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28/3/2019

La Toscana e le sue zuppe

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Di Giuliano Sandroni
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La Toscana tra le sue eccellenze culinarie vanta un' innumerevole varietà di zuppe: pietanze  antiche povere per definizione,  fatte di pochi elementi semplici, principalmente verdure, alcune volte scarti o avanzi.

Nella zuppa non compaiono mai riso o pasta, ma viene servita solo, al massimo, con crostini di pane, più o meno grandi. Il suo nome è simile in tutte le lingue europee, deriva dal gotico suppa, che indicava proprio la fetta di pane che si usava mettere nelle ciotole prima di versarvi il brodo. La zuppa ha un aspetto denso e consistente, viene utilizzata poca parte liquida, assorbita da pane e crostini. 

Tra le più famose zuppe toscane  troviamo  la ribollita e la pappa al pomodoro, ma ce ne sono tante altre, meno conosciute, ma di certo non meno rappresentative di una creatività figlia della fantasia e del bisogno, indiscutibili testimonianze  di una arcaica  vita contadina.
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Una di esse è la ginestrata, una zuppa ricostituente, beneaugurante alla quale venivano attribuiti effetti afrodisiaci. Il suo colore giallo intenso è simile a quello dei fiori di ginestra dai quali trae il suo nome.

Tipica del senese, questa zuppa veniva offerta ben calda a colazione,  in segno propiziatorio, dai genitori della sposa al futuro genero la prima volta che lui si presentava in casa per chiederne la mano e successivamente data come ricostituente al novello sposo  il giorno dopo la loro prima notte di nozze.

Era composta da un tuorlo d’uovo sbattuto insieme ad un bicchierino di vin santo secco, aromatizzata con coriandolo, cannella, chiodi di garofano in polvere e noce moscata; il tutto veniva diluito da una tazza di brodo caldo preferibilmente di pollo.
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La zuppa lombarda, che in realtà si sarebbe chiamata inizialmente zuppa per i lombardi o dei lombardi che negli ultimi decenni dell’800 erano impegnati in gran numero nella costruzione della faentina, la ferrovia che attraversando l’Appennino unisce Faenza con Firenze.

E’ una zuppa fatta di fette di pane raffermo arrostito sulla gratella, con strofinato un po’ di aglio, messo in una scodella, con l’aggiunta di sale e di pepe e di un filo di olio extravergine e tre mestoli di fagioli cannellini lessati con l’aggiunta di un pò della loro acqua di cottura.

La zuppa del carcerato tipica delle zone di Pistoia, nata in tempi remoti.

Quando i carcerati, chiesero e ottennero dai macelli adiacenti alle prigioni di poter usare interiora di animali insieme ad altri scarti di animali macellati, che venivano gettati  e mettendo  insieme pane secco, acqua, e rigaglie crearono una zuppa che prese il loro nome che con il tempo si è venuta arricchendo ed insaporendo con odori, formaggio, aglio, pomodorini, e naturalmente il miglior olio extravergine di oliva di cui disponiamo.
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​Alla fine del nostro percorso tra le zuppe di Toscana non possiamo non citare un'altra zuppa storica della lucchesia, “La garmugia” il cui nome dovrebbe derivare da “germiglio” ( germoglio in toscano antico) nata dalla consueta abitudine dei contadini di utilizzare immediatamente i frutti della terra come carciofi, asparagi, al quale si aggiunge la fava.

Quasi tutte le zuppe  sono adattissime ad essere consumate sia calde che fredde e quindi  risultano ottime in  ogni periodo dell’anno. Alla loro base vegetariana può venire  aggiunta della carne macinata o del  bacon. Il pane raffermo utilizzato può essere tagliato a fette e tostato, oppure tagliato a cubetti dopo averlo fritto.
In ogni caso per realizzarle è consigliabile usare sempre prodotti genuini e di alta qualità per poterne apprezzare in pieno sapori e profumi troppo spesso dimenticati.


Immagini tratte da :

Foto n1: https://theblackfig.com/wp-content/uploads/2013/03/zuppa-toscana-cavolo-nero-1.jpg
Foto n2: http://farm3.static.flickr.com/2630/3997953576_ccac620092.jpg
Foto n3: http://ricette.coquinaria.it/docHD/Temp/RP1462/zuppa-lombarda-di-coral-reef.jpg?width=680&mode=crop
Foto n4:  https: https://www.ildesco.eu/wp-content/uploads/2015/03/Garmugia.jpg
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24/1/2019

