di Giuliano Sandroni Nella storia, la frutta ha da sempre occupato un posto d’onore nell’alimentazione, grazie alla sua facilità di raccolta e alla possibilità di essere consumata anche senza nessuna trasformazione. Il suo gusto zuccherino è stato, insieme al miele, il primo contatto dell’uomo con il “dolce”. Tra le specie di frutta più diffuse, oggi come nel passato, certamente troviamo la mela, la pesca e la pera ma anche, come testimonia Plinio nei suoi scritti, il melograno. Importante quanto la raccolta era, indubbiamente, la conservazione dei frutti. Magone nel suo trattato di agronomia descrive alcune tecniche riferite soprattutto al melograno, il frutto sbollentato in acqua di mare e poi essiccato, oppure ricoperto di terracotta e appeso ad asciugare. Dello stesso periodo a Cartagine e a Capo Lilibeo sono state trovate testimonianze del consumo di nocciole, mandorle e noci, ma è certo che si consumassero anche pistacchi, datteri e castagne. L’uva si gustava in abbondanza sia fresca che passita. Nel periodo della massima potenza di Roma era già nota anche l’arte dell’innesto e si selezionavano ben 25 varietà di mele e 38 di pere; per conservarle immergevano i frutti interi nel miele, compreso il picciuolo. Anche Marco Gavio Apicio (I sec. d.C.), nel suo “De Re Coquinaria”, elenca alcuni suggerimenti sulla conservazione di uva, mele granate (sbollentate in acqua,) mele cotogne (miele e mosto cotto), fichi freschi, assieme a mele, prugne, ciliegie (nel miele), cedri (in vaso con il gesso), more (in sciroppo con mosto cotto). Nell’età medioevale, nei conventi dai grandi orti e giardini nascono i primi veri dolci di frutta composti, per lo più, da uva passa e fichi. Insieme a ciambelle, biscotti, focacce e dolci che venivano venduti ai pellegrini di passaggio, si potevano trovare dei dolci fritti, poi immersi nel miele e frutta, e anche semi e steli che venivano ricoperti di miele e canditi, in seguito utilizzati come ingredienti per torte. In Europa, dove le invasioni barbariche avevano ridotto notevolmente i consumi, solo le corti più opulente potevano permettersi i prodotti provenienti dall’Oriente che venivano esibiti durante i banchetti, magari anche dopo essere stati trasformati in gelatine o marmellate. Nel 1555, in Francia un grande profeta e autore di talento, Michel de Notre-Dame, il famoso Nostradamus, pubblica un trattato sull’arte di produrre marmellate e nel suo ricettario adatta alcune preparazioni orientali ai gusti francesi come nel caso della gelatina di ciliegie selvatiche e della marmellata di zenzero verde. A partire dal XVII secolo il numero delle confetture allo zucchero non fa che aumentare, compariranno acque distillate e bibite alla frutta, oltre ai gelati. La fantasia dei pasticceri, ridimensionata alle esigenze più moderne è andata sempre più affinandosi in un percorso di ricerca e di sperimentazione che si è protratto nei secoli, creando nuove preparazioni, pur mantenendo un indissolubile legame con la tradizione. Immagini tratte da: www.italyaround.com/wordpress/wp-content/uploads/2013/04/foto420.jpg https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/1/15/Oplontis_Pomegranate_bowl.jpg/800px-Oplontis_Pomegranate_bowl.jpg https://az809444.vo.msecnd.net/image/4216030/636x380/1/recipe-6pesche-e-lamponi-rossa-al-vino.jpg https://static.pourfemme.it/845X0/matrimonio/pourfemme/it/img/torta-nuziale-frutta-cioccolato.jpg
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