La zucca è un alimento salutare che si raccoglie da settembre a novembre. La sua origine è controversa e un po’ incerta; quest’ortaggio era conosciuto e coltivato, in varietà diverse sin dai popoli più antichi, tra cui gli Egizi, i Romani, gli Arabi e i Greci. Fu importata con molta probabilità dall’Asia Meridionale, più precisamente dall’India.
La sua coltivazione ha avuto fin dall’inizio scopi solo alimentari. Gli antichi Romani, una volta svuotata dalla polpa e fatta essiccare, utilizzavano la zucca come contenitore per il sale, latte o cereali o addirittura ne ricavavano piatti, ciotole, cucchiai. In seguito fu utilizzata per la costruzione di strumenti musicali come le maracas. Fu conosciuta e apprezzata dagli europei solo dopo la conquista delle Americhe quando Cristoforo Colombo; né arrivavano di varietà e forme più disparate. Inizialmente questo ortaggio non godette di ottimo prestigio, in quanto comunemente ritenuto un cibo della bassa plebe. Le successive e lunghe carestie fecero cadere i pregiudizi su questo prodotto e iniziarono a essere apprezzate anche dalle classi sociali più abbienti. Anche se inizialmente di quest’ortaggio colpì la sua stranezza, ci si accorse in seguito che la sua polpa, già ottima da sola, se preparata con condimenti e aromi giusti, era molto versatile e poteva diventare la protagonista indiscussa di un’ infinità di preparazioni dolci e salate. Fatta al forno, in umido, fritta in fettine sottili, in zuppe, in delicate creme, in minestre e in risotti, ma può anche diventare un ripieno particolare e molto apprezzato per i tortelli. L’origine del suo nome potrebbe derivare dal latino cocutia che significa testa; nel tempo il suo significato si è trasformato da cocuzza a cozucca (termine ancora utilizzato nelle lingue dialettali di alcune regioni meridionali). Zucca Hokkaido, zucca gialla quintale, zucca Butternut, la Marina di Chioggia, l’americana, sono tra i tipi di zucca più conosciuti e diffusi, ognuna apprezzata per le proprie caratteristiche peculiari morfologiche, cromatiche, di consistenza e sapore della sua polpa.
Altre varietà spiccano per la loro bizzarria e particolarità estetica. Tra questi innumerevoli tipi ricordiamo la zucca blu americana e la mini zucca bianca “Baby boo”. Esiste un tipo di zucca, la “Spaghetti Squash”, la cui polpa dopo la cottura si disfa in filamenti simili a spaghetti. La zucca Luffa cilindrica o Luffa aegyptica, molto simile agli zucchini e ai cetrioli, è una pianta della famiglia delle cucurbita, molto coltivata in oriente, che oltre a scopi ornamentali, viene usata anche per la preparazione di spugne vegetali.
Nell’acquistare una zucca sceglietene una senza ammaccature, con consistenza soda, che abbia mantenuto il picciolo morbido. Provate a dare dei colpetti alla sua scorza e prediligete quelle che producono un rumore sordo. Potete conservarla in un posto fresco, asciutto e poco luminoso, ma una volta aperta è meglio conservarla in frigorifero, coprendola con una pellicola trasparente. Se pur di non elevato valore nutritivo, la zucca è un vero e proprio toccasana per il nostro organismo. Ricca di vitamine A, B, C, risulta un alimento adattissimo nelle diete ipocaloriche e ipoglicemiche; possiede elevate doti lassative, il suo consumo riduce il livello di lipidi nel sangue, attiva la riduzione dei tessuti adiposi, decongestiona il pancreas e rafforza il sistema immunitario. Immagini tratte da : https://cdn.pixabay.com/photo/2017/09/12/06/16/pumpkin-2741379__340.jpg https://www.kerneliv.dk/1951-large_default/pumpkin-baby-boo-.jpg http://tuttosemi.com/images/hubb.jpg http://www.amma-italia.it/wp-content/uploads/2009/06/hokkaido-1.jpg Potrebbe interessarvi anche:
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Era l’aprile del 2014 quando al numero 47 di via S. Maria a Pisa aprì per la prima volta i battenti Filter Coffee Lab. Oggi, a distanza di tre anni, è una certezza per clienti affezionati e un luogo di ritrovo per numerosi studenti. Una coffeehouse in stile angloamericano dove fermarsi per un tè caldo, un soffice muffin, un brunch domenicale ricco e gustoso o come dice la parola stessa, dove gustare un buon caffè. Ma a questo punto Eleonora e Valentina, le due proprietarie, già mi fermano, dicendomi (giustamente) che se entro e chiedo un caffè, in realtà chiedo tutto e nulla, al massimo un particolare tipo di pianta. Proprio su questa base nasce questo articolo- intervista, con la volontà cioè di imparare qualcosa su quello che ogni italiano pensa sia un orgoglio nazionale. E da chi meglio di loro potremmo farci aiutare? Quindi se amate il caffè, espresso o americano che sia, se la caffeina è la sola cosa che dà senso alle vostre giornate, leggete questo articolo e siate dei consumatori ed estimatori più consapevoli. ![]()
Quindi, abbiamo detto che il primo errore da non fare è entrare in un locale e chiedere un caffè. C’è qualcos’altro a cui dovrei fare attenzione?
