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28/7/2016

Gli pseudo cereali: Quinoa

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Continua il nostro viaggio alla scoperta dei cereali senza glutine
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di Eva Dei

Dopo avervi spiegato cosa intendiamo con pseudocereali e avervi presentato l’amaranto, oggi parleremo invece della quinoa.
Le zone andine del Sud America sono il luogo d’origine della quinoa e anche lei, come l’amaranto, era molto apprezzata e coltivata dalle popolazioni antiche, come quella degli Inca, che la definivano “la madre di tutti i semi”. A decretare la sua sfortuna furono anche in questo caso i Conquistadores, che ne distrussero le coltivazioni per impiantare piante a loro più congeniali, come il frumento, e per estirpare i culti locali a essa legati. Le popolazioni locali riuscirono a continuarne la produzione nelle zone più remote e isolate delle Ande, ma per molto la quinoa continuò a essere disprezzata, ritenuta un “cibo per poveri”. La sua coltivazione ha, però, ripreso vigore negli anni ottanta fino al suo massimo riconoscimento da parte della Fao, che ha indicato il 2013 come l’Anno Internazionale della Quinoa. In questo modo è stato messo in evidenza il ruolo centrale di questa pianta a sostegno della biodiversità naturale, ma sono state riconosciute anche le sue grandi proprietà nutritive. Per questo se ne è auspicata una maggiore coltivazione per combattere la malnutrizione di molti paesi.


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La quinoa è una pianta erbacea annuale molto resistente, che non necessita di particolari attenzioni. Non appartiene alla famiglia delle graminacee, ma a quella degli spinaci e della barbabietola; proprio per questo motivo se ne possono cucinare anche le foglie. La pianta produce una spiga con semi molto piccoli, simili a quelli del miglio. Ne esistono tantissime varietà, nei nostri supermercati troviamo facilmente quella gialla o bianca (più comune), ma si fanno strada anche la rossa (simile alla gialla ma con chicchi più piccoli e croccanti) e la nera (più selvatica, richiede una cottura più lunga). Prima di cucinarla, come per l’amaranto, è importante sciacquarla in abbondante acqua fredda, per eliminare le saponine.

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Possiamo trovarla in varie forme: in farina, in chicchi semplici, soffiati o in fiocchi. Anche dalla quinoa si può ricavare un latte vegetale macinando i semi. In cucina si adatta a numerose preparazioni: fredda in insalata, in brodo con verdure e legumi, per la preparazione di sformati o budini dolci se cotta nel latte. L’unica cosa per cui non si presta molto sono le preparazioni troppo lievitate, primo fra tutti il pane.
A livello nutrizionale la quinoa racchiude le migliori qualità dei cereali e dei legumi: il suo componente principale è l’amido, ma è anche ricca di proteine e di amminoacidi essenziali. Contiene inoltre fibre e vitamine importanti, come per esempio la E, che ha proprietà antiossidanti.


Bibliografia
B. Polvani, Quinoa, amaranto e grano saraceno,Firenze, Terra Nuova Edizioni, 2015.
A tavola con i cereali, a cura di B. Minerdo, Bra, Slow Food Editore, 2016.
Quinoa e tutti i cereali senza glutine, Milano, Riza Edizioni, 2015.


Foto tratte da:
Spighe di quinoa: https://blogs.extension.org/mastergardener/2013/02/25/incredible-edibles-great-grains/
Chicchi di quinoa: foto d’autore.


