Alla scoperta dei piatti tipici della Liguria e una dritta per locale da provare a Genova
Pesto alla genovese: sono sicura che è il primo pensiero di tutti appena si parla di cucina ligure. Ma questa profumata salsa verde dal sapore di basilico, pinoli e formaggio (grana e pecorino), non è l’unica prelibatezza di cui si può vantare questa regione. Prima di tutto, inseparabili dal pesto sono sicuramente le trofie, tipica pasta di grano duro e acqua dalla forma attorcigliata. Il condimento più tipico è appunto composto da pesto, fagiolini e dadini di patate sbollentati. Il pesto viene anche aggiunto al minestrone con verdure a pezzetti, dando origine al famoso minestrone alla genovese ed è anche l’ingrediente principe delle lasagne bianche al pesto. Altra salsa tipica è quella di noci, usata principalmente per condire i pansotti, ravioli di pasta fresca ripieni di borraggine, maggiorana, altre erbe di campo e ricotta.
Rinomata anche la focaccia (fugassa), di cui si può sentire il profumo uscire da ogni panetteria: croccante, alta non più di 2 cm, con delle fossette rotonde in superficie e spennellata con abbondante olio d’oliva. Questa è la versione classica, ma ne esistono molte varianti: con salvia, rosmarino, cipolle tagliate finemente o olive. Storia a sé per la focaccia di Recco che si fregia anche del marchio IGP; questa particolare focaccia è preparata con pasta non lievitata, stesa finissima e farcita con formaggio (stracchino o crescenza).
Rimanendo in tema non si può non nominare la farinata; realizzata con ingredienti semplici, farina di ceci, acqua e olio viene cotta in forno in uno speciale tegame basso e circolare, di rame o ferro, chiamato “testo” o “tian”. La storia di questa ricetta è molto pittoresca: leggenda vuole che durante una tempesta, sulle galee genovesi si rovesciarono sacchi di ceci e barili d’olio, che si mescolarono all’acqua del mare incamerata dalla nave a causa del maltempo. I pavimenti della stiva si cosparsero di una strana poltiglia che i marinai decisero di provare data la scarsità delle provviste. La lasciarono asciugare al sole e quello che ottennero fu inaspettatamente un piatto gustoso, antenato della odierna farinata. Con gli stessi ingredienti di questa, olio escluso, si prepara anche la panissa, ma in questo caso la farina viene fatta bollire a lungo con l’acqua, come per la preparazione della polenta. Si consuma tiepida o fredda tagliata a cubetti o fettine.
Tra i secondi piatti, molto rinomato il coniglio alla ligure; alla carne dolce e delicata del coniglio vengono abbinate le olive nere taggiasche, il vino bianco, i pinoli e il rosmarino. Ormai conosciute in tutta Italia, hanno origini in Liguria anche le seppie in zimino, che racchiudono i due tratti di questa regione. Ingredienti principali sono le seppie, prodotto del mare, e gli spinaci e bietole, legati alla terra e all’agricoltura; fondamentale gustare questo piatto con pane tostato e un buon bicchiere di vino bianco.
Arriviamo infine ai dolci con sicuramente gli amaretti e i canestrelli, biscotti al burro spolverizzati con zucchero a velo a forma di fiore forato. Il dolce più famoso è però probabilmente il pandolce genovese, tipico delle festività natalizie, è un pane lievitato di forma circolare di cui esistono due versioni, quella alta, a lievitazione naturale, e quella bassa, di più veloce preparazione.
Zimino
Chiudo quest’articolo su una dritta per provare la vera cucina ligure nel caso vi trovaste a Genova.
Nel centro storico vicino al Porto Antico, al numero 4A del Vico delle Scuole Pie, potete trovare la trattoria “Zimino”. Il locale è semplice ma accogliente e il bancone dove ordinare e prendere il cibo si apre direttamente sulla cucina. Al contrario di qualsiasi più o meno diffuso stereotipo sui genovesi, troverete ad accogliervi personale gentile e amichevole, pronto a illustrarvi e farvi fare un giro di assaggi dei piatti del giorno. Ogni piatto è accompagnato da un cestino di pane caldo, bianco e arricchito con farina di canapa. Consigliatissime le seppie con i piselli e l’insalata del marinaio, preparata con le gallette del marinaio, pomodori cuore di bue, cipolla di tropea, acciughe, tonno e olive taggiasche. “Zimino” è aperto da lunedì al venerdì solo all’ora di pranzo, lo stile è molto alla mano con tovagliette di carta e piatti in plastica, si può prendere cibo da asporto o gustarlo ai tavoli del locale; i prezzi sono ottimi considerando il rapporto qualità-prezzo. Decisamente un buon compromesso per un pranzo veloce, tipico ma di qualità.