La giusta alimentazione per l’inverno è un fattore di equilibrio

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di Giuliano Sandroni
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L’inverno è l’occasione per cambiare dieta senza fare troppe rinunce, per riscoprire un’alimentazione sana che accompagni tutto l’anno e con la quale tornare in forma senza accorgersene.
Le giornate più corte sono l’ideale per fare un pieno di benessere ritrovando il piacere salutare di un buon sonno e del relax, oppure combattendo lo stress accumulato nelle settimane lavorative con attività ad hoc.
Come difendere il nostro organismo dagli attacchi "meteorologici" di questi mesi in cui freddo, pioggia, vento e neve ci rendono più vulnerabili a virus e batteri?
Possiamo farlo aiutandoci con una corretta alimentazione, che naturalmente dovremmo adeguare alle esigenze climatiche della stagione invernale.
Durante i mesi freddi l'organismo ha bisogno di assumere una quantità maggiore di energia rispetto ai periodi primaverili ed estivi, e questa esigenza si traduce nel consumo di cibi calorici e più elaborati; dobbiamo, tuttavia, stare attenti a non esagerare.
L’equilibrio e la varietà a tavola, con la presenza costante dell’olio extra vergine d’oliva, rimangono la scelta migliore, insieme a quella di bere molto: l’acqua, infatti, è fondamentale anche per ridurre la sensazione di freddo (prediligere l’acqua a temperatura ambiente). Inoltre, l’idratazione agevola la depurazione dell’organismo e il mantenimento di una corretta termoregolazione
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Il metodo detox ideale in questi periodi invernali è quello di fare il pieno di alimenti green che aiutano anche il sistema immunitario a funzionare meglio e quindi a contrastare i mali di stagione.

Un’ottima fonte di energia è indubbiamente rappresentata dai carboidrati, per cui è buona norma inserire nella dieta un consumo regolare di pasta, pane e cereali.
In inverno si tende a consumare una quantità maggiore di carne rossa, ma non bisogna trascurare l’altra importante fonte proteica rappresentata dal pesce, alimento che si presenta particolarmente ricco di acidi grassi omega 3.
Per un apporto bilanciato di elementi nutritivi è utile inserire nella dieta anche i latticini ed i formaggi: tali alimenti rappresentano un’alternativa ai cibi altamente proteici e, di conseguenza, non bisogna sovrapporli al consumo di carne e di pesce.
Per bilanciare un’alimentazione che è tendenzialmente più ricca di grassi e di carboidrati è necessario mangiare sempre molta frutta, anche sotto forma di spremute e centrifugati, e molta verdura, privilegiando quella di stagione come ad esempio gli agrumi che sono ricchi di vitamina C, sostanza che si rivela utile nel rafforzare le difese dell’organismo e nel favorire l’assimilazione del ferro inorganico di origine vegetale. Ideale anche il consumo di cavolfiori, ricchi di vitamina A, sali minerali, acido folico e anche, come le verze, i broccoli e i cavolini di Bruxelles, di sostanze attive nella prevenzione di varie forme tumorali.
Ricordiamoci, inoltre, di non trascurare il consumo dei legumi che sono ricchi di vitamine, calcio, fosforo, ferro ed aminoacidi essenziali: uniti al riso o alla pasta possono rappresentare un ottimo, caldo, piatto unico.
Per scaldarsi è meglio non ricorrere all’ingestione di sostanze alcoliche ma prepararsi piuttosto una tisana, un tè oppure, perché no?, una tazza di cioccolato caldo. Teniamo però presente che sia il tè che il cacao vanno consumati con moderazione: infatti, insieme al caffè, rientrano nella categoria degli alimenti definiti “nervini” per la loro ricchezza di sostanze stimolanti, toniche e corroboranti.
Per concludere, il modo migliore di affrontare l’inverno a tavola è quello di non perdere di vista le regole fondamentali del mangiare sano e non lasciarci andare ad eccessi che influirebbero negativamente sulla nostra salute. 

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foto n2
https://pixabay.com/get/ea3db70f21f7093ed1534705fb0938c9bd22ffd41cb516459df7c87bae/vegetables-3860938_1920.jpg
foto n3
http://www.abcsalute.it/blog/wp-content/uploads/2012/12/dieta-invernale-460x250.jpg

