La definizione di gusto varia a seconda delle popolazioni e dei periodi storici in cui viene determinato e si può definire come il prodotto culturale della persona che si trova a determinarlo. Dare una definizione di “buono” o ”cattivo” gusto implica fare una sintesi del proprio passato, delle proprie abitudini socio culturali e storiche. Il gusto è sapere e ha una valenza soggettiva, ma è anche una esperienza culturale che ci viene trasmessa fin dalla nascita, che si trasforma e si evolve attraverso viaggi o nuove esperienze culinarie. Appare chiaro come la nostra idea di cucina e di sapori attualmente accettati e naturalmente preferibili sia variata nei secoli e appaia mutevole ai cambiamenti socio culturali futuri. La cucina odierna tende a distinguere i sapori in modo netto e deciso, riservando a essi uno spazio autonomo e l’idea dominante è quella che essa stessa debba rispettare il sapore naturale di ciascun alimento. In passato, invece, l’idea di cucina era quella di artificio, sovente si mescolavano sapori: un tipico esempio è il gusto dolce-salato, caratteristico di innumerevoli preparazioni medioevali e rinascimentali, oppure l’agrodolce che mescolava lo zucchero agli agrumi. Gusti non del tutto scomparsi, che si ritrovano nelle cucine europee più conservative come quella germanica o quella dei paesi dell’est europeo. Anche in Italia troviamo molti esempi di questo tipo, prodotti come la mostarda cremonese, dove si unisce il sapore piccante delle spezie a quello dello zucchero o del mosto che le dà il nome. Anche il piccione in crosta di miele della tradizione marocchina, l’agrodolce della cucina cinese, sono esempi di cucine di contrasto, tese a una ricerca di equilibrio. Anche i tipi di condimento nei secoli hanno subito variazioni notevoli: prima c’era meno uso di grassi, si ricorreva maggiormente a salse con ingredienti acidi come aceto, vino, succo di agrumi e succo agresto, tenuti insieme da mollica di pane, fegato, latte, latte di mandorla, uova. Con il passare del tempo, invece, sono nate e diffuse salse e condimenti più grassi come la besciamella, la maionese, e tutti gli intingoli tipici della cucina borghese dell’ottocento e del novecento. Anche nelle tecniche di cottura abbiamo avuto sviluppi notevoli e mutazioni. Spesso i tipi di cottura si sovrapponevano, anche per esigenze pratiche di conservazione e perché, incrociando tecniche diverse di cottura, si ottenevano particolari sapori e utili consistenze del cibo che ne facilitavano la fruizione prevalentemente manuale. Dopo la cucina alla brace o alla piastra, dopo i primi rudimentali forni a buca o a giara, arrivarono le cotture con acqua e con grassi. La frittura, a differenza della bollitura, non può essere fatta con sostanze naturali, come le pelli di animali, in seguito serviranno vasi ignifughi e impermeabili, come quelli di argilla. I primi contenitori adatti alla frittura comparvero circa 10.000 anni fa in Africa e in Medio Oriente. Dopo la terracotta, bisognerà attendere molto per un'altra vera innovazione nel modo di cucinare: il forno a microonde arriverà dopo 12.000 anni, ma non sarà assolutamente un miglioramento, vista la bassa qualità dei cibi che talvolta ne escono. Immagine tratta da:
2 Commenti
Giuliano sandroni
14/7/2017 10:38:37
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Alice
16/7/2017 16:33:55
Vorrei ricordare che la cucina agro-dolce è ancora abbastanza diffusa, non solo nel Nord-Europa, ma anche nel mantovano: esempi dei tortelli di zucca (ricetta rinascimentale, la preferita dei Gonzaga) , la mostarda di mele e pere a fettine caramellate, piccante all'estratto di senape, le cipolle cotte con aceto e zucchero, gli scalogni con zucchero di canna e chiodi di garofano, ecc....
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