Di Enrico Esposito Lunedì scorso al Cantiere Sanbernardo abbiamo assistito a un concerto memorabile da parte del duo statunitense, che ha presentato i brani tratti dal secondo album Book of Transfigurations. Opening Act della serata Josephine Duo, il sodalizio di casa che ha introdotto gli spettatori all'interno di un viaggio corporeo e introspettivo. Burian era già arrivato da un bel pò. Annunciato, detestato, trionfante. Di Freezing air parla Julia Úlehla sale sul palco drappeggiato del Cantiere San Bernardo ai piedi di quello che era stato l'altare di una delle chiese più antiche e fregiate di Pisa. Julia è scortata da un soprabito che le copre il tronco interamente e alla sua destra a pochi passi fissa negli occhi e attende con serenità i virtuosismi ingegnati alla chirarra da Aram Bajakian, suo compagno di vita e di musica. Le due metà dei Dálava, progetto sonoro e canoro, che lascia sposare i lasciti letterari in moravo del bisnonno di Julia, Vladimir, con le sciabolate ritmiche di Aram, musicista dalla fama internazionale in passato al fianco di star del calibro di Lou Reed e Joh Zorn. Bajakian "spreme" all'ennesima potenza le corde del suo strumento inoltrandosi come in trance tra vortici di rock, ambient, folk e psichedelia. Sembra creare tutto di sana pianta piegato sulla chitarra in un moto di invasata grazia, e di improvvisazione sinergica con i raccon ti secolari sciorinati da Julia. Trasfigurazioni di fanciulle, uomini, animali selvatici e spiriti ancestrali si impossessano del corpo della cantante dai capelli ai talloni, investendola del ruolo di oracolo, di depositaria dell'eternità e familiarità di percezioni tramandate dagli abitanti del villaggio di Stratnize (oggi situato allo stretto confine tra Repubblica Ceca e Slovacchia) attraverso la raccolta "Živá Piseň" ("Canzoni Viventi") ereditata dal bisnonno biologo e appassionato di etnomusicologia, e pubblicata postuma nel 1949. Julia rifugge ben presto dal compitino canonico della canzone e della stentata interazione col pubblico. Julia rifugge ben presto dal compitino classico del canto e della stentata interazione col pubblico in nome di un'altisonante abbandono alle verità dei testi, alle emozioni di cui essi trasudano e perdurano nel respiro. Julia recita, con passione esplica e fornisce il suo punto di vista sulle massime narrate, scende dal palcoscenico per propagare tra gli astanti le vibrazioni della parola e i sussulti provati nell'animo. Anche Aram fa lo stesso nell'ultimo inebriante capitolo della loro performance, sbarcando tra le fila degli spettatori all'interno di un cerchio sospeso alla potenza dell'immaginazione, del vagheggiare e del sogno. Il moravo esuberante delle novelle del "Book of Transfigurations" diventa grazie all'arte sincera dei Dálava una lingua ammaliante che in barba alla necessità di traduzioni e revisioni invade la mente cullandola al di sopra di una realtà eterea e onirica, un Iperuranio di reminiscenze e esplorazioni. Burian è sopraffatto dall'estro della creatività e il Cantiere San Bernardo sembra tornare indietro nel tempo di quasi mezzo millennio. Julia e Aram hanno deciso di seminare per l'unica tappa italiana del loro Tour europeo nella Pisa matrigna della Pontedera che li ha visti consegnarsi in un'ebbrezza magnetica di teatro e musica (Julia è un mezzo soprano che per molti anni ha lavorato come attrice al Workcenter Jerzy Grotowski e Thomas Richards del Teatro Era). All' "incarico" non facile e allo stesso tempo esclusivo di "preparare" il pubblico del Cantiere all'arrivo dei Dalava, hanno ottemperato con successo Josephine Chiara Lunghi e Sara Pirrotto, l'alfa e l'omega del Josephine Duo. La chitarra acustica e solenne di Josephine, i cori rasserenanti e raffinati di Sara, l'incontro in un'unica concezione di un'arte musicale che celebra le mille voci della natura e dei suoi figli. Le ballate di Josephine liberano senza intoppi i richiami di fanciulle che corrono bellissime tra le fronde degli alberi e si inginocchiano ad ammirare l'immensità del mare oppure dirigono con acume l'udito all'ascolto di meravigliosi versi degli uccelli. I versi sussurrati e calibrati in delicatezza da Sara disegnano confini dilatati nello spazio e nel passato che annullano l'importanza della temporalità e dell'individualità per risalire la corrente della fonte pura di esperienze che abbevera gli animi pazienti. E sulla scorta del folk mimetico di Bob Corn, si compie la pace della riflessione.