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21/7/2016

Home kitchen garden

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​di Eva Dei
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• Titolo: Home kitchen garden
• Autore: Sandra Longinotti
• Casa Editrice: Nomos Edizioni
• Prezzo: 24,90
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​Ultima uscita della casa editrice Nomos Edizioni per quanto riguarda la sezione Art de vivre. Potremmo dire che si tratta di un libro di cucina, ma la verità è che quello a cui ci troviamo davanti è un libro più complesso, come dice il sottotitolo: Orto in città: botanica, cucina e lifestyle. Home kitchen garden è un libro che coniuga la passione per la natura, la sfida dell’autrice per la realizzazione di un orto cittadino e il fatto di poterne godere a 360°. Consigli semplici, anche per coloro che di giardinaggio non sanno quasi niente, per coltivare delle piante in un vaso sul nostro terrazzo, vederle nascere, crescere e fiorire; e poi utilizzarle sia per abbellire la nostra casa sia per cucinare. Attenzione però, non si parla delle classiche piante da orto o di piante aromatiche, ma soprattutto di fiori eduli. Quattordici piante comuni o spontanee, note o meno conosciute, formano i quattordici capitoli del libro, dopo una breve introduzione in cui l’autrice, Sandra Longinotti, ci spiega come nasce questo libro, dandoci degli utili consigli per la sua consultazione. Tutta l’esperienza dell’autrice, giornalista e food stylist, si riversa in questo libro, in cui la fanno da padrone le magnifiche foto di Marino Visigalli e l’attenzione che è stata dedicata a ciascuna pianta. Dalla cipolla all’amaranto, passando per la viola, il finocchietto e la begonia, ogni capitolo ci presenta una pianta, prima con un descrizione generica, poi con una vera e propria scheda botanica. Seguono vari consigli per la coltivazione e i molteplici utilizzi della pianta, sia in casa, con consigli per decori originali, che in cucina, nella preparazione di gustose ricette.
Un libro che è un invito a conoscere la natura, apprezzandola in ogni suo aspetto.
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Grazie alla grande disponibilità e gentilezza della casa editrice Nomos Edizioni è stato possibile fare alcune domande anche a Sandra Longinotti, autrice del libro; le trovate di seguito sperando che possano aiutarvi a capire e apprezzare ancora di più questa pubblicazione.

Eva Dei: Il suo libro è davvero particolare; non lo definirei semplicemente un ricettario, ma nemmeno un libro di cucina. Oltre a ricette e consigli su come utilizzare i prodotti c'è anche una loro scheda botanica, curiosità, metodi di coltivazione e impieghi che vanno al di là della sfera alimentare. Cosa le ha fatto preferire una struttura di questo tipo?

Sandra Longinotti: È un collegamento di idee nato con l'idea stessa. La bellezza di un fiore come quello di cipolla, che nasce da un bulbo che si usa comunemente in cucina. Se lo utilizziamo per un soffritto non potremo farlo fiorire, ma se lo piantiamo in un vaso quando fiorirà potremo decidere se ammirarlo sul nostro balcone o trasformarlo in segnaposto, o ancora se aggiungere l'aroma e la bellezza di quel fiore a un piatto.
 
E. D. : Cosa ha scatenato il suo interesse per i fiori eduli? Curiosità, particolarità di gusto, versatilità..?
S.L. : Bellezza, forma, colore, gusto, profumo e non ultime le sorprendenti qualità di alcuni fiori eduli e delle piante a cui appartengono. Il fiore della viola del pensiero ad esempio è ricchissimo di antiossidanti, soprattutto nelle tinte blu e rosso. Le foglie di nasturzio sono piccanti e contengono vitamina C, la begonietta purifica l’aria e di notte emette ossigeno, i semi di amaranto sono proteici, ricchi di lisina e privi di glutine.

E.D. : Per ogni fiore che c'è nel suo libro ha fatto un'analisi accurata a 360°. Quanto sono importanti per lei le materie prime nella realizzazione di una pietanza? Quando fa la spesa presta attenzione alla stagionalità, al luogo di provenienza, al metodo di produzione?
S. L. : Gli ingredienti sono fondamentali per la riuscita di un piatto e capaci di cambiarne il risultato, quindi sceglierli in modo appropriato diventa cruciale. È’ fondamentale la freschezza quanto gli altri parametri che cita, anche se non è facile capire a occhio il metodo di produzione. Per questo bisogna selezionare i fornitori e a volte rinunciare alle colture di prossimità quando non possono offrire quanto stiamo cercando. E per fiori, aromi e tocchi di sapore preferire sempre quanto si è coltivato personalmente nel proprio orticello in vaso, fuori e dentro casa.

