di Giuliano Sandroni Il castagnaccio è un dolce autunnale “povero” dalla consistenza corposa e dal gusto molto particolare diffusissimo nelle zone appenniniche tra Emilia Romagna, Liguria e Toscana considerata la sua patria natale. È ottenuto con farina di castagne, acqua, olio extravergine di oliva, una manciata di uva passa, pinoli e aghi di rosmarino cosparsi sulla superficie – che rilasciano nell’impasto il loro penetrante profumo e che secondo la leggenda conferiscono allo stesso poteri magici rendendolo filtro d’amore. Perciò se una fanciulla avesse offerto un pezzetto di castagnaccio al giovane di cui era innamorata, questi ne avrebbe presto ricambiato i sentimenti e condotta all’altare. Nell’ ‘800 in castagnaccio si diffonde in tutta Italia sia nella sua versione monoporzione che in teglia dove viene indicato con appellativi diversi a seconda della città. E’ un dolce gustoso che viene cotto in forno fino a diventare di un bel colore marrone scuro, con la parte superiore leggermente “screpolata”. Oggi il castagnaccio è proposto in molteplici varianti: spesso il composto di base viene addolcito con lo zucchero o il miele e reso più ricco con semi di finocchio o noci spezzettate, cioccolato, fichi secchi oppure scorzette d’arancia candite, o ancora arricchito con pezzetti di mela aggiunti all’impasto che conferiscono allo stesso una certa morbidezza. In Toscana esistono tre tipi diversi di castagnaccio, chiamato in modi diversi a seconda dello spessore finale della torta: il vero classico castagnaccio è quello alto 2 cm e largo 30 cm di forma circolare. Se dovesse uscire fuori più alto allora viene chiamato toppone, se, al contrario viene fatto sottile come una piadina allora si chiama pattona, ma in questo caso si realizza con un impasto di sola acqua e farina di castagne. Quali sono i trucchi per preparare un castagnaccio perfetto? Per realizzare un composto senza grumi, bisogna amalgamarlo alla perfezione, in modo che risulti liscio, compatto e morbido. Una volta pronto dovrà avere una consistenza umida, che si scioglie in bocca. Una volta pronto, lasciatelo intiepidire e servitelo tagliato a rombi magari accompagnandolo a della ricotta fresca, a un cucchiaio di miele, oppure a della crema di marroni. Gustatelo con un ottimo vino novello, con del Vin Santo, oppure accompagnatelo con del caffè che sapranno di certo esaltarne il gusto e l’aroma. Anche se potrà sembrare strano oltre a poter essere gustato come dolce, il castagnaccio si abbina alla perfezione a pietanze salate, potete quindi servirlo insieme a salumi e formaggi magari rendendolo protagonista dei vostri aperitivi ……state sicuri che riuscirà a sorprendervi. Immagini tratte da: -Immagine 1 da: https://static.agrodolce.it/app/uploads/2020/10/shutterstock-366872468-980x400.jpg -Immagine 2 da: Foto n2 : https://www.ilgolosomangiarsano.com/wp-content/uploads/2015/10/castagnaccio.jpg -Immagine 3 da: n3https://i.pinimg.com/originals/fe/27/3e/fe273e84432c1faad49befeca80c795c.jpg Ti potrebbe interessare anche :
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COMUNICATO STAMPA Dal 15 al 18 ottobre all’Ippodromo del Visarno 4 giorni con il meglio del cibo di strada e delle birre artigianali Dopo il pienone dell’anno scorso, torna a Firenze, da giovedì 15 a domenica 18 ottobre, il Finger Food Festival, manifestazione itinerante che porta nelle città italiane le eccellenze del cibo di strada e delle birre artigianali. Un universo di gusti e profumi che troverà casa all’Ippodromo del Visarno, nel parco delle Cascine: l’ingresso è gratuito e Finger Food Festival è pronto ad accogliere i gourmand toscani da mezzogiorno a mezzanotte (giovedì e venerdì apertura ore 18). Per quattro giorni si incontreranno vere eccellenze del cibo di strada, tra cui prodotti dop e igp del territorio e molti prodotti da filiera corta, come gli arrosticini abruzzesi e le bombette di Alberobello, le olive ascolane e il pasticciotto salentino, oltre a tanti altri prodotti tradizionali da altri continenti (anche vegani, vegetariani e senza glutine). Un tripudio di sapori per un “giro del mondo in 80 morsi”. Finger Food Festival si svolgerà in sicurezza e nel pieno rispetto delle norme anti-Covid. Eccellenze gastronomiche presenti al festival: Toscana: Hamburger di Chianina, Lampredotto, Trippa Emilia Romagna: Gnocco Fritto, Tortellini Fritti, Tagliata di Manzo, Hot Dog Bolognese, Fritto misto di pesce, Anguilla alla brace Marche: Olive Ascolane, Olive Tartufate, Fiori di Zucca Fritti Puglia: Bombette, Orecchiette, Burrate, Pasticciotto, Panzerotti Veneto: Birrificio Artigianale Lorenzetto Abruzzo: Arrosticini Calabria: Salsiccia Calabrese DOP alla griglia, Nduja Campania: Carne di Bufala