Foto tratte da:
http://www.foodtravel.it/trofie-al-pesto-genovese/ http://www.lefarinemagiche.it/ricette/focaccia-di-recco/ http://www.agrodolce.it/ricette/seppie-in-zimino/ Foto dell’autore Potrebbe interessarti anche: http://www.iltermopolio.com/cucina/cosa-e-dove-mangiare-a-torino http://www.iltermopolio.com/cucina/die-deutsche-kuche
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Recentemente la casa editrice Slow Food Editore ha presentato la nuova collana “Slow Life”, un’esortazione a rallentare, a conoscere e assaporare quello che mangiamo, proprio perché “siamo quello che mangiamo”. La collana è composta al momento da quattro volumi: uno dedicato alle verdure, uno al pesce, un terzo a pane e lievitati e infine l’ultimo sui dolci naturali. Naturalmente Dolci ci porta alla scoperta della dolcezza, del gusto del primo alimento di ognuno di noi: il latte materno. Gusto inebriante, consolatorio e rassicurante, ma fa bene abusare di alimenti che ci trasportano su questa onda sensoriale? Cosa si intende per dolcificanti naturali? Esiste una classifica di dolci più o meno salutari? A queste e altre domande si propone di rispondere questo volume, diviso in molteplici capitoli, ma sostanzialmente in due parti maggiori. Una informativa in cui si ricercano le origini sociali e scientifiche del “dolce” e dove vengono analizzati tutti i vari alimenti che contengono zuccheri: cereali, lieviti, frutta fresca e secca. Infine, ovviamente, gli zuccheri di origine naturale (come miele, zucchero di canna o di barbabietola, sciroppo d’acero, melassa, stevia, zucchero di fiori di cocco, sciroppo d’agave e malto) e quelli invece di origine artificiale (aspartame, saccarina, ciclamato…). Questa prima parte è corredata da utili tabelle che mettono a confronto valore calorico, glicemico o potere dolcificante in modo da poter scegliere più consapevolmente gli zuccheri migliori per la nostra dieta e salute.
Per approfondire:
http://www.slowfoodeditore.it/it/slow-life/naturalmente-dolci-9788884994684-719.html https://www.facebook.com/SlowFoodEditore/ Foto tratte da: Foto gentilmente fornite da Slow Food Editore
Birra artigianale sul lungarno pisano
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Per raccontare come tutto è iniziato sicuramente non basterebbe un articolo, per raccontare cioè di come da una conoscenza tra coinquilini, interessi comuni e tanta buona volontà può nascere un’associazione come La Staffetta. Saldamente ancorata al territorio pisano e toscano, l’Arci La Staffetta promuove e organizza vari eventi che hanno come denominatore comune l’arte brassicola e la produzione di birra artigianale. Da questo punto di partenza si è costruita una rete che collega produttori, G.a.s, birrifici, locali, associazioni culturali, l’Università di Pisa e tante altre realtà.
Ha compiuto un anno lo scorso giovedì 1 giugno un altro ramo nato dall’associazione, ma sviluppatosi poi in modo autonomo pur mantenendo fede a quelli che sono i valori originari. Stiamo parlando ovviamente del locale che si affaccia su Lungarno Pacinotti, La Staffetta Tap Room. Il locale è gestito da quattro simpatici ragazzi: Ignazio, Martina, Davide e Peter. Siamo riusciti a fare due chiacchiere proprio con gli ultimi due, ecco cosa ci hanno raccontato.
E: So che chiedervi di raccontarmi come tutto è iniziato richiederebbe delle ore, ma proviamo almeno a capire qual è il salto che dall’essere parte dell’Associazione vi ha portato all’apertura della Tap Room.
D: Diciamo che l’idea di avere qualcosa di proprio nell’ambito della distribuzione c’è sempre stata. All’inizio avevo anche pensato di aprire direttamente un birrificio, poi vari fattori mi hanno portato a preferire l’apertura di un locale. Con i ragazzi, Ignazio, Peter e Martina ci conosciamo da tempo, ed è facile quando hai le stesse idee, gli stessi interessi, mettere insieme un progetto che piaccia e convinca tutti. Siamo partiti io e Ignazio, ci conosciamo da tanto tempo. Abbiamo fatto insieme un’esperienza all’Azienda agricola Bellavista Insuese, Lo Spondone, dove abbiamo preso in gestione una sorta di chiosco. Ovviamente all’inizio non è stato facile, perché eravamo un po’ fuori dalla nostra rete, dal giro a cui eravamo abituati a Pisa, ma a livello formativo è stata un’esperienza bellissima, stimolante. Finita la stagione siamo andati alla ricerca di un fondo in città; quando abbiamo trovato questo abbiamo capito subito che dovevamo prenderlo!
