Questo weekend si apriranno le sfilate di Carnevale in tutta Italia, da Venezia a Viareggio, e anche le tavole italiane sono pronte per essere imbandite con piatti tipici di questa festa, soprattutto dolci.
La parola Carnevale deriva dal latino “carnem levare” e significa letteralmente “eliminare la carne”, indicando il periodo precedente alla Quaresima; durante quest’ultima infatti la religione cattolica prevede il digiuno e l’astinenza, soprattutto dalla carne, in attesa della Pasqua. Se il Carnevale si collega così alla religione cattolica, le sue origini sono molto più antiche. Si trovano infatti dei legami con festività come i saturnali romani o le dionisiache greche. Da queste deriva un’usanza molto particolare: il Carnevale in passato era infatti l’unico periodo dell’anno in cui era possibile un vero e proprio rovesciamento sociale: il servo poteva diventare padrone e il padrone si trasformava in servo. Tutto avveniva grazie all’uso di maschere, ogni scherzo e angheria era concessa e il tutto era contornato da grandi e ricchi banchetti. Oggi le cose sono ovviamente cambiate: sono rimaste le maschere, le sfilate e qualche scherzo è consentito, anche se la cosa a cui davvero non rinunciamo sono i piatti golosi e gustosi che ci concediamo senza rimorsi. La tradizione italiana è ricca soprattutto di dolci, molti dei quali fritti, probabilmente proprio perché in passato lo zucchero e lo strutto (con cui si friggeva) erano ingredienti preziosi, non alla portata quotidiana di tutte le classi sociali. Diventavano quindi il desiderio da soddisfare in questo periodo dell’anno, in cui ogni luogo si trasformava in un vero e proprio “paese di cuccagna”. Di seguito una carrellata dei dolci più famosi della nostra tradizione:
Chiacchiere, cenci, frappe, crostoli: In qualsiasi modo vogliate chiamarle, questi croccanti dolci sono diffusi in tutta Italia sotto diversi appellativi. Si tratta di strisce di pasta che a volte possono essere manipolate a formare dei nodi o lasciate stese, spesso fritte, ma anche cotte al forno e poi ricoperte di zucchero.
Castagnole e altre frittelle: Morbide palline realizzate con vari impasti. Le castagnole sono tipiche della Romagna, hanno un impasto a base di uova, farina e burro. Si gustano semplici o riempite di crema pasticcera o crema al cioccolato. In Toscana si preparano invece le frittelle con il riso cotto nel latte, a volte arricchite con uvetta passa, poi fritte e passate nello zucchero semolato.
Zeppole, cattas, graffe: frittelle diffuse un po’ in tutta Italia, questi sono solo alcuni dei loro nomi regionali anche se quelle più conosciute sono probabilmente le zeppole napoletane. L’impasto può contenere patate o meno, il risultato è comunque una ciambella soffice e fritta, ricoperta di zucchero, da mangiarsi così o da farcire.
Struffoli, cicerchiata, pignolata: i primi di origine campana, la seconda tipica di varie regioni del centro Italia (Abruzzo, Molise, Marche), mentre l’ultima la ritroviamo in Sicilia e Calabria; si tratta di dolci abbastanza simili, formati da piccole palline di pasta fritta, disposte a mucchio e cosparse di miele e codette colorate. In Sicilia esiste però una versione più ricca della pignolata che prevede una glassatura bicolore al limone e cioccolato.
Schiacciata fiorentina: uno dei pochi dolci lievitati e non fritti diffusi in Toscana durante il Carnevale. Si tratta di una torta soffice non troppo alta, che può venire farcita o meno con panna montata. È sempre di forma rettangolare, ricoperta totalmente con lo zucchero a velo, tranne che per un giglio fiorentino al centro, realizzato con cacao amaro.
Migliaccio: il secondo dolce non fritto di questo elenco appartiene invece alla tradizione campana. Si tratta di una torta a base di semolino e ricotta, facile da preparare. La ricetta è molto antica e in origine veniva preparato con la farina di miglio, alla quale deve il suo nome.