alla Griglia e Mozzarella di Bufala alla brace Sicilia: Pane Ca’ Meusa, Arancine, Cannoli, Cassate, Stigghiola Friuli: Prosciutto San Daniele, Frico Dal Mondo: Cucina Thailandese, Paella, Churros, Tacos Messicani, Carni Argentine, Kurtosalacs Orari della manifestazione: -Giovedì 15 ottobre: dalle 18 alle 24 -Venerdì 16 ottobre: dalle 18 alle 24 -Sabato 17 ottobre: dalle 12 alle 24 -Domenica 18 ottobre: dalle 12 alle 23 L'ingresso è sempre gratuito! L'evento è organizzato in collaborazione con Le Nozze di Figaro Per info: pagina Facebook “Finger Food Festival” fingerfoodfestival@gmail.com di Giuliano Sandroni La mela oltre che ottimo frutto salutare e polposo è ricca di valori simbolici; emblema del peccato originale, simbolo di tentazione. Frutto proibito della conoscenza, di gioventù eterna. Tante sono le opere della pittura fiamminga, tedesca e italiana che vedono la vedono spiccare come protagonista nelle mense popolari e nei banchetti dei grandi cuochi; Questo frutto è inoltre presente nella mitologia, in innumerevoli fiabe, ed in tradizioni pseudo-storiche. C’è la mela caduta sulla testa di Isacco Newton, all’origine della teoria della gravitazione universale. Quella di Gugliemo Tell, che il popolo svizzero si è dato come eroe nazionale o ancora quella di Johnny Semedimela, personaggio della neo-mitologia americana. Ma da dove proviene la mela? è originaria dell’Asia Minore, arrivata in Europa attraversando l’Egitto e la Palestina per giungere in Grecia e poi a Roma,dove preceduta dalla sua fama, viene decantata da poeti come Catullo, Marziale, Orazio e da scrittori come Columella. Al mondo esistono più di mille varietà di mele, anche se tra i banchi del supermercato ne ritroverai circa una decina. La maggior parte delle sostanze nutritive presenti in questo frutto antico che è giunto a noi sopravvivendo alle grandi rivoluzioni storiche, si trova nella buccia. Ecco perché è sempre consigliato acquistare un frutto biologico, in modo da non dover per forza essere sbucciarlo. Il periodo di maturazione delle mele va da fine agosto a fine ottobre, anche se talvolta si riesce ad estenderlo fino a dicembre o gennaio. Tutte quelle vendute successivamente sono cresciute in serra, in atmosfera modificata. E’uno dei frutti più consumati in Italia, infatti se ne mangiano quasi 20 chili a testa in un anno, Ha forti proprietà idratanti ( circa l'85% della polpa è costituito da acqua) abbonda in fibre, sali minerali, proteine, vitamine e zuccheri, presenti in modo equilibrato. Contiene inoltre la pectina, una sostanza che in cucina viene anche utilizzata come addensante, e che in natura aiuta invece a eliminare le tossine presenti nel corpo, in particolare quelle dovute ai metalli pesanti che respiri ogni giorno a causa dell'aria inquinata. Abbonda di polifenoli e i flavonoidi che sono contenuti soprattutto nella buccia e che hanno un altissimo effetto antitumorale in quanto ritenuti particolarmente efficaci contro le forme di cancro che colpiscono il fegato, il colon e il seno. La mela è coltivata in tutto il territorio nazionale, la sua presenza è tradizionalmente concentrata nelle regioni montane e pedemontane, in modo particolare in Valle d'Aosta, in Piemonte, in Veneto e in Trentino/Alto Adige-Süd Tirol. Famosissima quella della Valtellina, che ha conquistato il riconoscimento europeo IGP insieme alla “mela annurca campana”. Frutto semplice é quello della mela, spesso economico, molto versatile in cucina dove può essere consumato crudo al naturale, oppure frullato, centrifugato, arrostito, fritto, essiccato, glassato; viene usato anche come ingrediente principale per produrre Sidro, birra e aceto. “Una mela al giorno toglie il medico di torno”, mai detto popolare fu più veritiero. Immagini tratte da: Foto n1: https://pixnio.com/free-images/people/female-women/nice-face-girl-had-taken-a-bite-out-of-a-green-granny-smith-apple-396x544.jp Foto n2: tastethealps.eu/wp-content/uploads/2018/04/foto-2-mele-1024x683.jpg Foto n3: https://tastethealps.eu/wp-content/uploads/2018/04/foto-2-mele-1024x683.jpg Ti potrebbe interessare anche:
Comunicato stampa | 24 giugno 2020 Too Good To Go, l’applicazione per smartphone che permette ai commercianti e ai ristoratori di mettere in vendita a prezzi ridotti il cibo invenduto a fine giornata, arriva a Pisa e Livorno, due città che per la prima volta giocheranno nella stessa squadra per sostenere i commercianti e riavvicinare i cittadini agli esercizi commerciali di prossimità in tutta sicurezza. Tanti i locali ad aderire all’iniziativa, dai livornesi Manalù e Caviale Giallo ai pisani Cioccorocolato e Pasticceria Frangioni. Pisa e Livorno mettono da parte la loro rivalità storica per allearsi e combattere unite gli sprechi alimentari. Arriva infatti nelle due città toscane Too Good To Go, l’app antispreco che permette a ristoratori e commercianti di proporre ogni giorno le Magic Box, delle “bag” con una selezione a sorpresa di deliziosi prodotti e piatti freschi, rimasti invenduti a fine giornata e che non possono essere rimessi in vendita il giorno successivo. Presente in 14 Paesi d’Europa con oltre 20 milioni di utenti, più di 45mila negozi aderenti e 37 milioni di Magic Box vendute, Too Good To Go ha permesso ad oggi di evitare l’emissione di oltre 90 milioni di kg di CO2. In Italia, Too Good To Go da aprile 2019 ad oggi è stata lanciata ufficialmente in altre 30 città con oltre 3.000 negozi aderenti, più di 600mila Magic Box vendute e 1 milione di utenti. Nei mesi scorsi l’app ha conquistato anche altre due città toscane: Firenze e Prato. “In questo momento di ripartenza e di riapertura delle attività commerciali stiamo assistendo ad un prevedibile aumento degli sprechi alimentari” spiega Eugenio Sapora, Country Manager Italia di Too Good To Go. “Scegliere Too Good To Go e i prodotti delle Magic Box significa sostenere tutti i commercianti che si impegnano a limitare sprechi di cibo e risorse e quando a farlo sono due città con alle spalle una ‘rivalità’ storica il messaggio è doppiamente positivo: per combattere lo spreco alimentare è fondamentale essere uniti”. Con Too Good To Go gli esercenti possono inserire facilmente la disponibilità di box, senza specificare che tipo di prodotti saranno presenti all’interno, basandosi sugli invenduti della giornata. Inoltre la app punta a sensibilizzare gli utenti sull’importanza di un consumo consapevole, assicurando un notevole risparmio e riavvicinandoli agli esercizi commerciali di prossimità, in tutta sicurezza. Per ordinare una Magic Box basta accedere alla app su smartphone e geolocalizzarsi per individuare i locali aderenti: per ritirarla non bisogna far altro che recarsi al negozio nella fascia oraria specificata - generalmente poco prima della chiusura, evitando così i momenti di massima affluenza. Inoltre il pagamento della Magic Box avviene direttamente in app, garantendo il rispetto del distanziamento sociale ed evitando lo scambio di cartamoneta. Tra i locali di Livorno che aderiscono all’iniziativa ci sono ad esempio Manalù, il primo ristorante 100% senza glutine della città, la pizzeria Caviale Giallo, famosa anche per la sua torta di ceci, la pasticceria LEF e il coffee shop Coffee Square 33. A Pisa, invece, le Magic Box si possono trovare presso la pizzeria 2 morsi e via…, da Po'stò, locale ricco di proposte dalla colazione al dopo cena, da Filter coffee lab, dalla pasticceria e cioccolateria Cioccorocolato e da Pasticceria Frangioni. Le box, inoltre, saranno disponibili in entrambe le città anche nei punti vendita Decathlon, con tanti prodotti dedicati agli sportivi come barrette, gel, pasta e integratori proteici. Inoltre NaturaSì, la più importante catena di supermercati specializzata nella vendita di prodotti alimentari biologici e naturali, aderisce a Too Good To Go anche a Pisa e Livorno, dopo aver appoggiato il progetto antispreco in tante altre città italiane. L'app di Too Good To Go è disponibile su App Store e Google Play. Too Good To Go Nata nel 2015 in Danimarca con l’obiettivo di combattere lo spreco alimentare, l’applicazione Too Good To Go è presente in 14 Paesi d’Europa, conta ad oggi oltre 20 milioni di utenti ed è tra le prime posizioni negli App Store e Google Play di tutta Europa. Too Good To Go permette a bar, ristoranti, forni, pasticcerie, supermercati ed hotel di recuperare e vendere online - a prezzi ribassati - il cibo invenduto “troppo buono per essere buttato” grazie alle Magic Box, delle “bag” con una selezione a sorpresa di prodotti e piatti freschi che non possono essere rimessi in vendita il giorno successivo. Gli utenti della app non devono far altro che geolocalizzarsi e cercare i locali aderenti, ordinare la propria Magic Box, pagarla tramite l’app e andarla a ritirare nella fascia oraria specificata per scoprire cosa c’è dentro. Per maggiori informazioni: www.toogoodtogo.it Apre a Pisa un negozio con le eccellenze alimentari toscane e i prodotti gourmet italiani e internazionali L’alta gastronomia trova casa a Pisa in via San Martino e si propone di essere un punto di ritrovo per i buongustai e gli appassionati delle prelibatezze alimentari, anche le più ricercate ed esotiche. Eredi Vincenti Cibum, questo è il nome del negozio in via San Martino 106, nell’elegante fondo dello storico Palazzo Cevoli, nasce da un’idea di Francesco Mezzolla, noto esercente nel campo della moda maschile che ha anche esperienza commerciale nel campo