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22/11/2018

Il Topinambur

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di Giuliano Sandroni
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​Il topinambur (Helianthus tuberosus) è noto anche con il nome di rapa tedesca o di carciofo di Gerusalemme. È una pianta perenne di origine americana appartenente alla famiglia delle Compositae di cui se ne consuma i tuberi dall’aspetto nodoso e contorto.
Ha una consistenza croccante simile al ravanello e il gusto molto gentile, con la punta dolce e tannica del carciofo.
La sua introduzione in Europa e in Italia avvenne attorno al 1600, dimostrando una capacità di adattamento e attecchimento molto rapidi, a conferma della sua vitalità. Per certi versi ha le caratteristiche della pianta infestante, cresce spontanea e sa conquistare spazio nei terreni umidi e in quelli prossimi ai corsi d’acqua. Soprattutto alle soglie dell’autunno, nelle golene fluviali, è possibile vedere distese di fiori gialli, dal lungo stelo, simili ai girasoli. “Fior di sole” e “girasole tuberoso” sono alcuni nomi del topinambur.
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​I suoi tuberi si raccolgono in inverno. Vi è una limitata domanda da parte dei consumatori, dovuta anche al fatto che la pianta non è molto conosciuta né come ortaggio coltivato né come tubero commestibile nonostante abbia delle proprietà nutritive molto particolari.
Non contiene amido come le comuni patate, ma inulina, sostanza capace di favorire la digestione, la corretta funzionalità dell’intestino e di combattere il colesterolo. Ciò lo rende adatto ai diabetici. Non contiene glutine ed è quindi consumabile anche da chi soffre di celiachia. 
Contiene pochissime calorie, è ricco di vitamina A e B ma anche C, E, K e di Arginina che aiuta il fegato e la cicatrizzazione dei tessuti.
È una buona fonte di sali minerali, in particolare potassio, ferro, fosforo, magnesio e rame. È un alimento dalle spiccate proprietà energetiche, quindi indicato nella dieta di anziani, bambini e sportivi e in generale delle persone convalescenti. 
Le varietà di topinambur che troviamo comunemente in commercio sono due: il topinambur bianco precoce che è disponibile nei negozi da fine agosto e la varietà di topinambur bordeaux che troviamo invece da ottobre fino a inizio primavera. L’aspetto è variabile, ma generalmente si presenta come una piccola patata bitorzoluta di colore bianco o violaceo, dalla forma irregolare che può essere raccolto proprio come una patata sia in inverno che in autunno, dopo che la pianta è seccata.
È facilmente coltivabile in orti e giardini domestici, per piantarlo possiamo utilizzare porzioni di tubero che troviamo al negozio.
Come tutti i tuberi, il topinambur si presta bene a ogni tipo di cottura: può essere consumato cotto  e crudo, se tagliato a fette sottili può anche essere utilizzato per arricchire insalate e piatti di verdure. È adatto alla preparazione di salse, primi piatti e torte salate; è ottimo per arricchire il minestrone oppure piatti a base di legumi. Si usa anche per accompagnare piatti di carne o pesce.
Può essere servito in forma di purea, oppure utilizzato per preparare gli gnocchi, è inoltre in grado di arricchire paste e riso.
  Immagini tratte da :
  https://www.tuttogreen.it/wp-content/uploads/2014/04/topinambur-400x250.jpg
  https://www.giardini.biz/site/uploads/drupal/TOPINAMBUR%20DIS.jpg
  http://finedininglovers-it.cdn.crosscast-system.com/BlogPost/l_7305_vellutata-topinambur.jpg
​  https://www.my-personaltrainer.it/images/ricette/696/risotto-topinambur.jpg

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8/11/2018

Mantova e le sue zucche

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Di Giuliano Sandroni
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​Mantova e la sua provincia è da considerarsi una delle aree a maggiore produzione di zucche di tutta la penisola, infatti in questo territorio se ne coltivano numerose varietà.

Tra le specie più caratteristiche presenti su questo territorio si coltiva la varietà “Cappello del Prete” chiamata così per la forma delle sue falde, (quella superiore più larga e l’inferiore più ristretta), che nella fantasia popolare ricordava il tipico cappello del parroco usato fino agli anni ‘50. 
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Questo tipo di zucca è molto stimata in cucina, in quanto possiede una bella polpa di colore giallo, fine, compatta, poco fibrosa e dal sapore dolce che la rende adattissima alla realizzazione di tortelli, gnocchi e risotti.

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​Un’altra varietà altrettanto antica, caratteristica e qualitativamente ricercata presente nel Mantovano è la “Marina di Chioggia” detta anche “Zucca Barucca” o Baruffa di goldoniana memoria il cui nome sembra derivi da “Marinanti”, il nome dato alle famiglie che per tradizione si dedicavano alla coltivazione degli orti. E’ una zucca con buccia giallo verde e ha  coste bitorzolute che ricordano molto il viso di vecchie streghe. Non per nulla una delle ipotesi relative al suo nome deriva proprio dall’assonanza fra verruca e barucca. Ma ci potrebbe essere anche un’altra strada per capire l’origine del suo nome, che porta alla tradizione ebraica, a quel “baruch” che significa santo, quasi a santificare la capacità della zucca di sfamare i contadini nel difficile periodo invernale.