Foto tratte da: Wikimedia commons, Faworki 023, February 2010.jpg, author: Blazej Pieczynski http://comefare.com/come-fare-le-ciambelline-di-patate/ https://cucina.fanpage.it/struffoli-napoletani-la-ricetta-per-un-dolce-di-natale-foto-guida/ https://www.lacucinaitaliana.it/ricetta/dolci-e-dessert/schiacciata-fiorentina
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Gli allevamenti globali di animali destinati alla macellazione rappresentano gran parte del patrimonio proteico dell’umanità e sono estremamente inquinanti. Secondo i dati Fao, producono il 14,5% delle emissioni di gas serra: più della somma delle emissioni di auto, treni, aerei e navi messi insieme; il 5% dell’anidride carbonica prodotta dalla civiltà umana; il 53% del protossido di azoto e il 44% del metano.
I 19 miliardi di galline, il miliardo e mezzo di bovini, altrettanti ovini e suini, vengono allevati per garantire la sopravvivenza della nostra specie. Il braccio alimentare delle Nazioni Unite offre una serie di prescrizioni, soprattutto per gestire i dannosi allevamenti bovini, per migliorare la qualità (e le dimensioni) delle razze allevate, per cambiare la loro dieta, per diminuire la produzione di metano e per gestire i loro escrementi, in modo da sfruttare il metano prodotto da essi invece di liberarlo nell’atmosfera. Il mondo scientifico ha sviluppato già da tempo la sua ricerca per ridurre tale impatto ambientale, cercando soluzioni compatibili con il gusto dei consumatori e il rispetto dell’ambiente, ricorrendo all’uso di materie vegetali che vanno a sostituire, almeno nella sostanza, la carne. Nel corso degli anni questo percorso si è spinto sempre più avanti fino alla recente nascita di Impossible Foods, una startup della Silicon Valley fondata da Pat Brownex, docente di biochimica dell’Università di Stanford, che, dopo aver raccolto 182 milioni di dollari di capitale, ha cominciato a produrre hamburger che assomigliano agli hamburger tradizionali anche nel sapore, ma che sono interamente prodotti con materie prime vegetali. A questi ha dato un nome estremamente accattivante: IMPOSSIBLE BURGER. L’unica possibilità di assaggiarlo per ora è quella di fare la coda davanti a Momofuku Nishi, un locale di Manhattan, anche se presto sarà commercializzato su più larga scala, insieme a nuovi prodotti di “falsa macelleria”, anche essi interamente composti da materie prime vegetali. Si tratta di un prodotto estremamente innovativo: Impossibile Foods, vuole realizzare “hamburger vegetali che sanguinano” che fanno risparmiare il 75% dell’acqua, riducendo l’emissione di gas serra dell’87%; inoltre, sono privi di colesterolo, di ormoni e di antibiotici.
I primi ingredienti necessari alla produzione di questi prodotti hi-tech, che si vendono a 18 dollari e che hanno convinto investitori di rilievo come Bill Gates, Google, Ventures, e Khosla, sono le proteine estratte dalle patate e dal grano. Esse si presentano come un trito di medie dimensioni e donano al prodotto una consistenza masticabile. Un altro ingrediente è l’Eme, (la parte dell’emoglobina che contiene il ferro e che dà al sangue il sapore metallico e il suo colore rosso), che viene estratto, attraverso un procedimento brevettato, dalle radici della soia e di altri cereali, ed è utilizzato per dare sapore. A tutto questo viene unito lo xantano e il konjac (due emulsionanti), che conferiscono la plasmabilità al composto; infine, vengono aggiunti i grassi vegetali, ottenuti dall’olio di cocco e dalla soia, necessari a dare sapore e l’effetto sfrigolio.
Tutto questo rende l’hamburger hi-tech sorprendentemente simile all’originale di carne. Questo processo di produzione è estremamente affascinante dal punto di vista scientifico e sembra avere uno scopo salvifico dell’umanità, anche se qualche obiezione in merito sorge spontanea.
Una cosa è certa, la popolazione crescerà ancora, insieme al prodotto interno lordo di molte nazioni, il sistema alimentare planetario così com’è non sarà più sostenibile. Il modello di approvvigionamento delle proteine va ristrutturato. Dobbiamo evitare che nel mondo il consumo di carne cresca in modo esponenziale come è stato negli ultimi venti anni.
