di Eva Dei
Nella vasta lista di serie televisive e film offerte da Netflix è disponibile dallo scorso 5 gennaio “Rotten”, una docu-serie prodotta dall’ americana Zero Point Zero che cerca di fare luce su alcune zone d’ombra dell’industria alimentare. Sei episodi da circa un’ora ciascuno: dei micro documentari, ognuno incentrato su un prodotto diverso dell’industria alimentare. Spiegazioni scientifiche, ricostruzione di scandali che hanno avuto risonanza mondiale e interviste a tutte le parti in gioco (quelle che ovviamente si sono rese disponibili) vanno a formare una puntata densa e interessante; completano l’opera immagini accattivanti e un ottimo montaggio.
“Rotten” ci mostra solo in minima parte quel settore che si occupa della produzione e lavorazione dei prodotti che arrivano sulle nostre tavole, ma sul quale ci facciamo poche domande: come arrivano realmente questi prodotti sulle nostre tavole? Come funziona l’industria che li produce? Quali regole la governa? E quali spesso infrange? Il punto di vista, data la produzione, è senza dubbio quello americano. Forse questo è l’unico neo che si può trovare a una serie ben congeniata, che nell’inevitabile contrapposizione tra due delle maggiori forze economiche globali, Cina e Stati Uniti, tende a volte a far recitare alla prima la parte dell’unico cattivo. L’ago della bilancia pende in alcuni casi verso questa visione, ma in ogni caso “Rotten” non si esime dal suo compito, mettendo a nudo scandali e contraddizioni, americane e non; in effetti in alcune puntate il focus si sposta dall’America fino a raggiungere il Brasile, ma anche l’Europa.
La prima puntata “Avvocati, pistole e miele” è tutta incentrata sullo zucchero naturale prodotto dalle api. Si parte dal 2006 con l’inizio della crisi, causata dalla morte delle api a causa di vari fattori (stress, pesticidi, aumento delle monocolture). Meno api significa meno miele; ma in realtà la richiesta di questo prodotto è aumentata, in concomitanza con l’aumento della popolazione e la preferenza verso prodotti naturali. Questi due fattori, la morte delle api e l’aumento della richiesta di miele, hanno portato da un lato alla circolazione di miele non puro nei mercati e dall’altro a difficoltà sempre maggiori per gli apicoltori, tra furti di alveari e luoghi di impollinazione che si trasformano facilmente in luoghi di incubazione e diffusione di malattie. Nella seconda puntata viene invece affrontato “Il problema delle arachidi”, altamente impiegate in molte preparazioni, specie nella cucina asiatica, ma tra gli 8 allergeni più diffusi, soprattutto nei bambini da 1 a 4 anni. Spesso il loro basso costo porta a sostituirle ad altra frutta a guscio (come le mandorle), senza però che questo sia indicato nei menù o senza seguire le procedure di non contaminazione. Forti reazioni allergiche e anche alcune morti, hanno scatenato diffidenza e panico nei consumatori che vedono negli allergeni un demone, mentre recenti studi sono a favore della tesi che in alcuni casi riabituare il corpo con piccole dosi dell’allergene permette di poterlo poi reintegrare nella propria dieta. “Alito all’aglio” sposta l’attenzione su un altro ingrediente ampiamente usato nelle cucine mondiali: si consumano 23 milioni di tonnellate di aglio all’anno, per un fatturato di circa 40 miliardi di dollari all’anno. Il maggiore produttore mondiale è la Cina, che sbaraglia il mercato americano offrendo un prodotto a un prezzo inferiore a quello di produzione. La potenza asiatica concede costi così bassi sfruttando il lavoro dei carcerati: un filmato mostra le condizioni degradanti di questi detenuti costretti a sbucciare 20 kg di aglio al giorno. Le ultime tre puntate sono invece dedicate alle proteine: pollame, latte e pesce.