Sicuramente al barista! Ci sono alcuni accorgimenti che ti fanno capire se hai davanti una persona competente. Prima di tutto quando toglie il portafiltro, dopo aver eliminato la miscela usata per il precedente espresso dovrebbe pulire l’interno del filtro, in modo che non rimangano residui; per lo stesso motivo dovrebbe effettuare il flush, ossia far scorrere dell’acqua calda dalla macchina, prima di riposizionare il portafiltro. Poi la lancia vapore dovrebbe essere sempre pulita con un panno umido dopo ogni utilizzo, mentre il contenitore dei chicchi di caffè dovrebbe essere sempre trasparente e ben pulito, mai sporco o untuoso, perché in quel caso i chicchi assumono sentori di rancido. Ma entriamo nel vivo dell’argomento: quindi se non parliamo di caffè parliamo allora di espresso e caffè filtrato? Esatto, questa è una prima distinzione da fare. In entrambe le preparazioni si usa del caffè macinato all’interno di un filtro sul quale poi passa dell’acqua calda. Le macchine utilizzate sono però completamente diverse e il modo in cui l’acqua passa nel filtro decreta la differenza del risultato. Il caffè espresso, o all’italiana (così chiamato perché in Italia abbiamo inventato la macchina per prepararlo e, ben inteso, non la bevanda), prevede che l’acqua scenda a una certa pressione. Il risultato è una bevanda più concentrata, con un sottile strato di crema color nocciola. Nel caffè filtrato (chiamato anche americano o all’americana) l’acqua scende soltanto sotto effetto della forza di gravità: ne consegue una bevanda maggiormente diluita.
Si usa una miscela diversa per preparare il caffè filtrato rispetto a quella che si usa per l’espresso?
Sì, generalmente vengono usate delle miscele più chiare, meno tostate. Il caffè filtrato non deve mai risultare amaro. Continuando a parlare di miscele, si sente spesso parlare di Robusta o Arabica. Quali sono le principali differenze tra le due tipologie? Allora, Robusta e Arabica sono le due principali varietà della pianta di caffè. La prima è un albero che cresce più o meno ovunque nella zona equatoriale; la seconda ha invece forma arbustiva, cresce soltanto ad altitudini elevate e su terreni particolari (per esempio terreni vulcanici). Ovviamente queste caratteristiche rendono per ragioni di mercato l’Arabica più pregiata, mentre la Robusta per le stesse ragioni è più economica e più diffusa. Se avessi davanti due caffè espresso realizzati entrambi con delle miscele di buona qualità, uno con Arabica e uno con Robusta, quali differenze avvertirei all’assaggio? Prima di tutto la crema con miscela Robusta è più consistente, mentre a livello di sapore sono più sviluppati flavour tipici come gradite, carta e legnoso. Nell’Arabica invece i flavour caratteristici sono: fruttato, dolce, cioccolato e floreale. Invece qual è il procedimento base semplice per degustare un caffè espresso? Come regolare diciamo che non si dovrebbe mai zuccherare, perché lo zucchero altera il sapore. Poi come già detto, un buon espresso deve avere sulla superficie una sottile crema color nocciola; questa deve poi rompersi a contatto con il cucchiaino. Una volta girato con il cucchiaino (n. b: il caffè va sempre girato!), ci si concentra sugli odori e poi sul sapore. I flavour più negativi sono il chimico, il cartonato e il legnoso, mentre quelli migliori sono il fruttato, il floreale, il dolce e il cioccolato. Così come per il caffè esistono dei segreti per riconoscere un buon cappuccino? Certo. Il cappuccino è una bevanda formata da tre parti in ugual proporzione: caffè, latte e crema di latte montata. Quest’ultima deve risultare vellutata, morbida e priva di bolle d’aria. Altro requisito fondamentale: il nostro cappuccino non deve superare mai i 65° C. Se la temperatura è minore il latte non si monta, mentre se è maggiore il latte con il caffè fa reazione e produce il tannato di caseina, che risulta indigeribile per il nostro organismo. Una temperatura troppo alta del cappuccino è la causa più probabile dei disturbi che conseguono la sua consumazione.
