Gabriele Bindi presenta il suo nuovo libro alla Feltrinelli di Pisa
Giovedì 20 aprile si è tenuta nel cortile esterno della libreria Feltrinelli di Pisa la presentazione del nuovo libro di Gabriele Bindi Grani Antichi. La presentazione è stata introdotta da Giuliano Meini, dell’associazione Ortipisani, e vi hanno partecipato l’educatrice della scuola primaria di Metato Annarita Senatore, Pierapaolo Corradini, giornalista e proprietario del negozio di prodotti biologici e sfusi “Bio al sacco” e lo stesso autore Gabriele Bindi. Per entrare ancora più in tema, la presentazione è stata accompagnata da una degustazione di pane prodotto con grani antichi dell’Azienda Agricola Floriddia di Peccioli. Durante la presentazione del nuovo volume edito da Terra Nuova Edizioni sono stati molteplici gli spunti di riflessione. Sicuramente la precisazione da parte dell’autore di cosa si intenda per “grani antichi”, definizione molto usata e forse anche un po’ abusata. Al contrario di ciò che molti credono, con “grani antichi”, Bindi non si riferisce a grani egiziani o etruschi, ma a tipologie tradizionalmente coltivate in Italia nel Novecento, prima degli anni ’50 e del cosiddetto “miglioramento genetico”. Il grano che mangiamo oggi, quello che utilizzano i grandi produttori per pane e pasta è un grano molto diverso, soprattutto a livello proteico; la qualità del glutine è diversa, si presta cioè a lavorazioni più veloci e intensive. Questo comporta però problemi di assimilazione e può essere all’origine dell’aumento di problemi alimentari di intolleranza e allergia. Ma la soluzione, secondo Bindi, non può e non deve essere l’eliminazione di pasta, pane e pizza dalle nostre tavole ma piuttosto il ritorno a materie prime diverse. Con grani antichi Bindi indica delle varietà con particolari caratteristiche fisiche e organolettiche. Le piante in questione sono fisicamente alte e possiedono, come già detto, una qualità e quantità di glutine diverso. Inoltre presentano dei vantaggi dal punto di vista agronomico: infatti, sebbene abbiano una resa minore, hanno una maggiore adattabilità e resistenza, non richiedendo dosi massicce di fertilizzanti ed erbicidi, che vanno poi inevitabilmente a “inquinare” il terreno. Infine si adattano bene anche a un’agricoltura biologica, richiedendo il processo di rotazione. Nella prima parte del libro vengono proprio approfonditi questi aspetti, mentre nella seconda parte Bindi ci porta in un viaggio ambientale e gastronomico da nord a sud dell’Italia, per farci scoprire filiere agronomiche che hanno riscoperto e tutelano questa biodiversità: mulini, pastifici, produttori, contadini. Lo stesso Giuliano Meini di Ortipisani, associazione che opera nel settore del cibo e dell’ambiente, ha sottolineato come vada estesa e promossa un’idea di commercio che sia sostenibile e “buona” per l’ambiente e per la salute dell’uomo. Un’idea che per esempio sta alla base degli odierni G.A.S (Gruppi di Acquisto Solidale). Per questo motivo è importante conoscere quello che mangiamo, sia a livello cognitivo che gustativo. Annarita Senatore ha fatto notare come oggi sia importante insegnare e sapere non solo cosa significa essere dei “nativi digitali”, ma anche cosa significa essere dei “nativi ambientali”. Questi ultimi sono coloro che assumono comportamenti virtuosi nel rispetto dell’ambiente. Per potenziare questo tipo di sensibilità è fondamentale che nelle scuole e in famiglia si punti su progetti che sviluppino nei bambini curiosità, senso critico e senso di appartenenza a un territorio; altro punto chiave è favorire un apprendimento basato sull’esperienza diretta, pratica. Come non concludere quindi citando la celebre frase di Mahatma Gandhi ricordata durante la presentazione:
“Ce n'è abbastanza per le necessità di tutti, ma non per l'avarizia di ciascuno. Sii il cambiamento che vuoi vedere avvenire nel mondo.”