alimentare e dolciario. La crescente sensibilità diffusa verso l’autenticità dei sapori, le colture e le trasformazioni all’insegna del biologico, la straordinarietà dei sapori di alcuni prodotti finora difficilmente reperibili in città, hanno stimolato Mezzolla a intraprendere questa nuova avventura che aprirà i battenti sabato 29 febbraio con un’inaugurazione-evento a partire dalle ore 17. Eredi Vincenti Cibum si propone un’ampia gamma di prodotti di primissima qualità, alimenti di cui si servono chef di grido e che spesso sono citati nelle trasmissioni televisive cult per l’enogastronomia, ma che ora finalmente troveranno spazio anche sugli scaffali di un negozio pisano. La selezione dei fornitori e delle specialità da offrire è avvenuta con la consulenza degli esperti di Casa Tessieri che avvalendosi anche delle professionalità degli chef di Scuola Tessieri, Atelier delle arti culinarie, ha testato i prodotti da esporre. Eredi Vincenti Cibum aderisce a “Vetrina Toscana”, il brand della Regione che valorizza e promuove i prodotti del territorio. E infatti dai cantuccini pratesi, agli oli del Montalbano, alla proposta di vini delle aziende Barbanera e Usiglian del Vescovo, le prelibatezze toscane sono ben in mostra, capitanate da due prodotti dell’eccellenza, come i tartufi e il cioccolato. Dell’azienda i “Tartufi di Teo” di Peccioli sono presenti numerose preparazioni, tutte rigorosamente bio certificate e di filiera cortissima, come oli, creme, salse al tartufo. Un capitolo a sé merita poi la collaborazione tra Eredi Vincenti Cibum e “Noalya Cioccolato Coltivato”, che a Ponsacco produce a partire esclusivamente da selezionate fave di cacao. In via San Martino troveremo la gamma completa delle 33 straordinarie tavolette (22 cru monorigine e 11 blend) e delle creme spalmabili realizzate da Alessio Tessieri che vanta una pluridecennale conoscenza del cacao sul pianeta e una piantagione di proprietà in Venezuela con le rare e raffinate qualità criollo. Se si lascia la Toscana, Eredi Vincenti Cibum offre il meglio anche dell’Italia e del mondo. E allora per gli amanti del caviale ecco le specialità di storione russo e di storione siberiano, mentre dalla Spagna arrivano due qualità di prosciutto Patanegra, da maiali allevati rigorosamente allo stato brado e alimentati solo con ghiande. Sono proposte in confezioni da 80 grammi di fette tagliate a mano, mentre sempre dalla Spagna arrivano le mitiche acciughe del Mar Cantabrico. L’Italia è poi rappresentata dal meglio delle sue produzioni regionali: dai taralli pugliesi, alla pasta di grano duro di Nola; dalle confetture e il miele bio, ai sott’oli e i grigliati di melanzane, zucchine, carciofi; dalle diverse proposte dei pomodori di Corbara al famoso riso Acquerello che da Eredi Vincenti Cibum è presente anche nella ricercatissima qualità con sette anni di invecchiamento. Ma non è finita qui. E allora per scoprire le tante altre specialità, come il variegato mondo degli infusi proposti dalle “Vie del The” di Firenze, non c’è che da far visita al negozio in via San Martino 106, dove ci sarà anche l’esposizione delle produzioni artigianali di Sedute Vintage di Miriam Barbieri. La scommessa è lanciata: l’alta gastronomia a Pisa ora ha un nome e un luogo dove frequentarla e la promessa di Francesco Mezzolla è che si tratta di un cammino solo iniziato, che per strada vedrà tanti eventi di degustazione e show cooking, occasioni di divulgazione e confronto tra esperti, nonché il continuo aggiornamento delle proposte culinarie sugli scaffali. di Giuliano Sandroni In questa stagione basta girare per mercati o supermercati e di cavoli se ne trovano davvero tanti e di ogni specie. Questi ortaggi invernali ricchi di vitamine aspettano solo di essere lessati e gustati in minestre, zuppe, tortini oppure consumati crudi per arricchire insalate. Il cavolo, della famiglia delle crucifere, genere brassica, infatti è uno dei vegetali con più declinazioni, nell’orto e a tavola e ha alti contenuti di fibre e minerali, rilevanti quantità di vitamine , provate proprietà antiossidanti e di capacità preventive dei tumori. L'alto quantitativo di minerali è causa del tipico odore che si sprigiona durante la cottura, e che è dovuto allo zolfo e che è possibile neutralizzare con l'aggiunta di limone o aceto in cottura. Tra le specie di cavoli più comuni troviamo il cavolfiore bianco con forma a fiore, il cavolfiore viola meno diffuso sul mercato è meno conosciuto del precedente, ma di certo non meno saporito, il cavolo verde cimoso, che è conosciuto anche con i nome di broccolo romanesco, ha forma appuntita composta da cimette regolari di un colore verde brillante. Il cavolo cappuccio verde invece, è