E. D. : Nel suo libro oltre che di cucina si parla anche molto di coltivazione sia in aperta campagna sia sul terrazzo della propria casa. Perché la coltivazione del prodotto è un altro fattore centrale nella sua narrazione?
S. L. : Per l’energia che danno le piante, il piacere di vederle crescere, l’attesa, la sorpresa. E perché sappiamo tutto solo di quanto si è coltivato personalmente, e poi la comodità di allungare una mano per staccare un fiore, una foglia all’ultimo momento e aggiungerla a un piatto nel momento della sua massima freschezza.

E. D. : I prodotti che ha scelto come protagonisti del suo libro sono 14. Li ha scelti in base alla loro reperibilità, per gusto personale o secondo qualche altro criterio?
S. L. : Li ho scelti per le loro particolarità e diversità, anche di epoche di fioritura in modo da avere a disposizione fiori eduli freschi tutto l’anno.

E. D. : Infine so che ama cucinare fin da quando era piccola. A quale delle ricette di Home Kitchen Garden è più legata? Quale consiglierebbe ai nostri lettori di cucinare o di condividere con i propri cari?
S. L. : Naturalmente tutte, sono ricette semplicissime e realizzabili con pochi ingredienti, ricette che tutti possono eseguire e dal food styling facilmente replicabile, perché preparare un piatto non dev’essere una prova ma un piacere da realizzare con successo: abbiamo sempre meno tempo libero ma vogliamo comunque ottenere i migliori risultati e far capire ai nostri ospiti che abbiamo pensato a loro, per questo è bello poter uscire sul balcone e staccare un fiore, unico come ognuno di loro, per farlo trovare a tavola sul loro tovagliolo, non solo come segnaposto ma come pensiero, un pensiero sottile.

Link per approfondire:
http://www.nomosedizioni.it/index.php
https://www.facebook.com/NomosEdizioni/?fref=ts
http://blog.sandralonginotti.it/

Foto tratte da: foto fornite dalla casa editrice Nomos Edizioni.

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14/7/2016

Gli pseudocereali: Amaranto

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Primo appuntamento con i cereali senza glutine
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di Eva Dei

Pseudocereali. Cosa si intende con questo termine? Per capirlo con chiarezza dobbiamo prima essere sicuri di quale sia la definizione di cereali.
La parola “cereali” deriva dal nome della dea romana della fertilità Cerere. “Cereali” non designa alcuna classificazione botanica; normalmente si usa questo termine per definire alcune piante appartenenti alla famiglia delle Graminacee, il cui frutto, ricco di amido, viene direttamente mangiato o lavorato per produrre altri prodotti alimentari, come per esempio la farina.
In base a questa descrizione possiamo definire pseudocereali tutti quei frutti o semi ricchi di amido che non appartengono alla famiglia delle Graminacee, ma che mantengono molte delle caratteristiche nutrizionali e qualitative dei cereali propriamente detti. Inoltre sono privi di glutine, caratteristica che li rende un’ottima alternativa per i celiaci e per coloro che hanno delle intolleranze al glutine. Proprio come i cerali possono essere utilizzati per varie preparazioni, dagli antipasti fino ai dolci; si trovano in chicchi semplici, soffiati, in farina o in germogli.

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In questo articolo ci soffermeremo su uno degli pseudocereali più antichi dell’umanità: l’amaranto. Originario del Centroamerica, ebbe il suo periodo di massimo splendore sotto gli Atzechi, che lo chiamavano “grano degli Dei”. Considerato sacro, non era usato soltanto in campo alimentare, ma anche durante le cerimonie religiose. L’amaranto veniva infatti impastato con altri ingredienti per modellare statuette raffiguranti le divinità; queste venivano prima onorate e poi divise tra i partecipanti, in un gesto che simboleggiava la distribuzione e condivisione della forza divina.
Era quindi una pianta ampiamente diffusa e coltivata, ma la sua fortuna subì un forte arresto con l’arrivo dei conquistadores. Nel tentativo di sopprimere gli usi e i costumi locali per favorire la conversione al cattolicesimo e la coltivazione di piante a loro più familiari, i conquistadores distrussero le coltivazioni di amaranto. La riscoperta di questa pianta e la sua nuova diffusione si è avuta soltanto negli anni Settanta, quando vari studi evidenziarono le sue notevoli proprietà nutritive.