alcuni scatti della presentazione alla libreria Feltrinelli di Pisa
Link per approfondire:
http://www.terranuovalibri.it/libro/dettaglio/gabriele-bindi/grani-antichi-9788866811572-236101.html http://www.ortipisani.it/faces/home.xhtml http://www.ilmulinoapietra.com/ https://www.facebook.com/ortipisani/ https://www.facebook.com/bioalsacco/ Foto tratte da: https://www.facebook.com/aziendaagricolafloriddia/ Foto dell’autore
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In cucina, come in molti altri campi, esistono una serie di convinzioni e alcuni famosi “consigli della nonna” che vengono seguiti ciecamente, ma che in realtà sono sbagliati, dei veri e propri errori. Proviamo quindi a sfatare insieme alcune di queste “leggende metropolitane”.
Cavolo verza o cavolo cappuccio? Molti chiamano (cavolo) verza quello che in realtà è il cavolo cappuccio. Pur appartenendo alla stessa famiglia, quella delle brassicacee, il cavolo cappuccio ha le foglie lisce, un’unica nervatura centrale spessa e molte nervature sottili. Si presenta sempre e solo ben compatto a forma di palla. Si può trovare sia bianco/verde che viola e può essere consumato sia crudo che cotto. Il piatto più famoso che si può realizzare con il cavolo cappuccio sono probabilmente i crauti. Il cavolo verza invece ha foglie increspate e rugose, di un verde intenso. Si può trovare sia a forma di palla sia con le foglie più aperte, a forma di rosa. Si consuma soltanto cotto ed è alla base di molti piatti di origine lombarda o valtellinese, come la cassoeula e i pizzoccheri.
Totani e calamari sono la stessa cosa?
Sebbene molti siano convinti che sia così in realtà non è vero. Con dei piccoli accorgimenti possiamo distinguere questi due molluschi partendo dalla loro fisicità. La prima grande differenza sta nelle pinne: nel calamaro queste sono molto più grandi e dalla punta arrivano fino a metà del corpo, nel totano invece sono decisamente più piccole e occupano soltanto la sommità del corpo. Anche il colore è diverso: i calamari tendono a un rosa grigiastro, mentre il calamaro si avvicina più alle tonalità del marrone e dell’aranciato. Infine il calamaro comune solitamente non supera mai i 40 cm, mentre il totano può arrivare a pesare fino a 20 kg! Per quanto riguarda le differenza in cucina, il totano ha una carne più dura, mentre quella del calamaro è più tenera e per questo più pregiata (cosa che solitamente ne giustifica anche il prezzo più elevato).
Se alla crema pasticcera aggiungiamo la panna otteniamo davvero la crema chantilly? In realtà no. Questa combinazione, crema pasticcera con l’aggiunta di panna, si chiama in realtà crema diplomatica. La vera crema chantilly è composta soltanto da panna aromatizzata alla vaniglia e zucchero a velo. L’errore nasce dal fatto che la crema diplomatica viene anche chiamata “crema chantilly all’italiana”, ma non ha ovviamente niente a che fare con la crema chantilly originale nata in Francia. ![]()
Sale sì o sale no?
Esistono tantissime credenze che hanno alla base l’utilizzo di questo ingrediente. Andiamo con ordine:
Immagini tratte da: http://www.lortofruttifero.it/prodotto/cavolo-verza-tardivo-wirosa/ http://www.donnamoderna.com/salute/cavoli-benefici-proprieta/photo/Cavolo-cappuccio-integratore-vitaminico http://www.ilgiornaledeimarinai.it/la-differenza-tra-totani-e-calamari/ https://lorenzovinci.it/magazine/recipe/sale-marino-di-trapani-igp-e-presidio-slow-food-saline-e-produzione/
Ricette e sapori di Cipro
![]() Titolo: La cucina di Afrodite. Ricette e sapori di Cipro Autore: Christina Loucas Casa editrice: Nomos Edizioni Prezzo: 24,90 euro
Ultima uscita di Nomos Edizioni per il catalogo “Art de vivre”, La cucina di Afrodite ci porta direttamente a casa i sapori e gli odori dell’isola di Cipro. Come sempre non si tratta di un semplice libro di ricette: il volume di Christina Loucas è una sorta di compendio di tradizione, arte culinaria, sapori e profumi tipici, corredato da splendide fotografie dell’autrice.