particolarmente ricco di potassio, ha buone quantità di calcio e fosforo, è considerato anti-raffreddore per eccellenza grazie all’elevato contenuto di vitamina C e allo zolfo, è ottimo disinfettante e tonificante nelle affezioni dell’apparato respiratorio. Il cavolo rosso o cavolo cappuccio rosso è considerato da molti esperti un alimento amico del cuore, in quanto ricco di vitamine e di betacarotene. La verza è una varietà di cavolo, simile al cavolo cappuccio, presenta foglie grinzose, increspate e con nervature prominenti di colore verde intenso, ha alte proprietà antinfiammatorie e protettive per l’apparato gastrointestinale, previene a stipsi. In cucina è utilizzato come ingrediente della Cassoeula, ricetta tipica lombarda e dei pizzoccheri valtellinesi. Esiste inoltre un cavolo con forma completamente diversa da quelli già citati, si tratta del cavolo nero toscano, detto anche cavolo a penna, caratterizzato da lunghe e sottili foglie scure, che fanno acquisire allo stesso l’appellativo di cavolo senza testa. E’ il protagonista indiscusso di zuppe e minestre, tra cui la famosa ribollita toscana, buonissimo anche stufato, nella vellutata, nel cous-cous. siste inoltre una singolare varietà di denominata cavolo cinese che ricorda vagamente la forma della lattuga romana, costituito da foglie carnose e ampie, di colore verde chiaro, il suo interno è quasi bianco e le sue coste sono molto spesse, di colore bianco- argenteo. Questo tipo di cavolo, molto diffuso nella cucina orientale (è uno degli ingredienti base dei famosi involtini primavera), viene spesso abbinato a piatti di carne e pesce, ma può essere consumato anche marinato oppure in salamoia con l’aggiunta di aglio, chili, cipolle e atre spezie. Il cavolo marino è una pianta erbacea la cui parte edibile è costituita da piccoli fogliari che diventano teneri e croccanti a seguito di particolari tecniche di coltura. è presente soprattutto nelle ricette liguri, le fogli giovani, si consumano crude o cotte come gli spinaci: hanno un piacevole sapore che ricorda la nocciola, e è perfetto e in un’insalata mista. I suoi giovani germogli sono molto buoni crudi oppure possono anche essere scottati come gli asparagi. Esso fornisce, specialmente se cresciuto vicino al mar, un profilo minerale unico che comprende iodio, zolfo, vitamina C, è un prezioso alleato della nostra salute in quanto stimola il metabolismo, la minzione e aiuta a rilasciare tossine, rafforza il sistema immunitario grazie al notevole apporta di vitamina C. Il cavolo rapa ha la forma di un bulbo e dimensioni simili a quelle di una mela. Ha un sapore che ricorda quello del cavolfiore, ma più aromatico. Può essere consumato crudo oppure cotto ed è un concentrato di vitamine e minerali, a fronte di un contenuto molto limitato di calorie. Il cavolo trunz, il cui nome deriva dallo scherzoso appellativo con cui gli abitanti di Catania prendevano in giro quelli di Acireale (nel senso di “testa di rapa”), è un cavolo che si coltiva nel territorio di Acireale e dei comuni limitrofi. Esso si contraddistingue per le piccole dimensioni e per il fatto che la sua parte mangiabile presenta tipiche striature viola. Può essere consumato da solo oppure come contorno di un secondo piatto a base di carne alla brace. Nel caso in cui venga cotto, lo si fa solitamente stufato (stufateddu), oppure lo si utilizza come ulteriore ingrediente della pasta con le sarde. I cavoletti di Bruxelles, infine, sono germogli dalla forma globosa e dal colore brillante, sono tipici del Nord Europa, versatilissimi in cucina e rappresentano una vera e propria miniera di salute per le ossa, la vista e la memoria. Immagini tratte da: -Immagine 1 da: https://www.terranuova.it/var/terranuova/storage/images/fai-da-te/come-riprodurre-i-semi-dei-cavoli/1095051-1-ita-IT/Come-riprodurre-i-semi-dei-cavoli_articleimage.jpg -Immagine 2 da: 2verza http://www.sanomangiare.it/wp-content/uploads/2015/11/VERZA3.jpg -Immagine 3 da: https://www.coopfirenze.it/uploads/11669/medium/cavolo_cinese.jpg?1419853554 -Immagine 4 da: cavolo marino http://luirig.altervista.org/cpm/albums/bot-units26/crambe-maritima65433.jpg -Immagine 5 da: http://www.unmondobio.it/wp-content/uploads/2013/02/cavolo-rapa.jpg Potrebbe interessarti anche: Di Giuliano Sandroni Novembre è considerato il mese della zucca per antonomasia, in questo periodo viene consumata in ogni sua declinazione ed essa non smette mai di stupirci con il suo immancabile sapore. Ciò che invece viene spesso trascurato, sono i suoi semi, troppo spesso considerati prodotti di scarto. I semi di zucca sono invece un alleato insuperabile della nostra salute: rafforzano il sistema immunitario, aiutando a combattere raffreddori e