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L’amaranto è una pianta di facile coltivazione, di cui esistono più di 60 specie. Anche le foglie della pianta sono commestibili, facilmente assimilabili agli spinaci o alle bietole. I chicchi hanno un sapore dolciastro, con sentori di nocciola. Prima di utilizzarli in cucina devono essere sciacquati con abbondante acqua fredda, in modo da eliminare eventuali residui di saponine (tossiche in grandi quantità, rendono la pietanza amara). Principale caratteristica nutrizionale dell’amaranto è l’elevato contenuto di proteine, che a loro volta contengono lisina, un amminoacido essenziale di cui sono carenti quasi tutti i cereali. È inoltre ricco di fibre e sali minerali come calcio, fosforo, magnesio e ferro.
Sugli scaffali dei supermercati oggi si trovano facilmente sia i chicchi sia la farina di amaranto. I chicchi possono essere utilizzati sia asciutti che in brodo, una volta cotti assumono una consistenza un po’ gelatinosa che porta a preferirli accompagnati con altri cereali o legumi. In alternativa si possono realizzare polpette o crocchette. Essendo molto piccoli possono anche essere aggiunti ad impasti dolci e salati, a cui donano una consistenza croccante. Una volta soffiati (procedimento che si può fare tranquillamente a casa nello stesso modo in cui si realizza il pop corn) sono ottimi per realizzare biscotti, musli e barrette. Infine ammollando i chicchi in acqua si ricava un latte vegetale facile da preparare anche in casa e ovviamente privo di lattosio.
La farina è ideale per realizzare crespelle o prodotti non troppo lievitati, come biscotti e gallette; per preparare il pane occorre invece mescolarla ad altre farine in percentuale non superiore al 30%.


Bibliografia
B. Polvani, Quinoa, amaranto e grano saraceno,Firenze, Terra Nuova Edizioni, 2015.
A tavola con i cereali, a cura di B. Minerdo, Bra, Slow Food Editore, 2016.
Quinoa e tutti i cereali senza glutine, Milano, Riza Edizioni, 2015.


 Foto tratte da:
Pianta di amaranto: http://www.katieguarato.it/alimento-della-settimana-amaranto/
Chicchi di amaranto: foto d’autore

 

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7/7/2016

Sa coxina sarda

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Un tuffo nella gastronomia della Sardegna
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di Eva Dei
La Sardegna è una delle mete italiane estive più gettonate, famosa per il suo paesaggio e per la bellezza delle sue coste. Ma l’acqua cristallina non è l’unica ricchezza di questa regione: il suo assetto geografico, ne ha fatto un territorio dalle tradizioni radicate, fiero della sua lingua e dei suoi usi e costumi. La gastronomia stessa è legata alla morfologia dell’isola, ricca di piatti a base di pesce, trattandosi di un’isola, ma anche ancorata alla tradizione pastorale, su cui specialmente le zone centrali hanno basato la loro economia. Quest’ultima caratteristica si riflette non solo nella scelta delle materie prime, ma anche in una cucina semplice dai sapori decisi.
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Elemento chiave della cucina sarda è il grano con cui si preparano svariati prodotti tipici. Primo fra tutti il pane carasau formato da sfoglie sottili e tonde che vengono cotte al forno in modo da diventare croccanti. Questo pane era molto usato dai pastori durante la transumanza in quanto semplice da realizzare, di lunga conservazione e duttile nei suoi usi. Lo stesso pane condito con pomodori e uova prende il nome di pane frattau, mentre se è condito con olio e sale viene chiamato pane guttiau. Sempre con il grano si è preparano i malloreddus, conosciuti anche come gnocchetti sardi, tipica pasta condita abitualmente con il sugo alla campidanese, fatto con pomodoro, salsiccia al finocchietto e abbondante pecorino grattugiato.
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Sempre tra i primi vanno menzionati i culurgiones, tipici ravioli ripieni di formaggio e patate o ricotta e la fregula, pasta di semola lavorata in palline più o meno grandi tostate in forno.Quest’ultima può essere cucinata in brodo di carne come una minestra o risottata con arselle o altro pesce.