Spesso nelle case degli italiani non c’è una macchina per l’espresso ma una moka. Anche qui avete da darci qualche consiglio?
In realtà la moka è la macchina che lavora nel modo peggiore, però sì, anche in questo caso ci sono degli accorgimenti per “limitare i danni”. La cosa migliore è far bollire l’acqua da sola e soltanto quando questa è in ebollizione, aggiungere il filtro con la polvere e chiudere il tutto. Questo perché l’acqua scaldandosi scalda il filtro che inevitabilmente brucia la polvere del caffè prima che l’acqua la raggiunga. Invece tutte le teorie sulla quantità di polvere e il fatto che debba essere più o meno pressata sono in realtà prive di fondamento per un buon risultato finale. Da questa veloce chiacchierata è sempre più chiaro che quello del caffè è un vero e proprio mondo. Voi cosa fate per farlo conoscere? Innanzitutto formiamo il nostro personale e credimi, non è una cosa così scontata. Dall’anno scorso abbiamo poi iniziato a fare degli incontri di degustazione per i nostri clienti. Erano tutti incentrati sull’espresso e abbiamo cercato di aiutarli a percepire le macro differenze tra miscele diverse. Abbiamo avuto un buon riscontro e pensiamo di riproporli a primavera, magari facendone qualcuno anche con caffè filtrati. Infine io personalmente (Valentina) partecipo a gare di assaggio. La competizione si chiama Cup Tasting: ognuno ha otto postazioni in cui trova tre tazze di caffè. Due sono uguali, mentre una è differente. Per ogni postazione il concorrente deve essere in grado di riconoscere quello diverso. La competizione si svolge prima su scala nazionale, poi il vincitore di ogni Paese partecipa alla finale Internazionale. Quest’anno ho già passato le semifinali e mi preparo per la finale che si svolgerà a gennaio a Rimini.
Bene, siamo arrivati alla fine del nostro incontro…Ci siamo dimenticati di dire qualcosa di importante?
Beh, volendo potremmo dare una piccola anticipazione: nel 2018 Filter si trasferisce in un posto nuovo, più grande e più bello, ma non aggiungiamo altro… E con questa suspense finale vi lasciamo e vi invitiamo a gustare davvero la vostra prossima tazza di espresso o caffè filtro. Ovviamente da Filter! Foto tratte da: Foto gentilmente fornite da Filter Coffee Lab.
È stata un’annata infelice per i raccolti della nostra penisola. La siccità di lungo corso continua a persistere, con deficit di pioggia fra il 20 e il 60%.