La Barucca è una zucca del tipo a turbante, di forma rotondeggiante e dimensioni spesso importanti, anche oltre i 5 kg di peso.  La polpa è di un bel giallo intenso tendente all’arancione, soda, densa.  La semina avviene ad aprile-maggio, a partire da semi selezionati direttamente dai contadini a partire dal raccolto dell’anno precedente: per questo si trovano in commercio zucche di varia pezzatura. La raccolta é solo manuale, e avviene da fine agosto – inizio settembre.

In cucina la Zucca Barucca si presta a diverse preparazioni: lessa, fritta, al forno, come ingrediente base dei tortelli o accompagnamento del risotto. Tuttavia la polpa particolarmente dolce e priva di fibrosità ne suggerisce l’uso in zuppe e vellutate, o come rinforzo delle patate negli gnocchi di zucca.  

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​Queste e altre tipologie di zucca erano molto diffuse nelle campagne fino all’ultimo dopo guerra , poi vennero progressivamente incalzate e sostituite da varietà più facili da consumare, di pezzature inferiori e più precoci, quindi più adatte alla grande distribuzione, ma sicuramente con esse non competitive  in termini di qualità organolettiche.

La Zucca Mantovana ha ottenuto il riconoscimento di Prodotto Agroalimentare  Tradizionale(PAT).

Da più di 20 anni il consorzio agrituristico mantovano con la manifestazione Di zucca in zucca” (che si svolge ogni anno dall’8 Settembre all’8 Dicembre) ha contribuito a diffondere la conoscenza della curcubitacea e a farla apprezzare nei suoi numerosi aspetti anche oltre i confini virgiliani.

Foto tratte da :
n1 https://mantova.virgilio.it/eventi/di-zucca-in-zucca-2018-l-itinerario-gastronomico-della-zucca-22a-edizione-fra-coltura-e-cultura_5796567_6
nn3 http://www.longhimeloni.it/wp-content/uploads/2012/01/beretta.jpg

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17/10/2018

Il mondo della fermentazione

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di Eva Dei
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  • Titolo: Il mondo della fermentazione
  • Autore: Sandor Ellix Katz
  • Editore: Slow Food Editore
  • Prezzo: 18,00 €
Da qualche anno il processo di fermentazione degli alimenti sta riscuotendo sempre maggior successo: si sente parlare con interesse di kefir, kombucha, verdure fermentate e lievito madre, nuovi protagonisti delle nostre tavole e consigliati nelle varie diete. Ma come ci spiega Sandor Ellix Katz nel suo volume “Il mondo della fermentazione” edito in Italia da Slow Food Editore, la fermentazione è un processo molto antico, addirittura antecedente alla scrittura e alla coltivazione. Sfortunatamente il “terrore” della cultura occidentale verso germi e batteri ci ha fatto dimenticare di questa antica preparazione artigianale, possibile proprio grazie all’azione di microorganismi come lieviti e funghi. Ovviamente la fermentazione è alla base di molti alimenti che consumiamo, come pane, formaggio, vino e birra, anche se probabilmente la maggior parte dei consumatori non ne è nemmeno minimamente consapevole. Tutti gli altri processi casalinghi similari sono andati dimenticati, così come l’abitudine del nostro palato a quei sapori tipicamente aciduli. Come in molti altri campi, il ritorno a tradizioni passate, la ricerca di preparazioni più digeribili e nutrienti, meno industriali, ha portato alla riscoperta della fermentazione, in passato utilizzata soprattutto per la sua capacità di conservare gli alimenti:

«I microrganismi della fermentazione producono infatti alcol, acido lattico e acido acetico, tutti “conservanti biologici” che mantengono integri i nutrienti e prevengono il deterioramento e il prolificare di microrganismi patogeni.»
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Conservazione, ma anche migliore assimilazione dei nutrienti degli alimenti, che durante il processo vengono ridotti in forme più “semplici”. L’autore, senza ergersi a esperto, ma definendosi un “conoscitore generico”, ci parla a lungo della storia e dei benefici della fermentazione nell’introduzione e nei primi 4 capitoli del manuale. Dopo qualche consiglio sugli utensili che possono esserci utili per avviare la nostra fermentazione casalinga (sì perché non sono necessarie attrezzature all’avanguardia, grandi competenze o condizioni da laboratorio), i capitoli successivi si suddividono in base alla tipologia di alimenti che vogliamo manipolare. Fin da subito l’autore ci informa che nel volume non si parlerà di pesce, carne o tofu fermentati. Si parte quindi con il capitolo dedicato alle verdure, dove si spazia dai più comuni crauti fino al coreano kimchi (verdure fermentate in salamoia condite in vari modi, ma spesso piccanti), passando per la più nota salamoia. Nel capitolo successivo troviamo invece le bevande leggermente fermentate, con particolare riguardo alla carbonizzazione e all’uso di diversi starter (zenzero, kombucha, kefir d’acqua, …). Il capitolo 6 è dedicato ai fermentati caseari: yogurt, kefir, formaggi e latticello. Nella parte finale l’autore indica alcune alternative vegane come lo yogurt vegetale e la panna acida di girasole. Il manuale continua con un’altra grande categoria, quella dei fermentati di cereali; tutto inizia con l’avvio della pasta madre, indispensabile poi per la lievitazione del pane, di cui troviamo ricette provenienti da varie parti del mondo. Il capitolo 9 è dedicato invece ai fermentati di legumi: dosa, miso e tempeh solo per citarne alcuni. Arriviamo quindi ai vini e a tutte le bevande similari alcoliche; subito dopo è la volta delle birre e infine all’aceto. A conclusione del volume, per chiudere il cerchio, alcune considerazioni finali e un capitolo dedicato alle fermentazioni di alcuni ben noti cuochi italiani.