influenza, fanno bene al cuore, alle ossa e ai denti, per il loro contenuto di zinco. Inoltre regolano la pressione sanguigna grazie al loro contenuto di magnesio contribuiscono al buon funzionamento del cuore e aiutano a scongiurare l’ictus e gli attacchi cardiaci. I semi di zucca sono una buona fonte di proteine di alta qualità, apportano una serie di vitamine e minerali coadiuvanti nella rigenerazione delle cellule danneggiate. In cucina hanno molteplici e fantasiosi utilizzi: Sono ottimi per arricchire il muesli nello yogurt al mattino, per insaporire le insalate e le vellutate di verdure, se aggiunti all’impasto del pane, sulle focacce o nei biscotti, se uniti ad altri semi o frutta secca nella composizione di barrette energetiche, apportano gusto e fragranza. Questi alleati preziosi del nostro organismo una volta macinati e messi in ammollo, sono ottimi per la creazione di burri vegani. In Austria, in Germania e in Romania da questi semi si ricava un olio impiegato abitualmente e tradizionalmente in cucina per condire insalate, piatti vari a base di carne e di pesce. .Quest’ olio nel nostro Paese è reperibile esclusivamente in erboristeria o via internet. Ha un sapore che ricorda quello della nocciola. E’ ricco di acido oleico e linolenico, è ottimo alleato nel prevenire malattie arteriosclerotiche, colesterolo e prostatiti, è ricco di antiossidanti e di cucurbitina, un prezioso amminoacido conosciuto sin dall’antichità per le sue proprietà curative e vermifughe. Tutelato dall'Unione Europea attraverso il marchio IGP, questo tipo di olio, ricavato dalla spremitura a freddo dei semi, sta raccogliendo un rinnovato interesse anche in ambito fitoterapico, nutrizionale e cosmetico. Foto n3 https://www.ilgiornaledelcibo.it/wp-content/uploads/2016/08/Semi-di-zucca-ricette.jpg Immagini tratte da: foto n1 https://www.ragusaoggi.it/wp-content/uploads/2017/10/semi-di-zucca-979707_origin.jpg Foto n2 https://i.pinimg.com/originals/e1/e4/67/e1e467805b35516e64a4882406cc0905. Foto n3 https://www.ilgiornaledelcibo.it/wp-content/uploads/2016/08/Semi-di-zucca-ricette.jpg Potrebbe interessarti anche: di Giuliano Sandroni La polpetta ha una storia antica. Già citata nel Quattrocento nel De arte coquinaria di Mastro Martino de’ Rossi, presente sin dalla metà del Cinquecento in alcune ricette si è diffusa lentamente, in quella che oggi chiamiamo Italia (ma che allora era un insieme di territori molto diversi fra loro), marinata, in aceto e pepe, semplice o ripiena di lardo, con le uova e il formaggio, in bianco, oppure accompagnata al sugo di pomodoro o di arancia da sola oppure sposata con il finocchietto selvatico o dell’anice. A metà del Seicento si impara a tritare ed essa appare più raffinata e prosegue la sua ascesa. Un secolo dopo comincia a divenire di moda l’Artusi che nel 1891, la cita nel suo” La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene” in cui consiglia di condirla con una raffinata salsa fricassea. Almeno in certi periodi storici, le polpette sono state un modo per riciclare la carne avanzata, ma così come è accaduto per altri cosiddetti piatti poveri, anche le polpette hanno conosciuto la loro evoluzione, divenendo un piatto a sè stante, preparato acquistando appositamente gli ingredienti. Oggigiorno si prediligono materie prime ricche. Con la sua diffusione ed evoluzione la polpetta in Italia arriva a rappresentare un vero e proprio patrimonio regionale Non esiste regione, città o zona, che non abbia una polpetta di riferimento. A Roma e in tutto il Lazio troviamo le polpette di bollito, contenenti tagli di carne lessati con molta cipolla e parecchio sedano uniti a pane raffermo e ammollato. In tutta la Puglia troviamo le polpette di polpo onnipresenti negli aperitivi Salentini: si preparano frullando insieme pane a cassetta messo in ammollo in latte e prezzemolo e bocconcini di polpo lesso saltati in padella con olio, aglio e peperoncino. In Calabria ci sono le Palle di pane. In Emilia troviamo le tipiche polpette con mortadella, unita a carne tritata di maiale e di manzo, uova e grana grattugiato, pane bagnato nel latte, noce moscata, che dopo essere state avvolte nella rete di maiale, vengono passate in padella con il burro. In toscana troviamo le semplici e saporite polpette alla fiorentina. Per farle si usano pane ammollato, un generoso trito di aglio e prezzemolo, le uova, il parmigiano, la noce moscata e una volta composte si panano e si cuociono a lungo in una casseruola con odori e un fresco trito di pomodori. Poi ci sono i Mondeghili che per i milanesi sono molto più che una polpetta. Nel loro impasto c’è carne di manzo, salsiccia, salame crudo, talvolta fegato uniti a del pane ammollato nel latte, legati