Trovare risorse alimentari nuove diventa una necessità inderogabile e tutti noi dobbiamo dimostrarci aperti all’innovazione. Immagini tratte da: http://www.michelegardoni.it/donna-che-mangia-un-hamburger/ www.impossiblefoods.com/images/home/Our_Burger_2.jpg http://www.105.net/resizer/659/-1/true/1501774024976_1501774052.jpg--impossible_foods_porta_in_tavola_l_hamburger_vegetale_al_sapore_di_carne.jpg?1501774053000 Potrebbe interessarvi anche:
Chi non conosce I tre moschettieri o Il conte di Montecristo? Queste opere di Alexandre Dumas (padre) sono catalogate ormai come veri e propri classici: lette, analizzate e studiate in tutto il mondo. Se l’abilità di Dumas come scrittore è nota ai più, forse in pochi sanno che è stato anche un grande viaggiatore e soprattutto un buongustaio.
Tra le opere sicuramente meno note troviamo infatti una serie di scritti a tema culinario, in cui l’autore annotava piatti, pietanze e preparazioni incontrate sulle tavole europee. Infatti, già leggendo i suoi Mémoires e Impressions de voyage si può intuire l’interesse del grande scrittore per le cucine “esotiche” scoperte nel corso dei suoi viaggi, ma è soltanto nel 1869, un anno prima della sua morte, che Dumas racchiude tutti i suoi appunti in un’unica opera. Questa è edita da Ibis Editore (2002), ma anche da Sellerio Editore (2004), con il nome di Grande dizionario di cucina.
Il risultato è un volume veramente monumentale: una raccolta vastissima di ricette, più di 3.000. Ma ciascuna ricetta non si esaurisce con una schematica descrizione degli ingredienti necessari e del procedimento, come siamo abituati oggi; ogni pietanza è unione di aneddoti, divagazioni, osservazioni e ricordi personali dell’autore, che con esse fonde insieme la sua professione di scrittore con la sua natura da grand gourmand. In alcuni casi viene da chiedersi quanta verità si nasconda dietro le parole di Dumas, ma la lettura incuriosisce a tal punto da far passare i dubbi in secondo piano.
Punto di partenza è quasi sempre un ingrediente, di cui l’autore ci parla profusamente, raccontandocene le origini, le curiosità, presentando o introducendo personaggi più o meno famosi legati a questo. Scopriamo così, per esempio, che i bohémiens facevano ampio uso di assenzio, soprannominandolo “musa verde” e che (a quanto ci racconta l’autore) all’interno dell’Accademia si fosse creato anche un divertente gioco di parole che metteva in relazione l’abuso che Musset faceva di questo alcolico e le sue numerose assenze alle sedute. Dopo queste divagazioni si passa alle più famose preparazioni che si possono realizzare con ogni ingrediente; per esempio, se prima Dumas parla delle diverse varietà di mele o di alcuni aneddoti storici, dopo ci suggerisce come prepararle al burro, come trasformarle in uno stracotto o in una charlotte.
Piccola curiosità per gli amanti della cucina italiana è che proprio in questo volume compare per la prima volta la versione italiana o meglio ancora napoletana della pizza con il pomodoro; Dumas aveva infatti compiuto un viaggio a Napoli nel 1835, dove aveva avuto modo di conoscere l’antenata di quella pietanza che oggi è entrata a far parte del Patrimonio UNESCO.
Ibis Editore ha suddiviso questa ingente opera anche in singole raccolte, selezionando e raggruppando le varie ricette. In questo modo si possono trovare in un unico volume, intitolato il Il girone dei golosi, tutti i dessert, ingredienti e pietanze dolci dalla “a” di albicocca allo fino alla “z” di zucchero grezzo. Le ricette di caccia racchiude invece al suo interno piatti a base di carne e selvaggina, mentre in Piatti proibiti e ricette segrete ritroviamo ricette a base di ingredienti che oggi ci sembra assolutamente improbabile usare in cucina o accostare tra loro, sia a causa della nostra mutata sensibilità sia a causa dei mutati usi e gusti. Cucina per veri amanti è un piccolo compendio di consigli culinari per chi vuole sedurre partendo dalla tavola: aragosta, cioccolata, ostriche e molti altri ingredienti oggi considerati afrodisiaci sono i protagonisti di questa raccolta. Infine, sulla tavola di Dumas non poteva mancare il vino e quindi ecco Piccola guida ai grandi vini d'Europa. Partendo dall'antichità Dumas arriva ai grandi vini del suo tempo e non sarà un caso se, da buon francese, quelli che hanno una preminenza maggiore sono i vini d'oltralpe. Foto tratte da: https://www.taccuinistorici.it/ita/news/contemporanea/letteratura/Grande-Dizionario-di-Cucina-Alexandre-Dumas.html https://sellerio.it/it/catalogo/Grande-Dizionario-Cucina/Dumas/745 Potrebbe interessarti anche:
Un mix corretto e bilanciato di calorie, vitamine e proteine aiuta l’organismo a rispondere in maniera ottimale ai malanni di stagione. Un’alimentazione basata su prodotti stagionali aiuta a mantenersi in forma e anche a non accusare troppo l’abbassamento delle temperature, grazie al rafforzamento delle difese immunitarie.
