Il nostro report sulle due giornate del Festival del Giornalismo Alimentare
Si è tenuta la scorsa settimana presso la Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino la seconda edizione del Festival del Giornalismo Alimentare. Attraverso questo breve report della nostra esperienza proveremo a darvi un quadro generale dell’evento. ![]()
Il Festival ha aperto i battenti giovedì 23 febbraio nella cornice dell’Auditorium Vivaldi. Dopo i discorsi di apertura del sindaco di Torino, Chiara Appendino, dell’assessore alla Cultura e Turismo della Regione Piemonte, Antonella Parigi e della Prorettrice dell’Università di Torino, Elisabetta Barberis, i primi incontri hanno affrontato subito alcuni nodi centrali in termini di alimentazione e sostenibilità. Spreco alimentare e buona conservazione sono state le parole chiave; cosa possiamo fare per limitare lo spreco alimentare? Questa è sicuramente una domanda importante da porsi, soprattutto considerando che se i rifiuti alimentari fossero un Paese sarebbero al terzo posto al mondo per emissioni di gas, subito dopo a Cina e Stati Uniti. A proposito di ciò, Cinzia Scaffidi (vice presidente di Slow Food Italia) ha esortato a realizzare quell’ossimoro che è lo sviluppo sostenibile, cioè una maniera di venir incontro ai propri bisogni, senza impedire alle generazioni future di fare lo stesso, ricorrendo alle risorse naturali. In altre parole, citando il famoso slogan di Slow Food, è necessario rendere tutto “buono, pulito e giusto”, non soltanto i presìdi. A questo proposito Belinda Goldsmith (direttrice di Thomson Reuters Foundation) ha sottolineato l’importanza di considerare il cibo “buono” non in base alla sua estetica o per le sue presunte proprietà benefiche, ma “buono” in quanto tale, buono per noi e per il nostro pianeta. Per incentivare i giornalisti a fare informazione sulla sostenibilità ambientale, Thomson insieme alla Fondazione Barilla ha deciso di indire un premio giornalistico su questo tema.
Ma la sostenibilità ambientale non può prescindere dai cambi climatici a cui è sottoposto il nostro pianeta e proprio per questo Giuseppe Ruocco (direttore Sicurezza Alimentare del Ministero della Salute) ha annunciato che è questo il tema che l’Italia ha scelto di presentare al prossimo G7. Ma se da un lato lo spreco alimentare è incentivato da una produzione industriale intensiva, è anche vero che lo spreco europeo è uno spreco per il 53% casalingo, che avviene cioè all’interno delle mura domestiche, come ha riportato, da una ricerca del 2012, Eleonora Bianchi di Altroconsumo. Siamo quindi un popolo di spreconi; ma come migliorare? È qui che entra in gioco l’importanza di tutta una serie di iniziative e informative che servono a rendere il consumatore consapevole. Dall’applicazione “Una buona occasione (UBO)” presentata da Roberto Corgnati, ai progetti “Cuki Save Bag” e “Cuki Save the Food” promossi da Cuki Cofresco, senza dimenticare alcune buone regole quotidiane che ognuno di noi dovrebbe adottare: preparare sempre una lista prima di andare al supermercato, conservare bene gli alimenti e imparare a leggere correttamente le indicazioni di scadenza prima dell’acquisto. Dopo un inizio così denso, il pomeriggio si è sciolto in argomenti più vari, ma non meno interessanti. In sala mostra Luca Iaccarino di La Repubblica ha moderato un incontro che ruotava intorno a due figure centrali nel panorama del giornalismo alimentare: quella dei critici gastronomici e dei food blogger. Diversi esponenti delle due categorie hanno spiegato il loro modo di approcciarsi all’enogastronomia e l’etica che li guida. Ci siamo poi spostati di nuovo nell’auditorium, cambiando completamente tematica. Soggetto principale dei due incontri è stata la sicurezza alimentare. Impossibile in questo caso non parlare del sistema di etichettatura 1169/2001, orientato alla sicurezza alimentare e nutrizionale. Molto è stato fatto: indicazioni di origine e provenienza, gli allergeni non sono più solo segnalati, ma evidenziati, la dichiarazione nutrizionale è passata da facoltativa a obbligatoria, è stato introdotto un criterio per le dimensioni del carattere degli ingredienti, … Ma purtroppo, come ha segnalato Roberto La Pira, direttore di Il Fatto Alimentare, c’è ancora molto da fare, soprattutto per quanto riguarda la circolazione delle informazioni sugli allarmi alimentari. Fino al 2010 infatti le informazioni sui prodotti richiamati erano quasi assenti in Italia e fino a 4 anni fa quasi nessuna catena di supermercati (unica mosca bianca l’azienda svedese Ikea) segnalava i prodotti richiamati, nonostante l’obbligo legislativo. Ad oggi le cose sono sicuramente migliorate, ma senza dubbio si può fare di più, fornendo informazioni immediate ed efficienti per il consumatore.