“L’industria del pollo” è dedicata alla carne più consumata in America se non in tutto il mondo. La sempre maggior richiesta di pollo genera da un lato una stabilità del mercato in questo settore, ma dall’altro porta a ricercare nuovi espedienti per un maggiore rendimento. La puntata mette in luce i meccanismi competitivi che si creano tra i vari allevatori, come il sistema a torneo, e ci racconta lo scandalo brasiliano della JBS dei fratelli Battista. Latte pastorizzato o latte crudo? Questo il dubbio che cerca di sciogliere la puntata successiva, “I soldi per il latte”. La richiesta del primo continua ad aumentare nonostante i prezzi molto alti, a differenza del costo del secondo, sempre più in calo; la spiegazione è da ricercare nella diffusa convinzione che il latte crudo sia ottimo per curare allergie e asma; questi benefici non sono dimostrabili, mentre è indubbio che sia tra i maggiori vettori di malattie per la sanità pubblica, tanto che negli Stati Uniti ne è vietata la vendita in ben 15 stati. L’ultima puntata, “Il merluzzo è morto”, è dedicata alla crisi che ha colpito i medio-piccoli pescatori in seguito alla spartizione del mercato imposta dall’EDF (Fondo per la difesa dell’ambiente). Se quest’ultima rivendica questo provvedimento come necessario per tutelare l’ambiente e impedire la sparizione di intere specie ed ecosistemi, dall’altro lato i piccoli pescatori accusano il Fondo di privatizzare la pesca e di ricevere donazioni dalle stesse grandi aziende che riescono ad acquistare le quote di pescato.
“Rotten” spazia da un settore all’altro, rilasciandoci un’inchiesta che non può definirsi completa, ma che centra sicuramente lo scopo: obbligare il consumatore a fare i conti con le proprie scelte. Foto tratte da: https://www.netflix-nederland.nl/netflix-originals/rotten-2018/ https://www.pastemagazine.com/articles/2018/01/netflixs-rotten-is-mandatory-viewing-for-people-wh.html https://www.pastemagazine.com/articles/2018/01/netflixs-rotten-is-mandatory-viewing-for-people-wh.html Potrebbe interessarti anche:
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di Giuliano Sandroni A Bologna da pochi mesi è nato FICO (Fabbrica Italiana Contadina), il più grande parco del mondo dedicato all’alimentazione. Nato all’interno del CAAB, FICO conta 2 ettari di campi e stalle, più di 200 animali e 40 fabbriche contadine dove poter vedere la produzione di carni, pesce, formaggi, pasta, olio e dolci; questo rappresenta un modo unico di scoprire la magia della biodiversità made in Italy, i sapori e i prodotti della nostra terra. Racchiude in sé la tradizione locale, la cultura del cibo di alta qualità e le competenze delle persone che da sempre lavorano nelle filiere agroalimentari. In esso sono presenti centinaia di piccole e medie imprese italiane di alta qualità che mostrano in diretta la loro arte manifatturiera. FICO Eataly World è una palestra di educazione sensoriale al cibo e alla biodiversità, dove le meraviglie dell'agroalimentare e dell'enogastronomia italiana sono presentate e narrate in ogni loro fase produttiva, dalla nascita fino all'arrivo nel piatto e nel bicchiere. Le fabbriche presenti sono completamente a vista: dietro a vetrate ci sono gli artigiani del cibo che tirano la pasta, sfornano i biscotti, fanno il formaggio. Le sei giostre, dedicate agli elementi della natura, che sono presenti al suo interno sono degli scrigni multimediali, pensati per calarsi nel mare o per scoprire come l’uomo ha inventato il fuoco e da nomade è diventato agricoltore. La prima “giostra” è quella dei segreti del fuoco, poi a seguire quelli della terra, del mare, degli animali, delle bevande e del futuro, tutte insieme rappresentano la parte più multimediale e interattiva di “FICO”, contengono cortometraggi e percorsi animati. In particolare, nella giostra “L’uomo e il futuro” il visitatore potrà piantare un seme a sua scelta tra quelli presenti nell’apposita vasca idroponica. Ogni nuova piantumazione sarà associata a un codice numerico e tramite una app dedicata si potranno seguire tutte le evoluzioni della piantina che, una volta cresciuta, verrà raccolta e consumata all’interno di FICO. Per i più piccini c’è un laboratorio permanente con uno spazio dedicato interamente alla creatività, fatto di arte, scienza, materiali e tecniche espressive. I laboratori dell’Agrobottega offrono diversi percorsi ed esperienze pratiche, il laboratorio del fare, della conoscenza, della creazione di oggetti. FICO è anche la celebrazione dell’economia circolare, chi vi cucina ha l’obbligo di acquistare almeno l’80% degli ingredienti