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28/2/2018 Con le avventure di Numero Primo, Marco Paolini apre una nuova fase della sua carrieraRead Now
di Enrico Esposito
Lo conosciamo da sempre come un grande innovatore. O meglio come un appassionato scopritore, un amante vero della storia della sua nazione che, nonostante non abbia compiuto il percorso e possa ostentare il curriculum caratteristici del giornalista, è riuscito nell'impresa eccellente di riportare all'attenzione pubblica eventi di grande importanza del passato attraverso una forma di arte personale e sperimentale. Marco Paolini, bellunese classe 1956, rappresenta uno degli esponenti massimi del "teatro sociale" e del "teatro di narrazione" del quale si occupa sin dagli anni Settanta e per mezzo del quale ha dato alla luce una serie corposa di "album", spettacoli, opere musicali, libri, in cui ha trattato in italiano o in dialetto veneto argomenti disparati che spaziano dalla sciagura del Vajont alla strage di Ustica sino ad arrivare agli omaggi a capisaldi della letteratura italiana novecentesca come "Il sergente nella neve" di Mario Rigoni Stern e "Libera Nos a Malo" di Luigi Meneghello. Ma con "Le Avventure di Numero Primo", composto in tandem con Gianfranco Bettin e ideato nella duplice veste di spettacolo teatrale e romanzo, Paolini affonda lo sguardo tra le magagne del presente trasportandole in un futuro cybernetico dalle tinte fiabesche che ricorda per molti versi la "missione" inseguita da Charles Dickens oltre due secoli orsono con "Hard Times". Noi l'abbiamo visto in azione al Teatro Era di Pontedera. Nella serata del 17 febbraio scorso, il drammaturgo veneto ha portato in scena la sua ultima creazione, che l'ha visto in due ore circa catapultare gli spettatori in un viaggio intenso e comico, ultramoderno e tradizionalista, che si pone come una sfida affascinante nell'analisi dell'impatto della tecnologia sulla visione del mondo e della vita da parte degli uomini, e del rapporto di questi ultimi con le intelligenze artificiali. Come da consuetudine, Paolini vive il suo racconto senza alcun trucco o maschera, da solo, interagendo talvolta con i disegni di Antonio Panzuto e le musiche di Stefano Nanni, ma la sua sforza straordinaria consiste proprio in questo, nella capacità innata di intraprendere una narrazione basandosi sulle molteplici sfumature della voce, del corpo e dell'osservazione della realtà. Il Numero Primo di cui parla il titolo si dice sia un bambino di sei anni, ma non un bambino come gli altri. Numero Primo è l'identità che lui ha scelto per sè, in sostituzione di Nicolas Fermat, l'identificativo che ha ereditato e, nel fitto ventaglio delle ipotesi, una variante fanciullesca di Nicola, lo storico alter ego del Paolini degli album precedenti. Un cambio di personaggio, di prospettiva sul mondo e analisi dei comportamenti umani che dal "backstage" delle vicende che vedono come protagonista Ettore, un fotoreporer di guerra sessantenne pacifico e cortese, fuoriescono all'attenzione massima dello spettatore (e del lettore nella versione romanzesca), monopolizzandone il centro in maniera irresistibile. Dopo una vita di testimonianze precise e sofferenti, di servizio alle vite degli altri e di allontanamento dal proprio benessere, Ettore conosce un amore travolgente e delicato si ispira alle epistole del Dolce Stil Novo ma è configurato all'interno di una società postmoderna e quantistica, che non ha nulla da invidiare alle anticipazioni di Wells e Dick né alle estrose teorie di produzioni più recenti come il film "Her" di Spike Jonze. Ettore si affeziona via chat ad una donna misteriosa, dall'emblematico pseudonimo greco antico di Eknè. Una donna che non ha mai visto, probabilmente siriana, con la quale si scambia confessioni tenere e amare, non ricevendo però mai l'opportunità di incontrarla. Il legame duraturo e seminale che lo cattura lo spinge ad un certo punto a essere posto dinanzi ad una situazione per lui inedita, dalle responsabilità elevatissime e dai risvolti imprevedibili. Eknè gli annuncia di