Christina Loucas dopo un drastico cambio di stile di vita, un po’ forzato anche da una malattia, ha aperto un blog, www.afroditeskitchen.com, per conservare e far conoscere pietanze e ingredienti della terra natale dei genitori, Cipro, a cui lei stessa è molto legata. Nell’introduzione l’autrice ci parla proprio di questo, rivolgendosi al lettore con un familiare “tu” che ci fa sentire subito partecipi e immersi nella storia e nelle esperienze sensoriali della “cucina di Afrodite”. Una vita frenetica e una malattia improvvisa da un lato, il dolce ricordo di una terra in cui affondano le radici familiari dall’altro; un ricordo corredato da sapori e profumi introvabili in altre parti del mondo, proprio perché caratteristici solo di Cipro. L’acqua di fiori d’arancio e l’halloumi fatti in casa: procedimenti antichi che piano piano vengono perduti, standardizzati. Christina Loucas scrive La cucina di Afrodite principalmente proprio per conservare queste tradizioni, ma ovviamente sfogliandolo troverete molto altro.
Cipro è un’isola collocata nella parte sud orientale del Mar Mediterraneo, vicina a Libia, Siria, Turchia e Grecia. Certamente a livello culturale, e quindi anche culinario, ha risentito degli influssi di questi Paesi, ma pensare che il risultato sia solo una mescolanza senza identità è riduttivo. La cucina cipriota è riuscita a distinguersi e caratterizzarsi, fondendo insieme sapori mediterranei e mediorientali. Si fa grande uso, come ingredienti principali, delle materie prime dell’isola: carrube, fichi, agrumi, olive, mandorle, noci, prugne, fichi d’india e numerose erbe aromatiche. Nel libro le ricette sono suddivise in 6 categorie: bevande, pane e prodotti da forno, zuppe, insalate e golosità, portate principali, salse ed extra, torte e dolci. Non tutte ovviamente sono ricette tipiche, alcune sono riadattate utilizzando ingredienti diversi (l’autrice ha vissuto per molto tempo fuori Cipro e trovare alcuni ingredienti locali era molto difficoltoso, se non impossibile), mentre altre sono creazioni della stessa Loucas che hanno come base materie prime cipriote. È comunque possibile distinguere le ricette tradizionali dalle altre, perché il loro titolo compare anche in greco. Prima di ogni sezione inoltre c’è una piccola guida introduttiva, con consigli, indicazioni e informazioni utili.
Per le dosi degli ingredienti vengono usate come unità di misura sia i grammi e i millilitri sia le tazze, in ogni caso al termine del libro si trova un’utile tabella delle conversioni. Per la quantità di porzioni invece non c’è uno standard unico, considerando che spesso, come racconta l’autrice, queste bevande e pietanze vengono preparate in grandi dosi per conservale o condividerle con amici e parenti. Alla fine di ogni ricetta c’è quindi la dicitura “resa”, che permette di farsi un’idea della quantità in base alla dose di ingredienti indicata.
Al termine del libro infine l’autrice ci parla dei mercati dell’isola, consigliando i suoi preferiti e i prodotti venduti, non si sa mai che a qualcuno venga voglia di partire!
Link per approfondire:
http://www.nomosedizioni.it/index_it.php?&lang=it https://www.facebook.com/NomosEdizioni/?fref=ts http://www.afroditeskitchen.com/ https://www.facebook.com/afroditeskitchen/?fref=ts Immagini tratte da: Foto gentilmente fornite da Nomos Edizioni |
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Febbraio 2021
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