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10/3/2016

La svolta biologica

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di Eva Dei
ImmagineLa campagna mugellana

In Italia il mercato del biologico è in espansione e raccoglie sempre più sostenitori, rivendicando il suo rispetto per la natura e il suo interesse per la salute dell’uomo. Ma è veramente sempre così?
Premettendo che non sono né una professionista né un’esperta in materia, il mio intento è quello di offrire un’informazione migliore, che serva da spunto per ulteriori approfondimenti e per una scelta più consapevole di quello che ognuno di noi acquista e mangia. Vi sarà utile saper discriminare tra i vari prodotti e materie prime, perché non bisogna dimenticare che oltre a compiere una scelta di tipo salutare, quando si parla di produzione alimentare entrano in gioco anche problemi e interessi di tipo economico e altri relativi alla sostenibilità ambientale.


ImmagineLa campagna maremmana
​Citando L. Feuerbach “siamo quello che mangiamo”. Ma cosa mangiamo?
​
Alla parola “biologico” si associa spesso l’immagine di un anziano agricoltore che alleva animali da cortile in aperta campagna e coltiva frutta e verdura con i metodi “di una volta”. Non usa pesticidi di sorta, al massimo si limita all’uso del rame per gli alberi da frutto, mentre per scacciare predatori e volatili dai raccolti si usa il buon vecchio spaventapasseri; gli animali da cortile vengono allevati liberi, all’aperto e non vengono nutriti soltanto con mangimi industriali.
Oggi il biologico è anche molto di più di questo; perciò associare imprescindibilmente biologico a salutare, etico e rispettoso dell’ambiente, credo sia un ragionamento abbastanza comodo e semplicistico. Inoltre, se guardiamo questa visione idilliaca pensando ai cambiamenti climatici, alle varie pesti che affliggono l’agricoltura e al numero della popolazione mondiale ci rendiamo conto che pensare di sfamare tutti in questo modo, volendo mantenere lo stile di vita odierno, è quantomeno difficoltoso. A mio avviso il primo nemico del biologico è rappresentato spesso dalla stesso consumatore: si vogliono acquistare prodotti già pronti, veloci da cucinare, senza pensare troppo al loro contenuto, ma preoccupandoci più della loro estetica. Sapete che circa un terzo della produzione mondiale di cibo viene gettata via? La maggior parte sono ortaggi e frutta, molti dei quali scartati per motivi estetici!


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Altro aspetto su cui riflettere è l’industria del biologico. Senza dubbio è utile l'esistenza di marchi, o di piccoli e grandi supermercati che si dedichino alla vendita del biologico. In questo modo spesso si fanno conoscere i produttori locali e si offre una maggiore scelta di prodotti spesso sconosciuti o sottovalutati, utili in particolare per persone che soffrono di particolari allergie e intolleranze. Sono quindi la prima ad acquistare e rispettare l’idea di biologico, ma non lo faccio in modo cieco e acritico. Facciamo un esempio abbastanza semplice; recentemente ci si è molto preoccupati dell'ampio utilizzo nei prodotti dolciari dell'olio di palma, sia da un punto di vista salutare (si è parlato di possibili disturbi cardiovascolari o comunque di difficoltà del nostro organismo nello smaltimento di questo tipo di grassi) sia etico (l'ampio utilizzo di questo prodotto porta infatti alla deforestazione di ampie aree per la coltivazione della palma da olio, limitando così la biodiversità delle coltivazioni e modificando l’ecosistema). Vi invito però a osservare che gran parte dei prodotti dolciari confezionati e definiti biologici contiene fra i suoi ingredienti principali proprio l’olio di palma. Ma allora mi chiedo: da questo punto di vista, e “solo” da questo, quanto è più sana ed etica una marca biologica dalle altre che non si dichiarano tali?
Vi lascio con questa domanda, sperando di avervi invitato a riflettere e documentarvi; una scelta è giusta in ogni caso quanto più è informata e consapevole!

Fonte:
- National Geographic, Marzo 2016.

Immagini tratte da:
- "La campagna mugellana" e "La campagna maremmana", foto dell'autore.
- "Mixed vegetables" da Wikipedia, pubblico dominio.


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