essere una malata terminale, che da un momento all'altro potrebbe essere scaraventata via dalla vita. Allora dovrà essere lui, Ettore, a prendere in custodia e a crescere suo figlio, Numero Primo, un bambino dalla bontà maiuscola e dall'intelletto ancor più fuori dal comune. L'eremita Ettore si ritrova a cogliere sensazioni nella vita sopite da tempo oppure dimenticate dai più in parallelo con il rombante fenomeno di svalutazione dell'importanza dell'umanità a favore della concorrenza famelica nel progresso e nella venerazione dei prodigi delle macchine. In un triangolo caro a Paolini che circuisce Belluno, Venezia e Trieste, il fotografo si fa testimone e complice delle peripezie grottesche occorse sul cammino di Numero Primo e della capra bionda comprata su Amazon che gli fa da scudiera lungo tutto il suo viaggio. Il tempo immaginato non è troppo lontano da quello presente, dal momento che accanto agli inevitabili segnali di un rinnovamento cybernetico della struttura e della convivenza cittadina (la scuola elementare Giosuè Carducci adesso è intitolata a Steve Jobs, lo stabilimento industriale di Marghera si è tramutato in una fabbrica di never artificiale e le antiche bellezze di Venezia riecheggiano soltanto attraverso i ricordi dei suoi abitanti), non possono essere cancellate del tutto le manifestazioni delle altre esistenze, le tracce di secoli e millenni delle creazioni derivate dalla mano dell'uomo e di Dio ancor prima di lui. Per tale ragione, in un trascinante intreccio dal registro volutamente "eccessivo" e dissacrante, Trieste è il teatro di un'invasione di pidocchi a scuola mentre in un'altra parte della città si addensa una rediviva comunità di giostrai, una rimembranza di Pinocchio che emerge anche nell'immagine del Centro Commerciale "Balocchi", che domina dall'alto l'intero territorio di Venezia. Multidialettismo e multietnia proliferano incessantemente grazie alla comparsa di personaggi buffi e stravaganti che giungono a scontrarsi con la sapienza formidabile espressa da Numero Primo, taciturno ma in grado di affidare a parole e gesti dall'apparente semplicità il potere ipnotizzante della fantasia. La fama del bambino prodigio dalla parola incantatrice percorre come un fulmine le vallate venete e si trasforma rapidamente in una minaccia gravissima alla conservazione della leadership del controllo digitale e robotico. La narrazione delle avventure di Numero Primo viene allentata dalle interferenze prodotte da voci di nuovo senza nome e senza volto. Interlocutori che discutono della sicurezza mondiale, dei metodi con cui risolvere una questione diretta verso l'inconciliabile armonia con il "mondo prima" alla quale l'intelligenza artificiale anela. Un finale aperto e minaccioso per una fiaba metropolitana e dickensiana che Paolini intesse con una maestria da applausi. Una storia avvincente e ricercata che conserva freschezza grazie alla trasposizione letteraria e getta le basi per la progettazione di un Album dalle prospettive incondizionate. Un ringraziamento speciale a Micle Contorno per l'eccezionale disponibilità grazie alla quale è stato possibile scrivere questo articolo Per approfondimenti: - www.jolefilm.com - http://www.albumdinumeroprimo.it/ - https://www.facebook.com/albumdinumeroprimo/ - https://www.facebook.com/Marco-Paolini-39022962928/ - www.teatroera.it Immagini tratte da: - Immagini 1 e 2 da https://www.facebook.com/teatroerapontedera/ - Immagine 3 da www.ibs.it TEATRO VERDI di Firenze