La traduzione di uno dei più completi volumi sulla fermentazione è dunque arrivata sugli scaffali delle librerie italiane, non fatevelo scappare.


Immagini tratte da: foto gentilmente fornita da Slow Food Editore.
https://www.foodtomeetyou.com/sandor-ellix-katz-a-fermentation-fetishist/


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11/10/2018

Pesci e frutti di mare

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di Lorenza Mariggiò
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  • Titolo: Pesci e frutti di mare
  • Autore: Annecè Bretin
  • Editore: Il Castello
  • Prezzo: 19,50 €

Il pesce e i crostacei sono la vostra passione ma non avete idea di come cucinarli? O addirittura che tipo di pesce scegliere, come pulirlo o sfilettarlo? Questo libro fa al caso vostro: 208 pagine di ricette e nozioni base sulla pulizia e la cottura del pesce.

La prima parte del libro è dedicata alla pulizia e alla preparazione del pesce, descritte e illustrate passo passo. Viene spiegato ad esempio come pulire e sfilettare una spigola, una sogliola o la rana pescatrice, come preparare e aprire le cozze, come preparare il fumetto o delle semplici e gustose salse, calde e fredde, delle marinate o dei burri che serviranno per accompagnare i vostri gustosi piatti di pesce.
Oltre alla preparazione, possiamo consultare una pratica tabella con le stagioni della pesca e informazioni sulle grammature per ogni porzione in base al tipo di pesce o ai minuti di cottura dei crostacei.
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Dopo la preparazione arriva la cottura: è questo il tema principale della seconda parte del libro, dedicata alle ricette.
In questa parte troviamo sei capitoli, ognuno dei quali dedicato a una ben precisa tipologia di pesce: pesci piatti a quattro e a due filetti, pesci rotondi a due filetti, pesci rotondi di acqua dolce, le conchiglie, i crostacei e i molluschi.
Le ricette sono sfiziose, originali e varie. Si va dagli antipasti ai secondi, spesso accompagnati da un contorno, passando per primi piatti, zuppe e insalate. Così in questo volume troverete come preparare il sushi, gli spiedini di pescatrice con pere e salame piccante, la granseola ripiena di verdure, gli spaghetti con misto di conchiglie, i toast con bottarga e asparagi, oppure l’insalata verde con merluzzo all’anice.
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La grafica accattivante e le foto colorate rendono ancora più piacevole la lettura, riempendo gli occhi e la mente di quello che potrebbe essere l’odore e il sapore del piatto proposto e la bocca di acquolina.
Il libro è un invito a tuffarvi nel mare di sapori che pesci e frutti di mare possono offrire, solleticando la vostra curiosità e facendovi esclamare: questo piatto devo assolutamente provarlo!
 
Immagini tratte da:
foto gentilmente fornite da Il Castello Editore.
 