Una tale criticità perdurante, il caldo costante e gli incendi passati, hanno dato e stanno dando i loro “amari frutti”, facendo crollare i raccolti di tutti i prodotti presenti nella dieta mediterranea e, in molti casi, impennare i prezzi. Per piante come l’olivo, il calo è stimabile in un 50% e ha riguardato gran parte delle zone vocate. Dove si sono avuti meno problemi e le olive sono rimaste sulla pianta, la qualità sembra ottima, anche per l’assenza della mosca olearia che aveva imperversato nelle passate stagioni. Questo farà temere un calo quantitativo medio dell’olio extravergine di oliva, pari all’11% rispetto alla media dell’ultimo decennio e un aumento fino a 3 euro del prezzo al litro. Sul raccolto delle mele abbiamo avuto un calo medio del 23% rispetto a quello della scorsa stagione, con punte del 60% in Trentino, evidenziandosi un calo per tutte le varietà nazionali. L’ultima vendemmia è stata una delle più scarse del dopoguerra, si sono prodotti 40 milioni di ettolitri di vino, un calo consistente rispetto ai 54 milioni dell’anno passato. I 6000 euro al chilo del tartufo bianco di Alba, anche se non incideranno massicciamente sulla comune economia domestica, rappresentano senza dubbio un sostanziale indicatore degli effetti prodotti quest’anno, da siccità, incendi e anomalie climatiche, sulle coltivazioni agricole e sui boschi italiani. Di sicuro, sarà più importante ottenere un buon rapporto qualità prezzo per prodotti di uso più comune come funghi, miele, vino, olio di oliva e verdure in generale per niente risparmiati da questi fenomeni.
La Coldiretti quantifica i danni in 2 miliardi di euro. Esprime preoccupazione perché, anche se in alcuni casi le quotazioni alla produzione sono aumentate, per certi settori agricoli i danni causati ai raccolti sono tali che difficilmente potranno risparmiare i produttori. Tutto questo accade proprio adesso che in Italia c’è stata una ripresa record nei consumi di frutta e verdura per effetto di una decisa svolta salutista. Come una delle principali associazioni di categoria del settore, invita il consumatore alla prudenza e all’attenzione al momento dell’acquisto, registra già dal mese di ottobre aumenti del 12,2% sui vegetali freschi e del 4,7% sulla frutta fresca. Di sicuro, su molte categorie di prodotti colpiti, ci saranno tentativi di contrarre i rincari. Invita pertanto il consumatore a leggere bene l’etichetta al momento dell’acquisto e a verificare che si trattino di prodotti italiani, perché in alcuni casi il prezzo potrebbe essere esagerato rispetto alla reale qualità della merce o comunque garantire un profitto soltanto al dettagliante. Si potrebbe ricorrere alle importazioni dall’estero per quei prodotti che hanno subito danni dalla siccità, ma così il ricarico sul consumatore sarebbe alto. Si rischia di pagare come raro un prodotto che altrove raro non è.
Foto tratte da: https://image.3bmeteo.com/images/newarticles/w_663/i-deficit-pluviometrici-del-2017-secondo-le-elaborazioni-dell-isac-cnr-3bmeteo-79414.jpg http://iltirreno.gelocal.it/polopoly_fs/1.15500887.1497692140!/httpImage/image.JPG_gen/derivatives/detail_558/image.JPG https://encrypted-tbn0.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcRHVPpzOntwqXkKi8G0U0gTyCk3HW2oJt8ojKFHx-RwC4zoFrcX https://encrypted-tbn0.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcR0ZHHIR3XUgwjvMWMwBg_3BPSSvNfxtYaORAZICYygWkbpB3LBSw
Provenienti dagli Stati Uniti sono arrivate con grande successo anche nelle cucine italiane: stiamo parlando delle mug cakes, soffici tortine monoporzione da preparare in tazza e cuocere al microonde. Il loro nome deriva proprio dalla “mug”, nome inglese della tazza con il manico. Anche se ormai in commercio si trovano anche dei preparati, realizzarle è davvero semplice, a prova di qualsiasi novizio dell’arte culinaria.
Una quantità ridotta di ingredienti di facile reperibilità: un uovo, zucchero e farina misurati in cucchiai, una fettina sottile di burro, un po’ di lievito e il gioco è fatto! Il segreto per realizzare queste torte spugnose, con una consistenza quasi simile a quella di un soufflè, è la quantità piuttosto alta di grassi (vegetali o animali) e, spesso, di un uovo intero a porzione. Si può mescolare tutto all’interno della tazza con una forchetta o una piccola spatola flessibile, oppure in una ciotola per farlo più agevolmente, qualche minuto in microonde a 800 watt e la tortina lieviterà davanti ai vostri occhi pronta per essere gustata. Ovviamente ci si può sbizzarrire con la fantasia aggiungendo frutta, yogurt, cacao o cioccolato all’impasto per ottenere una mug cake sempre diversa; come se fosse un piccolo muffin in tazza niente vieta di arricchirla con topping, glassa, ganache, creme o gelato.