XX Stagione Teatrale da venerdì 2 a domenica 4 marzo SOGNO DI UNA NOTTE DI MEZZA ESTATE di WILLIAM SHAKESPEARE regia MASSIMILIANO BRUNO BIGLIETTI da Euro 19,00 a 31,00 disponibili presso le prevendite. Stefano Fresi, Giorgio Pasotti, Violante Placido, Paolo Ruffini e con Maurizio Lops Rosario Petix Dario Tacconelli Zep Ragone Alessandra Ferrara Antonio Gargiulo Tiziano Scrocca Claudia Tosoni Annalisa Aglioti Sara Baccarini Scene e costumi: Carlo De Marino Musiche: Roberto Porcaccini Coreografie: Annalisa Aglioti Produzione esecutiva: Fabrizio Iorio Prodotto da: Francesco Bellomo per Corte arcana L’Isola Trovata ” Se noi ombre vi abbiamo irritato non prendetela a male, ma pensate di aver dormito, e che questa sia una visione della fantasia…noi altro non v’offrimmo che un sogno”. Mito, fiaba, e quotidianità si intersecano continuamente senza soluzione di continuità all’interno di questa originale versione del noto testo shakespeariano, sempre originalmente e genialmente contaminate e ricreate dalla fervida fantasia dell’adattamento. Il Sogno di una notte di mezza estate è un vero e proprio teorema sull’amore ma anche sul nonsense della vita degli uomini che si rincorrono e che si affannano per amarsi, che si innamorano e si desiderano senza spiegazioni, che si incontrano per una serie di casualità di cui non sono padroni. NOTA DI REGIA di MASSIMILIANO BRUNO “Quello che voglio da questo Sogno è tirare fuori la dimensione inconscia che Shakespeare suggeriva neanche troppo velatamente. Puntellare con l’acciaio la dimensione razionale imprigionata nelle regole e nei doveri bigotti e rendere più libera possibile quella onirica, anarchica e grottesca. E così il nostro bosco sarà foresta, Patria randagia di zingari circensi e ambivalenti creature giocherellone, Puck diventerà un violinista che non sa suonare, Bottom un pagliaccio senza palcoscenico, Oberon un antesignano cripto-gay e Titania una ammaestratrice di bestie selvagge. L’intenzione è essere affettivi senza essere affettuosi, ferire per suscitare una reazione, divertire per far riflettere, vivere nella verità del sogno tralasciando la ragione asettica e conformista. Un Sogno di una notte di mezza estate che diventa apolide e senza linguaggio codificato, semplici suoni e immagini che sono meravigliose memorie senza mai essere ricordi.” Giovedi 1 Marzo 2018 ore 21 incontro con l'autore in Sala Cinema Giovedì 1 marzo, il Cinema Caffè Lanteri di Pisa dedica il primo appuntamento primaverile della rassegna Fumetti&Popcorn ad un ospite speciale, Andrea Benei, editore della GRRRz Comic Art Books e della neonata Sido, con la quale in veste di autore ha fatto uscire nel 2017 il suo primo libro “Pubblicare come un’artista”. Alle 20 in Sala Cinema l’autore accompagnato dalla protagonista del suo libro, Silvana Ghersetti, figura di spicco nel panorama fumettistico italiano e sua socia nella vita, sarà in doppio dialogo con Tuono Pettinato, tra i fumettisti storici della scuderia GRRRz, e Amerigo Mariotti fondatore di Adiacenze, spazio espositivo dedicato all’arte contemporanea di Bologna con cui la GRRRz collabora dal 2014, per raccontarci “della più imprevedibile e scatenata casa editrice italiana”, ma soprattutto per introdurci alla comprensione di un libro come questo, che si può definire “un vero e proprio saggio critico sull’opera della più sorprendente direttrice editoriale” ponendosi la domanda: “e se fosse tutta una performance?”, e della sua necessità all’interno del panorama del fumetto italiano. La GRRRzetic Editrice è nota per essere una delle fucine più efficaci e influenti del fumetto d’autore e dell’illustrazione italiani. Una realtà sconosciuta a molti, ma non a chi vuole firmare libri disegnati. Un catalogo inestimabile di quelli che oggi sono grandi nomi, ma che all’inizio avevano soltanto una certezza su cui fondarsi: piacevano a Silvana Ghersetti, l’indomabile creatrice della GRRRz. “Pubblicare come un’artista” si pone una semplice domanda: e se i “suoi” libri in realtà fossero una forma d’arte? Troppo avventate certe scelte, troppe feste, troppe soddisfazioni e troppe crisi per essere una normale casa editrice. E se invece fosse una factory? E i libri? Troppo costosi in produzione e troppo economici al pubblico, troppo desiderati e troppo fatti bene, troppo già entrati nel mito e ricercati dai collezionisti. Dunque, se pubblicare da editore è una cosa, la GRRRz è completamente un’altra questione: è pubblicare come un’artista. Una tipica storia di editoria, ma più movimentata del solito, perché dentro c’è un mondo, quello dei comics, che influenza tutti gli ambiti della cultura e dell’arte contemporanee pur rimanendo una