E: Parliamo un po’ della birra artigianale che proponete.
D: Una volta partito il progetto del locale abbiamo capito subito che pur volendo far conoscere birre diverse, dovevamo avere una base solida, un nocciolo duro intorno al quale sviluppare poi cose nuove. Ovviamente questa base non poteva che essere formata dalle ricette delle prime birre realizzate con la staffetta e quindi 22/04, un’America Pale Ale molto luppolata, May-Ale, un’American Wheat beverina che soddisfa tutti i palati, e Wilson, una Porter in stile inglese dai sentori di caffè. Ovviamente è stato necessario rivedere un po’ le ricette, trovando un equilibrio con l’Associazione, i birrifici e i produttori a cui ci appoggiamo per la realizzazione del prodotto finale. Le quantità richieste dal locale, la continuità necessaria, sono diverse da quelle richieste dall’Associazione, quindi abbiamo dovuto capire qual era il giusto equilibrio, volendo comunque preservare i nostri valori e sfruttare al meglio le potenzialità delle materie prime di base.
E: Come hai detto tu fate anche molte collaborazioni e ospitate birrifici esterni. Come nasce una birra creata in collaborazione?
D: In realtà per noi è stata un’idea naturale quella di voler ospitare produttori che portano avanti la nostra stessa idea di birra artigianale. Fa parte di quella volontà di fare rete, di creare una sorta di “solidarietà” interna, che ci portiamo in eredità dall’Associazione. Ormai collaboriamo con quattro birrifici toscani e ovviamente ognuno ha le sue peculiarità: un certo tipo di acqua, malti, luppoli e lieviti diversi. Si parla degli ingredienti fondamentali per la birra, magari molti nemmeno ci pensano, ma scegliere il giusto tipo di acqua è un aspetto fondamentale. Quindi una volta pensato il tipo di birra da realizzare so già potenzialmente con quale birrificio posso realizzarla al meglio. A quel punto, una volta che è chiara la base possiamo dare spazio alla fantasia: ognuno dà il suo contributo, rivediamo la ricetta varie volte finché non siamo soddisfatti. E: È stato difficile in una città come Pisa far passare il concetto di birra artigianale? Ci sono tanti studenti e spesso è facile che il fattore prezzo incida di più rispetto alla qualità, no? D: Indubbiamente c’è una differenza di prezzo tra la birra della grande distribuzione e la birra artigianale, come è normale che ci sia vista la diversa natura dei due prodotti. Quindi sì, forse è stato difficile da una parte, ma Pisa è anche un luogo di grande fermento da questo punto di vista: la Gilda dei Nani Birrai, la torre del Luppolo, l’Orzo Bruno, sono tutte realtà che spingono a far conoscere la birra artigianale. Da qui ovviamente si sviluppa poi una certa curiosità, la voglia di saperne di più e di assaggiare cose nuove. E: Da un po’ di tempo avete inserito stabilmente anche la cucina. Come mai questo passo? Che impronta date al cibo che servite? D: Lo spazio per la cucina c’era dall’inizio quindi c’era già l’idea di sfruttarlo, poi Martina, visto il suo interesse per la cucina, ha sempre spinto un po’ in questa direzione. Anche in questo caso è stato naturale farlo. Ovviamente in questo modo davamo un’offerta più completa ai nostri clienti e facciamo conoscere anche tutte quelle realtà del territorio conosciute nelle nostre esperienze con i G.a.s. P: Martina si è impegnata molto; ha ricontattato tutte le nostre “vecchie” conoscenze, ha trovato altri produttori e ha messo su una rete di fornitori di alimenti a km 0 o biologici di ottima qualità. I prodotti, un po’ come le birre, variano in base alla stagione, in un susseguirsi di sapori sempre nuovi. D: Nel nostro menù ci sono panini e taglieri, ma più che “cibo da pub” sono prodotti freschi e di qualità che metteremmo sulle nostre tavole di casa.
E: Concludiamo con gli eventi. Anche qui siete molto attivi e organizzate cose di vario genere.
