L'affetto degli italiani per la pizza è dimostrato dal loro consumo medio elevato, non c'è dieta che tenga. In media mangiano 7,6 chili di pizza all'anno, circa 38 pizze napoletane a testa, un quantitativo che supera quello di molti paesi a partire dalla Francia, dalla Germania (4,2 chili) o dalla Spagna (4,3). (dati CNA) Ma, a sorpresa, ci sono posti dove la pizza è ancora più diffusa come il Canada, dove il consumo medio raggiunge 7,5 chili all'anno, e gli Stati Uniti, che si classificano al primo posto tra i fan della pizza con 13 chili a testa. Partendo da ingredienti poveri come l’acqua e la farina, per quattro consumatori su dieci è l'abilità delle mani dei pizzaioli a fare la differenza. Il segreto sta nella cura con cui viene lavorato l'impasto, un'arte tramandata di generazione in generazione. Dopo 8 anni di negoziati internazionali, a Jeju, in Corea del Sud, si è giunti a un voto unanime del Comitato di governo dell'Unesco per l'unica candidatura italiana, riconoscendo che la creatività alimentare della comunità napoletana è unica al mondo. Per l'Unesco, si legge nella decisione finale, “il know-how culinario legato alla produzione della pizza, che comprende gesti, canzoni, espressioni visuali, gergo locale, capacità di maneggiare l'impasto della pizza, esibirsi e condividere è un indiscutibile patrimonio culturale. I pizzaioli e i loro ospiti si impegnano in un rito sociale, il cui bancone e il forno fungono da ‘palcoscenico’ durante il processo di produzione della pizza. Ciò si verifica in un'atmosfera conviviale che comporta scambi costanti con gli ospiti. Partendo dai quartieri poveri di Napoli, la tradizione culinaria si è profondamente radicata nella vita quotidiana della comunità. Per molti giovani praticanti, diventare Pizzaiolo rappresenta anche un modo per evitare la marginalità sociale”. L'Organizzazione delle Nazioni Unite ha premiato così il lungo lavoro del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, che nel 2009 aveva iniziato a redigere il dossier di candidatura con il supporto delle Associazioni dei pizzaioli e della Regione Campania. L’attuale successo della pizza, che si afferma sempre più trasversalmente a livello sociale resistendo alla crisi economica mondiale di questi ultimi anni, la rende più esposta di altri prodotti alle agro-piraterie, tra mozzarelle di latte congelato, pomodori cinesi e farine di bassa qualità. Uno degli obiettivi principali della petizione all'Unesco è proprio combattere la contraffazione, a tutela del consumatore a cui devono essere garantiti prodotti di qualità provenienti dall'agricoltura italiana e anche a tutela dell'economia nazionale per la quale la pizza vale 200 mila posti di lavoro. Per fare questo occorre investire per tracciare le filiere e accreditare i prodotti di eccellenza e le aziende che li producono. Mettere per iscritto il luogo di nascita e le modalità di esecuzione della pizza, per Paolo Scudieri, presidente di Eccellenze Campane, è un modo di fermare l'Italian sounding che viene a devastare la nostra storia. L'arte del pizzaiolo napoletano riconosciuta come patrimonio Unesco è un fatto sensazionale, è il consacramento di un simbolo dalla tradizione millenaria, ma apre anche una traccia indicativa da seguire per un futuro in cui la cura delle nostre radici, la passione per il cibo, la capacità di farsi rappresentare all'estero dai nostri prodotti possano diventare elementi essenziali per lo sviluppo economico del nostro paese. In un mondo globalizzato, il Made in Italy, anche alimentare, ha davanti a sé ancora tante opportunità da sviluppare e questo premio, che ci riempie di orgoglio, deve servire da stimolo per farlo al meglio. Foto tratte da: foto n1 www.arteformazione.it/wp-content/uploads/2017/05/corso-pizzaiolo-600.jpg Foto n2 http://www.ricettapizzanapoletana.it/ Foto n3 http://www.truenumbers.it/wp-content/uploads/2016/03/consumo-pizza-pro-capite.png
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Febbraio 2021
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