nicchia colta, strampalata, popolata di personaggi geniali e frequentata da un pubblico di lettori forti e fanatici. Andrea Benei è ufficio stampa e ghostwriter. Ha lavorato per diverse case editrici prima di mettersi in proprio e rifondare la GRRRz Comic Art Books, specializzata in fumetto e illustrazione. Dopo sei anni da questo avvio, ha creato le Edizioni Sido, con lo scopo di occuparsi anche di narrativa e saggistica. Vive e lavora tra Genova e il suo paese d’origine, San Giovanni Valdarno. Cinema Caffè Lanteri Via San Michele degli Scalzi 46, Pisa www.cinemalanteri.com | caffe@cinemalanteri.com 26/2/2018 Comunicato Stampa: Brasile, pop e cover d’autore. Chiara Civello presenta Eclipse al Teatro Puccini di FirenzeRead Now
CHIARA CIVELLO
Martedì 27 febbraio 2018 – ore 21 Teatro Puccini - via delle Cascine, 41 – Firenze
Il pop italiano più elegante, le influenze brasiliane, una manciata di cover sorprendenti, gli arrangiamenti elettronici. Tutto questo e molto altro è “Eclipse”, il nuovo album che Chiara Civello presenta martedì 27 febbraio al Teatro Puccini di Firenze (ore 21:00 – biglietti 25/18 euro – prevendite nei punti Box Office Toscana http://www.boxofficetoscana.it/punti-vendita tel. 055.210804 e online su www.boxol.it ewww.ticketone.it).
“L'Eclisse è un’ombra nel sole o un sole nell’ombra, è una macchia scura che ha il sapore del vuoto e gli argini infuocati. È la fine di qualcosa e l'inizio di altro. La vita ha tante eclissi, tanti vuoti e col tempo ho imparato a lasciarli risuonare... e a farli ballare”. Gli elementi fondanti della musica di Chiara acquistano un sapore nuovo, grazie alla produzione illuminata di Marc Collin (Nouvelle Vague), che trova un perfetto equilibrio tra atmosfere classiche e sonorità moderne. “L’ho conosciuto a Parigi nell'estate del 2015 quando aprivo il concerto di Gil e Caetano, ed è stato amore a prima vista. Dopo aver ascoltato le mie nuove canzoni, Marc mi ha proposto una lettura nuova, che preservava le mie caratteristiche ma le accostava a suoni molto speciali. Non gliel'ho fatto ripetere due volte: sono partita per Parigi, ho preso una casa a Marais e ci siamo immersi in un magico mondo di organi elettrici anni ‘70, uccellini e suoni di vento, batterie elettroniche e musicisti geniali abbiamo creato il sound di Eclipse”. Per lavorare al nuovo repertorio, Chiara si è circondata di qualche amico di talento: Francesco Bianconi (Baustelle) e Pippo Kaballà hanno scritto con lei la rarefatta “New York City Boy”; Cristina Donà è la co-autrice di “To Be Wild”, sognante e malinconica; al raffinato chansonnier milanese Diego Mancino è affidato il compito di raccontare “Come vanno le cose”, in apertura dell’album; il sorprendente talento dei giovani cantautori Dimartino e Diana Tejera è al servizio di “Cuore in tasca” e di “La giusta distanza”. Le atmosfere brasiliane affiorano qui e là in tutto l’album, ma sono due le canzoni che Chiara dedica al suo mondo musicale d’elezione: “Sambarilove”, un contagioso "sambalanço" scritto a quattro mani con Rubinho Jacobina (che duetta con Chiara), e “Um Dia”, firmata con l'eclettico chitarrista Brasiliano Pedro Sà. La scelta delle cover ha uno spiccato sapore cinematografico: c’è una versione intima per chitarra e voce di “Amore”, amore, amore, scritta da Alberto Sordi e Piero Piccioni; “Quello che conta”, interpretata da Luigi Tenco e scritta da Ennio Morricone e Luciano Salce per il film “La Cuccagna”, è un magnifico omaggio al cantautore genovese, a cinquant’anni dalla sua drammatica scomparsa; “Eclisse Twist” è una celebrazione del cinema di Michelangelo Antonioni, che scrisse la canzone con Giovanni Fusco per affidarla alla voce di Mina. E a proposito della Tigre di Cremona, c’è anche una versione decisamente originale del superclassico “Parole parole”. Racconta ancora Chiara: “In ogni disco io cerco una nuova ‘prima volta’, un nuovo sogno e una nuova sfida. Eclipse ha realizzato il mio desiderio di fare un album ‘visuale’, pittorico, di ‘canzoni cinematiche’, canzoni in pellicola. In una soggettiva che potesse permettere