D: Sì, diciamo che anche in questo caso portiamo avanti gli interessi che si erano sviluppati con l’Associazione: cibo, sport e musica. Per la serata del compleanno abbiamo ospitato nella nostra cucina i ragazzi di Sugo e Camicia; stasera, in occasione di un altro evento, sarà la volta di Polpo e Birra. Per quanto riguarda gli eventi musicali facciamo venire alcuni amici a mettere vinili, mentre, appena la parte interna è stata ultimata in modo definitivo, abbiamo ospitato Betta e Luti. Facciamo il possibile in base anche agli spazi che abbiamo. Per quanto riguarda lo sport e le attività all’aria aperta collaboriamo con Azimut-Treks e Le oasi WWF Pisa. Infine organizziamo raduni di mountain bike, beer trails, collaborando con la A.S.D. HUTR di Massa e siamo sponsor del campionato sportivo Toscano Enduro Series. Non mi resta che invitarvi, in una di queste calde sere cittadine, a sorseggiare un bicchiere di buona birra su Lungarno Pacinotti: La Staffetta Tap Room vi aspetta! Foto tratte da: Foto dell’autore e gentilmente fornite da La Staffetta Tap Room. Per approfondire: https://www.facebook.com/LaStaffettaTAPROOM/ https://www.facebook.com/LaStaffettaARCI/ http://www.lastaffetta.com/
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L’ananas rosa è solo l’ultimo arrivato di una serie di frutti e ortaggi dai colori “bizzarri”, ma lo sono davvero così tanto?
Da un paio di settimane impazzano su internet fotografie e articoli sul “nuovo” ananas rosa, sorta di “vegetale mitologico” recentemente scoperto. Ma questo è solo l’ultimo esemplare di numerosi ortaggi e frutti diventati nel tempo famosi per il loro colore fuori dal comune, diverso da quello abituale. Spesso la diversità cromatica fa diventare questi alimenti dei veri e propri trend culinari, anche se purtroppo la conoscenza reale di questi prodotti è molto superficiale, ci si ferma infatti al solo colore. Prima di tutto si può distinguere tra varietà poco conosciute, ma molto antiche (questo è il caso per esempio delle carote viola) e invece alimenti nuovi, frutto di ingegneria genetica, proprio come il nuovo arrivato ananas rosa. Di seguito andiamo alla scoperta di alcuni di questi alimenti per vedere cosa c’è al di là del loro colore. ![]()
Pomodori neri: sono famosi come “pomodori anticancro” a causa del loro elevato contenuto di antocianine, pigmenti vegetali appartenenti alla classe dei flavonoidi e dotati di forti proprietà antiossidanti. Come vi abbiamo già spiegato negli articoli sui Superfood ovviamente non svolgono alcuna azione curativa, ma non sono per questo meno gustosi, anzi spesso presentano un sapore più intenso, mentre la buccia rosso-nera è spesso un po’ più dura.
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Datterini gialli: parliamo sempre di pomodori, ma di una varietà più piccola, i datterini dal colore giallo. Tutti noi siamo abituati a immaginare i pomodori rossi, ma i primi pomodori conosciuti dagli europei, nel XVI secolo, erano di colore giallo. Probabilmente da questo deriva anche l’etimologia del nome “pomo d’oro”, a indicare il colore giallo dorato del frutto. Questo tipo di datterini sono caratterizzati da un sapore molto delicato e totalmente privo di acidità.
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Carote viola: sono del tutto identiche alle carote classiche, quelle arancioni per intendersi, tanto da appartenere alla stessa specie, Daucus carota L. Sembra inoltre che precedentemente il colore tipico di questi ortaggi fosse proprio il viola e che gli olandesi, attraverso coltivazioni selezionate, siano giunti a modificarne il colore in onore della dinastia allora regnante, gli Orange.
Nel gusto non si notano particolari differenze, variano però i valori nutrizionali: hanno il 22% di zuccheri in meno, e sono molto più ricche di antociani, gli stessi pigmenti dei pomodori neri dotati di proprietà antiossidanti. ![]()
Patate viola: chiamate anche patate nere o patate vitellotte, anche queste sono una varietà molto antica proveniente dal Sud America. Di medie-piccole dimensioni, sono rugose, con buccia spessa e polpa di colore viola intenso. Quest’ultima risulta appiccicosa, simile alla nocciola nel profumo e vicina alla castagna per sapore. Come ogni ortaggio dal colore viola-nerastro esaminato fino a ora, anche questa varietà di patate è ricca di antiossidanti.
Ananas rosa: celebrato con l’hashtag #pinkpineapple, l’ananas rosa è studiato dal 2005 da Del Monte, che è riuscita a brevettarlo. A fine 2016 ha ottenuto anche il via libera dalla Food and Drugs Administration statunitense. Il colore rosa è dato dall'aggiunta di licopene, la stessa sostanza che rende rosso il pomodoro. Il sapore è lo stesso, solo più dolce, per il resto il frutto è sicuro e nutriente come quello classico.
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