dalle altre aziende presenti. All’interno del parco la spesa si può fare in bicicletta, passando per le piste ciclabili della struttura che collegano tutte le fabbriche. I visitatori si possono munire di un mini frigorifero portatile da caricare sulla bicicletta per acquistare i prodotti freschi. Per i più pigri c’è anche un trenino elettrico, un “freccia rossa” in miniatura. L’ingresso è gratuito, si pagano le giostre e ciò che si consuma, ma sono previsti sconti. Nelle ambizioni dei fondatori, la “Disneyland del cibo”, com’è stata soprannominata, dovrebbe attirare quattro milioni di visitatori il primo anno e arrivare a sei milioni nel giro di tre. Ed è proprio sul passa parola tra amici e parenti che contano Farinetti & Co per riuscire a realizzare le loro aspettative. È vero che i padiglioni restano aperti tutti i giorni dalle 10 di mattina a mezzanotte, ma la previsione è comunque ambiziosa. Immagini tratte da: http://www.ecostiera.it/wp-content/uploads/2017/12/FICO_fotoEatalyWorldBologna.jpg https://www.termometropolitico.it/media/2017/11/fico-bologna-e1510585282893.jpg http://1.citynews-bolognatoday.stgy.ovh/~media/horizontal-mid/8969825516695/foto-mappa-fico-2.jpg Potrebbe interessarti anche: di Eva Dei Torniamo a parlare di superfood e questa volta la protagonista è l’Arthrospira, meglio conosciuta come alga spirulina. Questo ingrediente sta letteralmente cavalcando l’onda e non soltanto per i suoi benefici, ma anche per il particolare colore che dona ai piatti in cui è impiegata. #bluespirulina o #bluemajik sono gli hashtag che ricorrono sempre più spesso a corredare foto di piatti dal particolare colore turchino: gelato, milkshake, creme al formaggio, crêpes e molti altri gustosi piatti assumono una sfumatura inusuale. Una volta forse andando in gelateria un bambino avrebbe scelto il gelato al “puffo”, niente di più di un gelato al fiordilatte o alla vaniglia arricchito con del colorante azzurro, oggi invece potremmo trovarci di fronte al gelato all’alga spirulina. Ma se al colorante non si attribuisce nessun beneficio nutrizionale, ma piuttosto il contrario, l’alga spirulina sembra un vero e proprio superfood. La spirulina è una microalga unicellulare di acqua dolce, tipica delle zone tropicali o subtropicali. Di colore verde intenso tendente all’azzurro, ha una forma stretta e allungata. Se osservata al microscopio presenta una forma a spirale a cui deve il suo nome. Il sapore dell’alga è simile a quello delle altre alghe ormai a noi più note perché impiegate nella cucina asiatica: salato, ricorda il pesce e non sempre può risultare gradevole a tutti i palati. Si può ovviare però molto facilmente a questo problema; infatti una volta essiccata si può trovare semplice, pressata oppure ridotta in polvere. In quest’ultimo formato prende il nome di “#bluemajik” e, se sapientemente dosata e aggiunta a diverse preparazioni, risulta quasi insapore. Esistono anche integratori a base di spirulina o alimenti a cui viene addizionata. Alcuni allevamenti, come “Spirulina biologica” a Sorano, in provincia di Grosseto, oltre a vendere il prodotto finito producono anche pecorino e birra arricchiti con la spirulina. Già usata come alimento presso le antiche popolazioni dell’America centrale, come gli Atzechi, è tornata alla ribalta dopo che la NASA l’ha inserita nell’alimentazione degli astronauti. Effettivamente è un’ottima fonte di proteine, che nella spirulina superano quelle contenute in uova e soia. Questo la rende un ottimo alimento nella dieta di vegani e vegetariani. È ricca di aminoacidi essenziali, sali minerali (tra cui spiccano calcio, ferro, magnesio e potassio), acido folico e vitamina B12, solitamente non presente nei vegetali. Per non perderne le proprietà nutritive si consiglia di non cuocerla a lungo, aggiungendola a fine cottura. Va inserita nella propria dieta in piccole dosi, in base al proprio peso, mentre per quanto riguarda gli integratori è sempre bene chiedere il parere a un esperto. Si tratta sì di un alimento ricco di principi nutritivi, ma non miracoloso, quindi come per ogni altro è bene non abusarne. Infatti come tutte le alghe, anche la spirulina è ricca di sodio quindi non è un alimento ideale per chi soffre di patologie cardiocircolatorie; un utilizzo sregolato e continuativo, inoltre, potrebbe causare scompensi a chi soffre di patologie legate alla tiroide e al metabolismo visto il suo alto apporto di iodio. Foto tratte da: http://wiki.cucchiaio.it/wiki/superfood/ https://www.gr8nola.com/blogs/recipes/blue-spirulina-smoothie-bowl http://www.meteoweb.eu/2018/01/mermaid-croissant-alga-spirulina/1033771/ http://loves.cucchiaio.it/blue-food-spirulina-protagonista-instagram/ https://www.pinterest.co.uk/pin/58757970121499631/ http://www.lerboristeria.com/erbario/spirulina.php https://www.watson.ch/Wissen/Food/570778296-Superfood-im-Check--Wie-gesund-ist-Weizengras-wirklich- Potrebbe interessarti anche: di Giuliano Sandroni Diretta derivazione del “mulsum", la bevanda contenente vino e miele e con questa gli antichi romani amavano precedere i pasti. Grazie alle sue proprietà stimolanti l’appetito, l’aperitivo nei secoli ha subito profonde trasformazioni strutturali e culturali. Fu grazie a un barista, Antonio Benedetto Carpano con l’invenzione del Vermout, se nel 1786 in Italia, a Torino, nacque la strana abitudine alto borghese di ritrovarsi, prima di consumare i pasti principali, a bere qualcosa che potesse stimolare l’appetito. Questa bevanda dolce- amara, composta da vino aromatizzato da trenta erbe, con l’aggiunta di spezie, alcol, zucchero e assenzio, divenne una vera e propria fonte di attrazione per il locale torinese, tra i cui avventori annoverava personalità del calibro di Giuseppe Verdi e di Camillo Benso conte di Cavour. Il successo fu tale che la gustosa bevanda divenne ingrediente di numerosi cocktails e l’usanza dell’aperitivo si diffuse velocemente nel resto della penisola. Negli USA l'idea di bere prima dei pasti ha le sue radici nell'epoca del proibizionismo, quando furono approvate le leggi che bandivano il consumo di alcol. Le persone, prima di mangiare al ristorante dove l'alcol non sarebbe stato servito, partecipavano a happy hour o cocktail hour presso gli speakeasy (distillerie illegali di alcol). Successivamente i cocktail lounge tennero viva l'abitudine di bere prima della cena. L’happy hour entrò nell'uso civile americano intorno al 1960, specialmente dopo un articolo del Saturday Evening Post del 1959 sulla vita militare. La pratica o semplicemente lo slogan happy hour sono stati via via adottati in altri paesi e da altre categorie di esercizi commerciali, con variazioni nelle fasce orarie e nella tipologia dei prodotti soggetti a sconto. L’happy hour, con il passare del tempo, in molti paesi degli Stati Uniti d’America è stato proibito, in altri come Canada, Irlanda e Regno Unito ha subito restrizioni notevoli per contrastare il diffondersi dell’alcolismo, soprattutto tra i giovani In Italia l’happy hour, nei locali che la propongono, comincia in genere più tardi che nella versione originaria e si prolunga nella serata, spesso fino alle 20 o alle 21. Nel caso di locali notturni, gli sconti sulle consumazioni sono praticati nelle prime ore di apertura. Da una indagine effettuata da Coldiretti-Censis risulta che quasi tre giovani sotto i 35 anni su quattro (71%), soprattutto nel fine settimana, fa ricorso all’apericena, quel mix tra il rito dell’aperitivo e un pasto propriamente detto. Accanto ad arachidi, olive e salatini si aggiungono ai cocktails tocchetti di salumi, tartine, bruschette, mini porzioni di pasta, finger-food, pizzette e rosticini. Il cocktail re dell’Happy hour moderno è da considerarsi lo Spritz. É fresco, colorato, leggermente alcolico e si prepara facilmente. Ogni barman ha la sua ricetta particolare per preparare questo cocktail. La ricetta classica prevede l’uso di Prosecco e Aperol, con l’aggiunta di mezza fetta di arancia e cubetti di ghiaccio (per non perdere le bollicine servire subito). Ogni barman ha la sua particolare ricetta. Basta sostituire l’Aperol con il Bitter Campari e il gusto sarà più amaro e il colore più rosso. Sostituendolo con il Martini Rosso si otterrà un sapore e un colore più intensi. Si può usare un vino bianco fermo, piuttosto che uno spumante pregiato, possiamo sostituire un amaro all’Aperol per avere un gusto più deciso; usare metà vino e metà acqua frizzante o seltz per renderlo più leggero. Si può usare della granita al limone nel bicchiere al posto del ghiaccio. Interessante anche la ricetta dello spritz al melograno, uno degli aperitivi analcolici da preparare durante la stagione autunnale che vede aggiungere dell’acqua minerale o della soda al succo di melagrana. L’importante è consumarlo in compagnia per un really happy hour Foto tratte da:
https://www.thedeepings.com/wp-content/uploads/sites/114/2017/09/Keep-Calm-It-Is-Happy-Hour.png http://www.alsolitopostocafe.it/happy-hour/wp-content/uploads/2015/05/aperitivo2.jpg http://www.lacittadisalerno.it/cronaca/happy-hour-lo-sfogo-dei-giovani-e-i-diritti-del-resto-della-comunit%C3%A0-1.1792943 Potrebbe interessarti anche: |
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