a chi ascolta di viverle e di vederne la luce, le ombre, il chiaroscuro, i controluce. Da lì nasce anche la mia scelta di inserire delle cover legate al cinema Italiano. Antonioni, Piccioni, Sordi, Tenco, Salce, Morricone, e così questo mio nuovo ciclo si chiude e i miei vuoti si colorano, cosa che la copertina di Matteo Basilè ha ritratto alla perfezione”. È giusto raccontare ancora un aneddoto, che ha dato a Chiara la certezza di essere sulla retta via musicale: “Una domenica pomeriggio, mentre passeggiavo sovrappensiero su Pont Sully, chiedendomi se quella cinematica fosse la via giusta, i miei occhi, vaganti come per un segnale divino, all'improvviso si sono fermati sul volto di Claudia Cardinale che attraversava placidamente lo stesso ponte per tornare a casa. L'ho seguita con lo sguardo, con il cuore gonfio, poi l'ho rincorsa, ho preso coraggio, l'ho fermata e raggruppando le uniche due parole che la timidezza e lo stupore mi lasciavano pronunciare le ho detto: "Grazie, Claudia". La cantautrice (voce, chitarre, pianoforte) sarà affiancata sul palco da Seby Burgio (tastiere) e Federico Scettri (batteria ed elettronica). Info spettacolo Teatro Puccini - via delle Cascine, 41 – Firenze Info tel. 055.362067 - 055.667566 www.bitconcerti.it - www.teatropuccini.it - #civellofi18 Organizzazione: Prg Firenze www.prgfirenze.it 24/2/2018 La Stand-up comedy sbarca a Pisa: IlTermopolio incontra Ivano Bisi e Nicola SelenuRead Now
Nella fantastica cornice del Leningrad Cafè abbiamo intervistato l’eclettico stand-up comedian Ivano Bisi e il fondatore di Stand-up Comedy Italia Nicola Selenu. Un’occasione per entrare più da vicino nel mondo della stand up.
Ivano che piacere conoscerti, parlaci un po’ di te e di come la Stand-up comedy sia entrata nella tua vita?
Grazie a voi per questa intervista. Ho iniziato a muovere i primi passi sul palco quasi per caso. Ho chiesto a un amico se a Pisa esistesse la stand up comedy e lui mi ha messo in contatto con Nicola Selenu. Nicola mi ha spiegato che a Pisa non c’era una realtà che si occupava di stand up ma mi spinse a esibirmi. Per me che non sono mai salito su un palco è stata dura ma mi sono lanciato, anche grazie al supporto di Nicola che aveva intravisto il mio potenziale, leggendo alcune battute sulla pagina facebook che gestisco, ovvero il Cinemaniaco. Purtroppo i palcoscenici delle Stand Up non sono molto sponsorizzati e tuttora si fa un po’ di fatica a emergere ma la Stand up attira tanta gente. Ad esempio la prima volta che ci esibimmo fu al Mixart e vennero una settantina di persone, non solo curiosi ma anche diversi cultori. In Toscana la situazione della stand up è un po’ moscia e, se devo essere sincero, devo ringraziare vivamente i ragazzi del Leningrad Cafè, perchè il vero focolare della stand up comedy Toscana adesso si trova proprio a Pisa. Ivano tutti si chiedono cos’è la Stand-up comedy? Puoi parlarcene meglio? Meglio di me ti saprà rispondere il nostro Nicola (ride). Io faccio stand Up solo da due anni e non so spiegarti bene cos’è, ma posso spiegarti la differenza che c’è tra un ragazzo che fa stand up e un altro che fa semplice cabaret. Intanto in America questa distinzione non esiste perchè per loro è tutto cabaret, ma noi in Italia e in Europa, seguendo i dettami della commedia dell’arte, abbiamo questa distinzione: il cabarettista è generelamente colui che si traveste, interpreta un personaggio, fa il suo tormentone e diverte la gente. Questo è cabaret nudo e crudo, l’artista non rivela nulla di sé ma mette in mostra un personaggio. Nella stand up, invece, l’artista si mette in gioco, non interpreta nessun personaggio, non indossa nessuna maschera ma parla al pubblico come se fosse tra un gruppo di amici. Questo è il mio personale modo di vederla, te l’ho fatta molto breve ma è la mia visione artistica. Nei miei spettacoli scherzo con il pubblico e interagisco con loro il più possibile. Chiaramente, invito tutti a leggere i manuali che hanno scritto sulla stand up e non solo, ma sono sicuro che Nicola saprà spiegarti al meglio la definizione.