Tra gli alimenti di maggior consumo un posto particolare spetta agli agrumi. È consigliabile, in questo periodo, non farli mai mancare sulle nostre tavole, in quanto alimenti ricchissimi di vitamine, in particolare la vitamina C che aiuta la sintesi del collagene, così da rafforzare i vasi sanguigni, la pelle, le ossa e i muscoli, oltre a stimolare le difese immunitarie. Si consumano soprattutto al naturale o in spremute, ma vengono usati anche come condimento, nella confezione di marmellate, canditi e in liquoreria. Sono ottimi a fine pasto o come pausa snack, crudi, anche ridotti in succo per preservarne le loro proprietà nutrizionali. Il più noto tra gli agrumi è senza dubbio l’arancia, largamente utilizzata in cucina con ottimi risultati per il suo profumo, il cui succo e la cui scorza grattugiata o tagliata a filetti entra in molte ricette dolci e salate con estremo successo. Mandarini pompelmi, limoni, i Kumquat (mandarini cinesi), hanno origini antiche, più recenti invece gli ibridi come mandaranci, mapo, clementine. Tra le verdure invernali non dobbiamo sottovalutare il cavolo, una delle verdure più nutrienti e salutari dei mesi freddi per le sue proprietà benefiche, per la sua alta presenza di vitamina A e C, per le sue spiccate proprietà antinfiammatorie e depuranti. Il cavolo, appartenente alla famiglia delle crucifere, ha un alto contenuto di ferro e di calcio, è ricco di acidi grassi (omega 3 e omega 6) e di fibre.
Il cavolo riccio, il cavolo nero, il cavolo verza, il rosso, il cappuccio, il cavolfiore, i cavolini di Bruxelles, i broccoli sono solo alcune delle varietà più commercializzate. Tra i più bizzarri cavoli italiani troviamo il trunzu, un cavolo rapa (Brassica oleracea var. gongylodes) coltivato da sempre nel catanese, in particolare negli orti di Acireale e delle località vicine. È di piccole dimensioni, ma è riconoscibile in particolare perché la parte edule presenta striature violacee, comuni a molti ortaggi coltivati nei terreni lavici dell’Etna. Il cavolo è molto diffuso nella cucina del nostro Paese prestandosi ai piatti più svariati; dai più semplici e tradizionali, ai più raffinati ed elaborati. Questo prezioso ortaggio rinforza il sistema immunitario ed è capace di difendere il nostro organismo dalle malattie e dagli attacchi di germi e batteri; è ricco anche di carotenoidi e lavonoidi dalle spiccate proprietà antiossidanti che, con la loro azione, contribuiscono alla prevenzione dei malanni e dell'invecchiamento precoce (ne contiene oltre 45 tipi), di cui la quercitina è al primo posto.
Chi ha problemi di tiroide è bene che trovi il modo di mangiare una buona dose di crucifere nella settimana. I cavoli sono da tenere sempre in casa, come preziosissimi alleati anche perché contengono l’indolo 3 carbinolo, un micronutriente che contribuisce ad aumentare la produzione di metaboliti, estrogenici anti-tumorali. Foto tratte da: http://www.florablog.it/wp-content/uploads/2011/02/cavolo-verza-01.jpg http://www.fluimucil.it/it/Prevenire-e-Curare/Come-curare/Come-curare-dettaglio/ArtMID/498/ArticleID/186/Gli-alimenti-della-salute-gli-agrumi https://it.wikipedia.org/wiki/File:Fortunella.jpg www.agraria.org/coltivazioniarboree/mapo.JPG Potrebbe interessarvi anche: |
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