Per realizzarle al meglio è necessario seguire solo alcuni semplici accorgimenti:
Foto tratte da: http://blog.edoapp.it/arrivano-le-mug-cakes-e-non-solo-quelle/ Potrebbe interessarti anche:
Le castagne che mangiamo normalmente sono il frutto del castagno (Castanea sativa mill), si differenziano da quelle dell’ippocastano di cui invece ne sono i semi. La pianta da cui derivano è originaria dell’Europa meridionale, Nord Africa e Asia occidentale. É presente oltre che in Italia, anche nelle coste atlantiche del Marocco, sulle rive del mar Caspio e nel sud dell’Inghilterra. I castagneti da frutto sono ormai molto ridotti in Italia, decimati dal “Mal d’inchiostro” e dal cancro, anche se negli ultimi anni si sta procedendo a un tentativo di recupero.
Le regioni in cui troviamo maggior attività di castano-coltura sono Sicilia, Lazio, Piemonte e la Toscana, dove spicca la castagna del Monte Amiata IGP. Le castagne sono un frutto sorprendente: si nascondono in un guscio irto e spinoso (il riccio), ma quando escono mostrano il loro vero carattere, versatile e dolce. Esse hanno un alto valore nutritivo, sono ricche di zuccheri, glucidi, protidi e sali minerali. Conosciute fin dall'antichità, erano considerate un vero e proprio alimento di base, un cosiddetto “pane dei poveri”, sostituivano in tutto e per tutto i più pregiati cereali, ricoprendo un ruolo da protagoniste in cucina. Si suddividono in 4 gruppi varietali ben distinti: Marroni, Castagne, Ibridi Eurogiapponesi, Giapponesi. I Marroni sono particolarmente ricercati sul mercato e riescono a spuntare prezzi elevati; hanno una forma più arrotondata, sono più grossi, a forma di cuore, con la buccia di colore biondo dorato leggermente striata. La loro polpa, che si stacca facilmente dalla pellicola interna, è di sapore dolce. Presentano, nell’interno della buccia, i frutti interi, non settati, con la pellicola (episperma) che non penetra nella polpa e che si stacca con facilità nelle operazioni di pelatura. Sono destinati alla trasformazione industriale e al consumo fresco. Le castagne sono più piccole e caratterizzate da una pellicola interna che penetra in profondità della polpa, in qualche caso fino a dividerla (frutti settati). Questi hanno una duplice destinazione: consumo fresco e trasformazione in castagne bianche secche e, per alcune varietà, in castagne confettate. Hanno prezzi sensibilmente inferiori rispetto ai marroni edagli ibridi. Sono di solito non molto dolci, appaiono schiacciate da un lato, con la buccia di colore bruno scuro lucido, brillante e uniforme. Gli ibridi Eurogiapponesi e Giapponesi sono frutto di incroci naturali o guidati tra castagni di specie diverse nati per facilitarne la coltura e la resistenza alle malattie.
Grazie al loro sapore gradevole e dolciastro, sono ottime se lessate in acqua (con l’aggiunta di una foglia di alloro o di un rametto di finocchio selvatico). Possono essere anche arrostite, glassate o seccate. Sono utilizzate per la preparazione di dolci o piatti salati o per la farcitura. Una volta macinate, se ne produce una farina dolce con cui viene preparato il castagnaccio, piatto tipicamente autunnale, in Italia localmente conosciuto come castignà, migliaccio, baldino, toppone. È composto da farina di castagne, acqua, una manciata di pinoli, uvetta sultanina e rosmarino. Con la stessa farina si possono realizzare i Necci, piccole frittelle sottili cotte alla brace negli appositi testi di ferro.
Foto tratte da: Foto 1: www.http://www.eticamente.net/wp-content/uploads/2015/10/Lillianes_Castagne_-e1444245695837.jpg 1.jpg Foto 2: http://www.thebluebirdkitchen.com/wp-content/uploads/2015/11/MG_8445-copia.jpg Foto 3: http://www.carrefour.it/sites/default/files/Montblanc-piatto.jpg Foto 4: https://www.palermo-ristoranti.it/wp-content/uploads/2016/10/zuppa-di-castagne.jpg |
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