Cosa ci vuole per essere uno stand-up comedian e quanto lavoro c’è dietro?
Io le prime volte pensavo che bastasse scrivere, imparare a memoria e salire sul palco, invece non funziona affatto così. Elabori e scrivi il tuo testo, lo impari, lo inizi a provare ma devi rendere tutto spontaneo, la gente deve seguirti e deve crederti in quel momento. Tutto quello che vedi sul palco è frutto di una spontaneità ricercata quindi di un duro lavoro. Bisogna provare e riprovare per rendere propri gli spettacoli. Io mi sono affacciato al mondo della stand up da due anni e non ho ancora tanta esperienza, forse per questo molte cose mi riescono in maniera spontanea. C’è sicuramente chi è più portato e chi magari non lo diventerà mai. Ho iniziato facendo teatro parrocchiale con testi comico-demenziali in toscano, non avrei mai creduto di imbarcarmi in quest’avventura. Facevo cabaret nudo e crudo, non avevo proprio idea di cosa fosse la Stand up e posso dirti che non è affatto facile esibirsi. Devi riuscire a dominare il pubblico, a coinvolgerlo altrimenti sarà lui a dominarti. Devi essere molto bravo a improvvisare e il favore del pubblico, a volte, può permetterti di uscire da qualsiasi imprevisto. Per fare stand up c’è bisogno di una base teatrale? Questa è una bella domanda. Se io ti dicessi di sì toglierei la possibilià a molte persone inesperte o magari che non hanno mai fatto teatro di cimentarsi in questa disciplina, ma non posso nemmeno dirti di no perchè altrimenti contraddico il discorso che ti ho fatto prima. Ogni movimento è studiato. Dietro c’è uno studio mostruoso e gli artisti affermati, i professionisti, come Louis C.K. per intenderci, non lasciano nulla al caso e il loro lavoro è frutto di anni e anni di studio ed esercizio. Per essere uno stand up comedian di un certo livello non devi essere affatto pigro e come ogni cosa bisogna vederla come un lavoro per poter evolvere e diventare sempre più bravo. Sai come si dice no? Se ti piace il lavoro che fai, non lo farai mai controvoglia perchè appunto lo stai facendo con passione.
Cosa ti ha spinto a lanciarti in questo mondo?