da uovo con gli albumi montati a neve e per insaporirli viene aggiunto Grana Padano, aglio, noce moscata, prezzemolo e scorza di limone. Le palline sono normalmente molto piccole e si friggono tassativamente nel burro rosso. In Piemonte sono tipiche le polpette in carpione: polpettine di vitello in un bagnetto di aceto e cipolla. In Emilia si opta per un mix di manzo e maiale, parecchio formaggio, noce moscata e mortadella. Riso e verdure sono le protagoniste nelle granatine liguri; in esse il riso viene bollito con burro, carciofi, pesce e spezie. Esistono anche delle polpette per vegetariani. In Abruzzo possiamo gustare le pallotte: polpette di mollica di pane, latte, uova, aglio, pepe e pecorino. Molto simili alle abruzzesi sono quelle calabresi, niente sugo di pomodoro però. Oltre a quelle già citate, quasi tutte le regioni del sud si contendono l’origine assoluta delle polpette di melanzana. A TUTTA POLPETTA, QUINDI!! Immagini tratte da: Foto n1 https://www.bellacarne.it/wp-content/uploads/2014/06/polpette-bollito-fritte-bellacarne. Foto n2 https://encrypted-tbn0.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcTvOmpxPV4rvRBIcgcO7hDpAlueZigIQ320-LqwFIdDVMDE2wZG_g Foton3: https://www.lacucinaimperfetta.com/wp-content/uploads/2012/03/Polpette-fritte-730x484.jpg Potrebbe interessarti anche: di Giuliano Sandroni "Astro della terra, stella ricorrente e feconda" cosi definiva il pomodoro Pablo Neruda, da profondo amante dei piaceri della tavola quale era. Egli fu ispirato da questo ortaggio di origine sudamericana, simbolo dell’estate, così tanto da realizzare una vera e propria ode a lui dedicata. La pianta del pomodoro era coltivata in Perù già nel 500 a.C., solo dopo 2000 anni ha cominciato a diffondersi nel nostro Paese, passando prima dalla Spagna e dal Marocco. L’origine del suo nome è controversa, per alcuni deriva da “pomo dei mori” nome che col tempo si è trasformato in POMODORO, per altri invece il pomodoro si chiama così perché i frutti che nascevano spontaneamente nelle Ande erano molto simili piccole gocce d’oro. Considerato velenoso è stato per molto tempo coltivato solo come pianta per uso ornamentale e utilizzato solo dagli antichi erboristi che gli attribuivano poteri taumaturgici, tanto da definirlo “pomo d’amore. Solo dopo la seconda metà del 1500 si cominciò a scoprire e ad apprezzare le virtù gastronomiche di questa solanacea che veniva però mangiata solo cotta. Prima affettata e fritta poi farcita e poi, con il passare del tempo trasformata in una gustosa pommarola molto simile a quella dei giorni nostri e divenuta ben presto salsa universale. Esistono molte varietà di pomodoro che si distinguono in base all’epoca di maturazione (precoci, medie, tardive), al portamento della pianta nane o rampicanti) alla destinazione dei frutti, (da tavola, da pelati, da conserva) Tante sono le varietà di pomodoro, da quelli classici a quelli più particolari, se ne contano più di 5000 specie, differenti per forma, grandezza e colore, dal rosso, al giallo al verde e al nero. In estate grazie al solleone, i pomodori sono maturi, profumati e dolci pronti a essere consumati anche per le proprietà nutrizionali e benefiche per la presenza del licopene che ha azione antiossidante. I pomodori da tavola o da insalata, sono varietà che si raccolgono non molto maturi, a volte anche verdi, sono adatti a essere consumati crudi con i vari condimenti. Molto conosciuto e apprezzato il cuore di bue, con la caratteristica forma a cuore, ricco di polpa con pochi semi, coltivato in tutta Italia, il Belmonte in Calabria che può raggiungere il peso di oltre un kg, il Bovaiolo in Toscana mentre il cuore di bue più pregiato resta quello ligure. Nelle insalate troviamo ancora il pantano romanesco, il pomodoro rio grande, il nero di Crimea, il green zebra un po’ aspro, il rosa di Berna, il pomodoro ramato, che cresce sui rami in grappoli saporito e polposo, il pomodoro tondino di Manduria che dà abbondanza di frutti a grappoli, ottimi per essere essiccati. Conosciuto e molto apprezzato è anche il costoluto, dalla forma a coste che rientrano nel frutto, colore rosso vivo e polpa carnosa, in Toscana troviamo il costoluto fiorentino o Grazioso, mentre in Piemonte quello di Chivasso. Il pomodoro ciliegino, prende il nome dalle ciliegie di cui ricorda forma e dimensioni, comunemente chiamati pomodorini, sono piccoli e dolci, perfetti per preparazioni sfiziose e saporite e ne trovano in diverse varietà, quello di Pachino che ha ottenuto il riconoscimento Igp, il datterino, il pomodoro Zuchertraube, il ciliegino nero, il black cherry e il principe borghese. I pomodori per la conserva e la salsa, usati per sughi, ragù e umidi devono essere poco