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27/9/2018

La Paposcia

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di Giuliano Sandroni
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Chi si trova a passare per le terre del Gargano, tra le innumerevoli specialità del territorio, non potrà fare a meno di assaggiare la Paposcia, un piatto davvero eccezionale, frutto di antiche tradizioni contadine. Slow Food ha infatti deciso di istituire un presidio per salvaguardarla, come ha già fatto per arance, caciocavalli podolici e anguille di Lesina.
Ma cos’è la Paposcia veramente?
Non è pane, non è pizza e neanche focaccia o focaccina: è tutte queste cose insieme.
Ricavata da una noce di pasta di pane lievitata, schiacciata, allungata e subito passata in forno con cottura a fuoco vivo, è conosciuta anche con il nome di Pizza schett o Pizza a Vamp.
La paposcia ha una storia antica: le sue origini risalgono al XVI secolo ed è nata dalla necessità di utilizzare la pasta che rimaneva attaccata alla madia (la cosiddetta fazzatura) dopo aver tolto quella necessaria alla produzione del pane. Questa pasta residua, una volta raccolta, veniva impastata, allungata con le mani fino a 20-30 cm, infarinata e posta nel forno ben caldo per pochi minuti prima di procedere alla cottura del pane. La tenuta della Paposcia alla cottura indicava la buona riuscita del pane.
Il suo nome dipende dalla forma allungata e schiacciata che ricorda una pantofola o babuccia che nel dialetto locale diventa “Paposcia”.​
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​Gli ingredienti per la preparazione sono semplici e invariati nei secoli: farina 00, acqua e sale, olio extravergine di oliva proveniente dagli ulivi peschiciani e la “crescenza”, il lievito naturale che la rende morbida con due ore di lievitazione.
La cottura è breve (solo quattro minuti); a fiamma viva o al mattone, con forno alimentato con legna di faggio. Può essere gustata intera oppure farcita in vari e gustosissimi modi:
alla Peschiciana con olio extravergine di oliva, formaggio (in genere cacio ricotta di Peschici), oppure con alici limone femminiello;
 alla contadina con olive in salamoia tritate, olio di oliva e schegge di caciocavallo;
alla maniera del giardiniere con spicchi di arancia bionda garganica, spolverata di sale e olio extravergine di oliva;
alla “Du Spriatore” con verdure di campo, cacio ricotta di Peschici e olio extravergine di oliva.
Prodotta nel rispetto della tradizione, la Paposcia conserva il profumo e la fragranza di una volta ed è ampiamente commercializzata nei panifici e pizzerie di Peschici e Foggia. È uno degli alimenti tipici di una terra ricca di gusto da scoprire nella speranza che si conservino intatte le caratteristiche di questo prodotto la cui paternità è contesa tra Rodi Vico, Peschici e Vico Garganico.
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 Immagini tratte da:
-http://lacucinapugliese.altervista.org/wp-content/uploads/2016/08/La-Paposcia-specialit%C3%A0-del-Gargano-la-cucina-pugliese-575x274.jpg
-http://www.osa.coop/immagini/nws_crap_oasi_scuola_tradizioni_con_paposcia_vichese_1444_1.png
-https://www.google.it/url?sa=i&rct=j&q=&esrc=s&source=images&cd=&cad=rja&uact=8&ved=2ahUKEwjzzv2KtdHdAhUJy4UKHWOiDj8QjRx6BAgBEAU&url=https%3A%2F%2Fwww.facebook.com%2FPaposcia-Vichese-Di-Zio-Gino-1410665912557045%2F&psig=AOvVaw0NsoKNLi-zY1UbjwRCL1xT&ust=1537801998843201

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13/9/2018

Il tuo orto in cucina in autunno e in inverno

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di Lorenza Mariggiò
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  • Titolo: Il tuo orto in cucina in autunno e in inverno. Coltivare, scegliere e cucinare la tua frutta e verdura di stagione
  • Autore: Natalia Piciocchi
  • Editore: Edizioni LSWR
  • Prezzo: cartaceo 22,90 €/ e-book 15,99 €
​L’alimentazione sana, i cibi genuini e la loro coltivazione e conservazione sono i punti cardine del volume Il tuo orto in cucina in autunno e in inverno, di Natalia Piciocchi, zoonoma e agronoma e autrice del blog Fusilli al tegamino.
Il libro si apre con un primo capitolo dedicato all’importanza del consumo di frutta e verdura, dove vengono elencate le proprietà di questi alimenti nelle loro generalità. Segue il secondo capitolo dedicato alla conservazione di frutta e verdura (conserve, succhi di frutta, gelatine, ecc....) e alla loro preparazione, con particolare attenzione alle norme di sicurezza igienico-sanitarie, altro ambito a cui l’autrice si dedica particolarmente.
​Chiudono il libro il terzo e il quarto capitolo, dedicati rispettivamente ad ortaggi e frutta, in cui vengono descritti singolarmente i vari ortaggi e i vari frutti tipici della stagione autunnale e di quella invernale. Questi due capitoli sono ricchi di informazioni utili circa le caratteristiche nutrizionali, la coltivazione in orto e i consigli su acquisto, conservazione e pulizia e presentano alla fine di ogni paragrafo delle semplici e gustose ricette, dolci e salate: dai babà salati con fave e pecorino agli spaghetti con uva e vongole, dalla torta paradiso agli spinaci ai biscotti al vino e mandarino.
Torta alla crema di fave
Paglia e fieno con carciofi, speck e noci su crema di piselli e zucchine
Il libro, di circa 300 pagine, rappresenta una guida semplice per la realizzazione di un orto casalingo in campagna o in città, senza dimenticare chi, non potendo avere l’opportunità di coltivare la frutta e la verdura in casa, è obbligato a comprare questi alimenti. Un compendio ricco di informazioni a 360° sulla vita di questi prodotti ortofrutticoli, dalla nascita al loro impiego in cucina, in cui si pone l’accento su come è possibile riscoprire la genuinità, il profumo e il sapore degli alimenti e a mantenere vive queste peculiarità anche attraverso la cucina, con preparazioni tradizionali, innovative ma soprattutto semplici. Il tuo orto in cucina aiuta a riscoprire il piacere di immergersi nel mondo della natura e della cucina, scandito da tempi ben precisi e dalla stagionalità, anche se si è particolarmente impegnati con la frenesia della vita.
Per appronfodimenti: Il tuo orto in cucina in primavera e in estate, Edizioni LSWR - http://www.edizionilswr.it/libri/il-tuo-orto-cucina-primavera-e-estate/
 
