita da brava persona in cui rinunciare per sempre all’amore. “Resisti”, è il suo nuovo mantra.
Non resiste. Non è spoiler, no? Trailer a parte, come avrebbe potuto esserci una seconda stagione altrimenti? Di certo non con come soggetto Joe che si illumina sulla Hollywood Walk of Fame di fronte ad un’apparizione di John Lennon mentre canta Imagine, si pente di tutti i suoi peccati, veste un saio francescano e inizia ad adoperarsi per la salvezza del pianeta a fianco di Leonardo Di Caprio. Love è il nome della nuova malcapitata e si, probabilmente l’ironia di questo nome è stata considerata un gran colpo di genio, in sede di ideazione. Ma non è qui che la mente creativa dietro quest’originale Netflix si è espressa al massimo del suo estro. Questa volta però, diamo a Cesare quel che è di Cesare, si tratta di un personaggio decisamente più interessante e sfaccettato dell’insignificante Gwenevir Beck. In effetti, il miglior pregio di questa seconda stagione è sicuramente una maggiore attenzione alla caratterizzazione psicologica di tutti i suoi personaggi, primo fra tutti, dello stesso Joe. Il suo dialogo interiore e quindi con il pubblico è più serrato che mai e frequenti flashback ci portano ad esplorare il suo passato, con l’intento primo di spiegare l’origine del male dentro il protagonista. Pubblicità progresso: killer non si nasce, si diventa. Già nella prima stagione era percepibile il velato (ma neanche troppo) e assai discutibile (volendo ricorrere a eufemismi) intento di portare lo spettatore a empatizzare con il folle stalker assassino. In questa seconda stagione, non solo si toglie il velo, ci si spoglia proprio (ma a finestre aperte al piano terra, come faceva Beck), arrivando fino a mettere Joe nella posizione di dare, a terzi del pazzo. E a ragione. Rendiamoci conto.
Come accada non lo sveliamo di certo, non potremmo mai togliere allo spettatore la soddisfazione di un sonoro “No Maria,io esco!”, con reale e melodrammatica uscita da Netflix per poi risintonizzarsi inesorabilmente dopo poche ore per scoprire cosa ancora ha da avvenire. Perché una cosa è certa: in You, al peggio non c’è mai fine. E dà dipendenza. Devi sapere. Nonostante tutto. I primi episodi sembrano ricalcare il precedente format: pedinamenti, organizzazione meticolosa di apparenti casualità; una quindicenne sveglia ma priva di genitori di cui prendersi cura come a New York cercava di prendersi cura del piccolo Paco, simbolo di quella dualità che fa di Joe un personaggio televisivamente interessante; la vittima prescelta che pensa di aver incontrato il principe azzurro a cavallo di un my little pony… Ma presto la sceneggiatura si impenna e compie acrobazie nel regno dell’assurdo, gli sceneggiatori di Beautiful prendono pagine e pagine di appunti, si aprono parentesi splatter e si raggiungono vette di trash che solo Pretty Little Liars aveva osato esplorare. E poi… Il Gran Finale. Appuntamento alla terza serie. Perché no, non è finita. Ma intanto Netflix ci regala la seconda stagione di Sex Education per riprenderci. Linea alla regia. Voto: 4,5
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Marzo 2023
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