Ricetta
Fregula risottata con il pesce

Questo piatto è davvero molto semplice e gustoso. Basta cucinare la fregula proprio come se fosse un risotto. Dopo aver scaldato l’olio con uno spicchio d’aglio e del peperoncino aggiungere la fregola e far tostare un paio di minuti. Portare a cottura aggiungendo del brodo, in questo caso meglio se di pesce. A metà cottura aggiungere i pomodorini a pezzetti, mentre quando la cottura è quasi ultimata aggiungere il pesce che si preferisce,vongole, cozze, gamberetti o altro. Lasciar asciugare il tutto, senza che diventi troppo secco, eliminare il peperoncino e l’aglio e spolverizzare con del prezzemolo tritato. Buon appetito!


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Tra i secondi spicca il famosissimo porceddu: maialino da latte cotto allo spiedo e aromatizzato con rametti di mirto e alloro. Vista la diffusione della pastorizia un’altra carne molto usata è quella di agnello, sempre cotta alla griglia o stufata con pomodoro e finocchietto. Sulla costa ovviamente dominano le grigliate a base di pesce, la bottarga di muggine o di tonno (uova essicate) e la ventresca di tonno (parte più pregiata del tonno rosso, è anche quella più grassa, ma anche più saporita e tenera).
Per lo stesso motivo la Sardegna è molto ricca anche di prodotti caseari, formaggi di vari tipi che impiega nei suoi piatti, dagli antipasti fino ai dolci. Si parte dal più comune pecorino sardo, alle ricotte, i formaggi caprini fino al casu marzu, un particolarissimo formaggio di pecora dal gusto deciso e piccante, dovuto alla sua colonizzazione da parte delle larve di una mosca (Phiophila casei).
Arriviamo infine ai dolci. Gli ingredienti dominanti sono le madorle, che ritroviamo negli amaretti e nelle aranzada (tipico dolce simile a un torrone morbido composto da bucce d’arancia, mandorle e miele), il mosto cotto, usato per il pane ‘e sapa, per i pabassinas e per le caschettas e come già detto anche il formaggio, pecorino fresco per le famose sebadas o seadas, la ricotta per le casadinas o pardulas. Per completezza è giusto ricordare anche i vini, il Vermentino tra i bianchi e il Cannonau tra i rossi. In abbinamento ai dolci abbiamo invece la Malvasia e il Moscato, mentre come liquori come non nominare il Mirto e il File ‘e ferru, acquavite delle zone di Oristano.


Sebadas o seadas
Ricetta per 10-12 seadas. Realizzare la pasta delle seadas con 700 gr di semola di grano, 20 ml di olio d’oliva, un bicchiere di acqua e un pizzico di sale. Impastare bene fino ad ottenere una pasta elastica. Lasciarla riposare un attimo e intanto preparare il ripieno. Tagliare a pezzettini del pecorino sardo molto fresco. Farlo sciogliere in padella, aggiungendo solo la scorza di un limone. Mescolare bene e una volta sciolto lasciare adensare un attimo nella padella a fuoco spento. Dopo di che far colare il formaggio a forma di 10-12 dischetti su un vassoio. A questo punto stendere la pasta e tagliarne 20-24 cerchi grandi usando una tazza grande o una ciotolina. Posizionare i dischetti di formaggio sopra un cerchio di pasta e richiuderli con un altro cerchio di pasta a formare un raviolo. Proseguire così per tutte e 10-12 seadas. Ripassare con il matterello sopra ogni seadas in modo da chiudere bene i bordi. Ripassare la tazza sopra il raviolo, tagliando via l’eccesso di pasta. Friggere in olio di semi ben caldo ogni seadas e versarci sopra abbondante miele. Buon appetito!



 Per il prezioso aiuto e la ricetta delle Seadas voglio ringraziare la simpaticissima famiglia Cappai al completo.


Foto tratte da:
Bandiera sarda: http://www.domuscorallia.com/blog/tradizioni-sarde-bandiera-quattro-mori/
Malloreddus, Fregula e Seadas: foto d’autore


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