Immagini tratte da: foto gentilmente fornite da Edizioni LSWR
 
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di Eva Dei
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​La cucina diventa sempre più sperimentazione, ricerca, ma anche esibizione artistica; in questo scenario dai confini sempre più liquidi succede a Pisa di entrare in un’erboristeria per gustare un ottimo gelato. La Dispensa delle Erbe si trova in via Andrea Pisano ed è un negozio di prodotti naturali (a uso alimentare ed estetico) che Sara Saviozzi gestisce dal 2009 insieme allo zio. Da quest’estate però Sara ha arricchito l’offerta con del gelato artigianale naturale che prepara lei stessa. Così davanti a una coppetta di gelato allo yogurt di pecora e liquirizia e limone, abbiamo fatto due chiacchiere proprio con lei, per capire un po’ come è nata quest’idea.
 
Sara ti va di raccontarci come sei passata da avere una semplice erboristeria al preparare e servire anche gelato artigianale?
Allora, ho aperto l’erboristeria nel settembre 2009, perché sono sempre stata interessata a questo mondo, io stessa cerco di utilizzare ogni volta che è possibile cosmetici naturali e prodotti non di sintesi ma estratti da vegetali. Da qualche anno però il settore è po’ in crisi: a Pisa hanno chiuso molti negozi, tanti prodotti oggi si trovano nei supermercati, nelle farmacie e parafarmacie. Se si unisce a questo il fatto che molte persone acquistano su internet, la consulenza è diventata un po’ superflua. Il fondo è grande e quindi mi sono chiesta come poterlo utilizzare in maniera diversa. Mi sono ricordata allora di quando avevo lavorato per tre stagioni in gelateria come banconista e complice un po’ questo, un po’il fatto che sono golosa, mi è venuta l’idea di poter unire le due cose. Ovviamente prima mi sono dovuta informare per capire se era fattibile poter unire due realtà diverse in uno stesso esercizio commerciale. Dopo la conferma, mi sono messa alla ricerca dell’attrezzatura necessaria e ho iniziato i lavori nel negozio: ho voluto ritagliarmi subito all’entrata una zona di somministrazione, dove i clienti potessero sedersi in tranquillità e gustare il gelato.
​Per quanto riguarda la preparazione effettiva del gelato che tipo di formazione hai svolto?
Nel 2017 ho fatto un corso a Grosseto all’Accademia del gelato naturale. Lì mi hanno insegnato il metodo per bilanciare i vari ingredienti e come ricreare i gusti base. È stato molto interessante e ho capito che per fare il gelato non si può improvvisare, ma bisogna seguire una sorta di “formula”: ogni ingrediente deve essere inserito nelle giuste quantità in relazione a tutti gli altri. Inizialmente sono partita seguendo fedelmente le loro direttive, adesso sto cercando di trovare una mia strada, provando a sostituire alcuni ingredienti con altri, soprattutto quelle fibre vegetali che servono a dare stabilità al gelato.
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​Quali ingredienti usi per i tuoi gelati?
Ti dico subito che non uso preparati e niente di semilavorato. Per farti un esempio, quando preparo il pistacchio, parto dalla tostatura fino ad arrivare al prodotto finito. Per quanto riguarda le materie prime prima di tutto ho voluto utilizzare spezie, erbe e miscele sfuse che ho qui in negozio: sono nati così i gusti lavanda e miele, curcuma arancia e pepe nero, ma anche altri con il tè verde o rosso. Vorrei cercare di utilizzare di più anche gli oli essenziali, per adesso faccio soltanto la menta così. Per quanto riguarda i gusti alla frutta uso solo quella fresca di produttori toscani, da quella di Pan di Terra di S. Piero a Grado a quella di un’altra azienda di Campiglia. Inoltre i gusti alla frutta sono tutti senza latte, ma vista la grande richiesta faccio così anche il cioccolato fondente, il cocco e il pistacchio salato. Uso latte, panna e uova biologiche della Mukki, mentre per yogurt e ricotta, sempre biologici, mi rifornisco dall’azienda agricola Pedrazzi di Coltano. Questi ultimi due prodotti preferisco prenderli di pecora, perché li trovo più saporiti. I coni e le cialde sono senza glutine e vegani. Ci tengo anche a dire che sia palette che coppette sono biodegradabili, mentre per le vaschette per il momento ho dovuto ricorrere al polistirolo perché quelle biodegradabili purtroppo non riescono a conservare altrettanto bene il prodotto.​
Limone e basilico, curcuma arancia e pepe nero, lavanda e miele: come crei questi gusti così particolari?
In realtà sperimento molto; mi lascio un po’ guidare dagli ingredienti che ho a disposizione, per esempio uso solo frutta di stagione. A volte alcuni gusti riescono alla prima, come quello alla curcuma, per il quale avevo preso spunto da una bevanda biologica che acquisto spesso. Altre volte rielaboro gli ingredienti di centrifughe o simili. Ogni gusto lo realizzo singolarmente proprio per esaltarne e bilanciarne tutti gli ingredienti, non parto mai da una base bianca uguale per tutti. 