acquosi e con la polpa carnosa, il primato spetta al san Marzano, di forma allungata, utilizzato per le conserve sotto forma di pelati che ha ottenuto la Dop come pomodoro San Marzano dell’Agro Sarnese-Nocerino. I pomodori sono un ortaggio ricco d’acqua, vitamine (la C in particolare) e sali minerali, ma poveri di calorie, questo li rende adattissimi ai regimi dietetici. L’alto contenuto di licopene, eccezionale antiossidante, rende questo frutto un alimento altamente protettivo nei confronti delle malattie degenerative legate ai processi di invecchiamento ed insieme agli altri nutrienti presenti conferiscono alte proprietà preventive nei confronti dei tumori che colpiscono il colon e la prostata. Aiutano l’organismo a tenere sotto controllo i livelli di colesterolo nel sangue, sono benefici per gli occhi e per la vista in quanto apportatori di betacarotene e luteina. Favoriscono il buon funzionamento dell’intestino per via del loro contenuto di fibre vegetali, come l’emicellulosa e la cellulosa, particolarmente presenti nella sua buccia. Per il suo elevato contenuto di acqua, il pomodoro è anche in grado di stimolare la diuresi soprattutto se è consumato fresco e crudo, senza l’aggiunta di sale. Immagini tratte da:
Foto n1 www.casadivita.despar.it/app/uploads/2016/02/pomodori-1-1.jpg Foto n2 royalseeds.it/wp-content/uploads/2013/09/pomodoroindeterminato11.jpg Foto n3 http://www.agraria.org/prodottitipici/pachino.jpg Foto n4 http://www.pnragrobio.unina.it/POMODOROa.jpg Di Giuliano Sandroni Per l'importanza data oggi alla cucina è inevitabile riuscire ad accostare il vino giusto al cibo servito in tavola per ottenere un ottimo risultato. Al di là del gusto che è sempre strettamente personale, esistono delle regole di base da tener presente, per fare questo nel migliore dei modi possibili senza per forza essere sommelier. Nella comune consuetudine la carne, soprattutto quella rossa è di solito abbinata a vini rossi corposi, mentre i vini bianchi sono spesso accostati a piatti a base di pesce. Diffidate comunque di chiunque tenti di importavi un punto di vista “oggettivo” in materia e ogni regola che suoni definitiva. Questo è un terreno instabile e mobile per eccellenza. LE granitiche consuetudini in materia di abbinamenti eno-gastronomici si stanno sgretolando gradualmente, i forti venti della moderna arte culinaria permettono di abbinare vini rossi con il pesce, anche se per fare quest’accostamento occorre avere una certa dimestichezza. Il perfetto vino rosso da pesce deve essere giovane, con una gradazione alcolica non troppo elevata, aromatizzato e leggermente frizzante. Ottimi esempi sono il pinot nero non invecchiato o un buon Nero d’Avola siciliano. Ottima scelta è anche l’Aglianico del Vesuvio o un Valpolicella classico. Per quanto riguarda i vini bianchi da abbinare alla carne se ci troviamo davanti piatti a base di tacchino, cappone e polli conditi in maniera semplice, allora bisognerà optare per vini bianchi di una certa struttura e personalità: Vino bianco Santa Barbara e vermentino ad esempio. Un metodo insolito consigliabile ai profani, ma che quasi sempre funziona, è quello di fare abbinamenti in base ai colori. I cibi in cui prevalgono i toni chiari (per esempio un risotto burro e parmigiano) si sposano con i bianchi, quelli scuri (per esempio un brasato), con i rossi. Gli abbinamenti vino cibo possono essere fatti per concordanza o contrapposizione. Per contrastare la parte “unta “ o grassa di una pietanza occorre opporre un vino che abbia acidità o tannino, ottimi sono anche vini frizzanti , bianchi, rossi, e rosati in quanto l’anidride carbonica presente riesce a bilanciare il nostro palato gestendo al meglio la parte salata , grassa e unta di un piatto Questo permetterà al vino di detergere il palato portando equilibrio ad ogni boccone. Provate un pesce grasso con un Franciacorta, un Lambrusco con l’anguilla o le carni bollite, il Trento DOC con raffinati salumi o un rosato spumante dell’Oltrepò con delle crudité e lasciatevi andare ad esperienze sensoriali nuove. Con i dolci è meglio dimenticare il profano accostamento con i brut. Torte, crostate, dolci al cucchiaio e basi di cioccolato hanno bisogno di spumanti dolci, moscati, passiti e bianchi amabili. Attenzione che il vino non sia meno dolce del dessert, diversamente vi apparirà fiacco il vino stesso. Immagini tratte da : - Foto 1 da www.degustibuss.it/wp-content/uploads/abbinamento-cibo-vino.jpg - Foto 2 da www.quattrocalici.it/wp-content/uploads/2017/06/abbinamento-cibo-vino.jpg - Foto 3-4 da //www.quattrocalici.it/wp-content/uploads/2017/11/abbinamento-desserts.jpg Potrebbe interessarti anche: |
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