Alcune foto del primo giorno del Festival
Per noi la giornata è stata abbastanza ricca e intensa, ma il giorno dopo, venerdì 24 febbraio, torniamo in prima fila per seguire più da vicino quello che potremmo definire il “sistema del cibo”. Un sistema di cui il consumatore non sembra fidarsi più in larga scala, preferisce invece rivolgersi ai mercati locali, magari anche riunendosi in gruppi d’acquisto dotati di una loro politica. Come ha fatto giustamente notare Roberto Sensi (ActionAid, Iuct) il sistema alimentare è retto da giochi di forze, ma quello che è importante è garantire il diritto al cibo, cibo che sia adeguato e accessibile per tutti. Oggi le politiche territoriali possono fare molto in questo senso, considerando che la globalizzazione e il libero scambio hanno, in un certo senso, deterritorializzato il cibo (acquistiamo e mangiamo alimenti provenienti da ogni parte del mondo), mentre come abbiamo detto il consumatore tende a preferire un ritorno al territorio, al locale. Queste riflessioni ci hanno fatto entrare subito nel merito del secondo intervento: “Quando un prodotto tipico trascina un territorio”. Non a caso “made in Italy” è il secondo brand più conosciuto al mondo, preceduto soltanto da “Coca Cola”. Spesso si crede che per farlo il prodotto debba avere una certificazione, ma non è così: si pensi per esempio al tartufo o alla pizza, prodotti apprezzati e conosciuti in tutto il mondo. Se la qualità intrinseca del prodotto è imprescindibile, non è detto che sia sufficiente; come ha fatto ben notare Danilo Poggio di La Stampa, è anche lo spirito imprenditoriale, il saper valorizzare bene le proprie risorse e farle conoscere, porta alla valorizzazione sia del prodotto sia del territorio che gli dà i natali. Per fare questo è necessario essere obiettivi e oggettivi, ma anche fare squadra.
Concludiamo la nostra esperienza a Torino con una conferenza sulle biotecnologie in agricoltura moderata da Patrizio Roversi di “Linea Verde”, a cui è intervenuta anche la Professoressa Manuela Giovannetti del Centro nutraceutica e alimentazione per la salute dell’Università di Pisa. Abbiamo già avuto modo di parlare di biotecnologie e anche in questa occasione la prima cosa che i relatori hanno tenuto a specificare è che le biotecnologie verdi non sono solo OGM, ma comprendono anche tutta una serie di procedure che sono alla base della produzione di alimenti come pane, formaggio, vino e birra. Dopo questa fondamentale premessa, sono stati analizzati i casi delle piante di prima generazione, piante rese resistenti agli erbicidi e vendute con essi, e di quelle di seconda generazione, resistenti agli insetti e ai parassiti. Il dibattito si è concluso con l’esortazione a una maggiore accordo tra scienza ed etica, che unite e non in conflitto possono sicuramente contribuire al miglioramento di alcune gravi problematiche in campo alimentare e agricolo.
Alcune foto del secondo giorno del Festival
Link per approfondire:
http://www.festivalgiornalismoalimentare.it/ https://www.facebook.com/foodjournalismfest/?fref=ts http://nutrafood.unipi.it/ http://www.fao.org/home/en/ http://www.slowfood.it/ https://www.barillacfn.com/it/ http://www.trust.org/ https://www.altroconsumo.it/ http://www.ilfattoalimentare.it/ http://www.unabuonaoccasione.it/it/app Foto tratte da: - http://www.festivalgiornalismoalimentare.it/ - Foto dell’autore.
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Febbraio 2021
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