Pensi di continuare con il gelato per tutto il periodo invernale?
Non credo, probabilmente continuerò per tutto il mese di ottobre; poi penso che riprenderò intorno a marzo. Però abbiamo già messo la macchina del caffè, a cui uniremo una scelta di tisane e infusi in inverno.
 
Non ci resta che invitarvi a fare un salto a La Dispensa delle Erbe e approfittare di questo ottimo gelato prima che arrivi il freddo!
 
Immagini tratte da: foto dell’autore e gentilmente fornite da La Dispensa delle Erbe.
 
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La granita

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30/8/2018

La granita

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di Giuliano Sandroni
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​La granita è un must dell’estate, ideale per contrastare l’afa, a metà tra un gelato da mangiare con il cucchiaio e una bevanda da bere con la cannuccia, è dissetante, digestiva e irresistibilmente gustosa.
Ma come nasce la granita e soprattutto come è arrivata fino a noi?
La granita è stata introdotta in Italia dagli Arabi. Questi arrivarono in Sicilia nell’827 e portarono con sé la ricetta dello sherbet, bevanda ghiacciata aromatizzata con succhi di frutta o acqua di fiori, molto diffusa nel loro paese che può essere considerata progenitrice della nostra granita moderna.
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Inizialmente, la granita era realizzata con la neve dei monti siciliani, la quale veniva raccolta fin dal Medioevo dai Nivaroli, poi conservata e stivata durante l'anno nelle Nivieri, apposite costruzioni in pietra erette sopra grotte naturali o artificiali da cui in estate veniva prelevato il ghiaccio formatosi per essere poi grattato e ricoperto da sciroppi di frutta o di fiori. Questa preparazione, che sopravvive anche nella grattachecca Romana, era denominata Rattata (grattata) e restò diffusa fino al primo Novecento.
Dal XVI secolo per produrre la granita si ricorse al pozzetto, una sorta di tino realizzato in legno contenente un secchiello di zinco, che veniva girato con una manovella. L'intercapedine tra i due elementi veniva riempita con una miscela eutettica composta da neve e sale marino, il tutto successivamente posto in un letto isolante di paglia. La miscela congelava il contenuto del pozzetto e il movimento rotatorio impediva la formazione di cristalli di ghiaccio troppo grossi.
Solo nel XX secolo il pozzetto manuale viene sostituito dalla gelatiera, la neve dall’acqua e il miele dallo zucchero; tutto questo per produrre un impasto cremoso, privo di aria e ricco di sapore come è l’attuale granita.
Originariamente i gusti più tradizionali della granita erano limone, gelsomino e barba di becco; a essi se ne sono aggiunti altri diffusissimi per la sua bontà, quali mandorla, caffè e menta.
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Chiunque sia stato o andrà in terra di Sicilia non potrà esimersi, dopo aver contemplato le bellezze storiche e naturali di questa splendida regione, dall’intraprendere un itinerario del gusto in cui la granita, fa da padrona e non esiste bar in cui non la si veda consumare da sola, accompagnata alle tipiche brioche a cupola o, addirittura, aggiunta al caffè caldo o al tè.
Ad Acireale, dal 2012, tra maggio e giugno, si svolge il festival Nivarata dedicato al rito della Granita Siciliana artigianale.
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Immagini tratte da:
http://marynaplock.pl/wp-content/uploads/2017/08/granita_plyn.jpg
http://www.ecodegliblei.it/foto/grandi/02mostraghiacciopalermo.jpeg
 http://www.italianrecipebook.com/wp-content/uploads/2017/08/Sicilian-Brioche-with-Tuppo.jpg
 https://i0.wp.com/images.liveuniversity.it/sites/2/2018/04/granite-1.jpg?resize=990%2C556&ssl=1
 
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