Se devo essere sincero ogni volta che salgo su un palco mi ripeto: “questa è l’ultima volta” (ride), l’ansia che sento è altissima ma poi sento le risate e le urla degli spettatori e tutto questo scompare. Io poi sono esagerato riesco anche a non mangiare. A Milano provai un’ansia assurda, lo stomaco chiuso dalla tensione perchè davanti a me avevo dei personaggi che si erano esibiti in Tv. Palpitazioni, cuore che scoppiava ma mi sono lasciato andare ed è andata benissimo. Mi chiedi cosa mi ha spinto? A essere sincero non lo so, ma forse quell’ebrezza che senti quando la gente ride e partecipa con te, ecco forse è quello che mi spinge a esibirmi, il forte legame che si crea tra attore e pubblico. L’essenza della stand up, di quello che facciamo ogni giovedì tra le mura del circolo Leningrad Cafè sta tutta li. Le emozioni, il calore, le sensazioni le senti tutte e sono bellissime. Per l’artista queste cose sono molto importanti ed è questo ciò che ci spinge a esibirci. Nella stand Up Americana, ad esempio, il rapporto con il pubblico è molto scarno. I loro spettacoli vengono trasmessi molto in tv, ma la tv tende ad appiattire le emozioni. Ho visto molti comici esibirsi dal vivo e fare delle performance mostruose e risultare apatici in Tv e credo sia dovuto proprio al fatto di esibirisi davanti a una platea di spettatori, ci nutriamo di quelle emozioni e senza di esse non saremmo così brillanti e autentici. Che tipo di differenze ci sono tra stand-up comedy italiana e quella made in USA? Non ci sono tante differenze. Noi prendiamo in giro Berlusconi o Grillo, così, lo diciamo per par condicio, altrimenti accusano IlTermopolio di essere fazioso (ride ndr) e loro prendono in giro Donald Trump. Facciamo quasi gli stessi discorsi a livello di satira politica. Ma quello in cui loro sono più forti è il riuscire a sfornare comici parecchio bravi che riescono ad affrontare temi seri e profondi con una leggerezza, facendo ridere di gusto il pubblico. É chiaro che in America sono tantissimi e la loro tradizione di stand up è molto più ampia ma riescono a essere sempre leggeri e attuali allo stesso tempo, affrontando ogni tipo di argomento. Noi in Italia parliamo dei soliti argomenti perchè la gente nel nostro paese non vuole essere infastidita o toccata in maniera particolare. Nella stand up, invece, bisogna traverstirsi da lupo per affrontare argomenti scottanti. A volte si parla di cancro, si ironizza su malattie o su handicap particolari ma è chiaro che il comico in quel caso non vuole offendere la sensibilità di nessuno. Noi facciamo pura satira e lo facciamo per scuotere le anime delle persone. Quando invece si forza su certi argomenti o si è volgari, in quel caso si è fuori contesto e scontati e allora hai sbagliato professione. Bisogna avere personalità.
Nicola grazie per quest’opportunità, com’è nata l’idea di fondare Stand up Comedy Italia?
Stand up Comedy Italia è nata nel 2014, dopo sei anni in cui ho fatto improvvisazione teatrale comica, però avendo sempre il pallino della stand up. Avevo e ho una grande passione. Dopo essermi reso conto che non riuscivo a farla all’interno del contesto della compagnia teatrale ho cercato delle opportunità in giro. Molti erano scettici perchè dicevano che in Italia non c’è la cultura per la stand up e proprio per questo ho deciso di cimentarmi in quest’impresa, per poter lanciare la STAND UP COMEDY IN ITALIA. Bisogna dire che in Italia ci sono parecchi artisti affermati in questo settore ma non facevano niente di concreto. Non davano la possibilità alle nuove leve di farsi avanti, di lanciarsi. E allora mi sono rimboccato le maniche e ho creato il sito, la pagina Facebook e non solo: ho dato vita al primo evento in pieno stile Open Mic in cui chiunque, emergenti e non, potessero portare cinque minuti di monologo umoristico a Milano dove vivo. Questo singolo evento è stato solo l’inizio di questa mia avventura, perchè le serate sono diventate un appuntamento fisso e il successo è stato talmente forte che abbiamo continuato a fare serate ogni due settimane. Attorno a questo movimento si è creato una folta schiera di fan che addirittura ci ha portato anche fuori Milano: Brescia, Biella, Rimini, Bologna, Piacenza, con delle date fisse e la risposta del pubblico è stata più che positiva. Tutto questo ha permersso al pubblico di poter assistere live a questi spettacoli, a molte persone di conoscere questo mondo e agli artisti di affinare le proprie capacità e soprattutto di essere conosciuti. Le differenze più importanti tra Italia e Usa? In America la stand up è molto forte, come spiegava prima Ivano. Molti comici che oggi vediamo nelle vesti di attori o conduttori televisi in molte pellicole o in molti spettacoli su Netflix, sono nati proprio dalla stand up. Alcuni di loro lo hanno fatto per 10 anni. La lista è davvero lunga, credimi: Jim Carrey, Robin Williams, Eddie Murphy, tutte persone che hanno fatto tanta gavetta per poi trovare una formula ben più remunerativa. Pensa, anche Woody Allen ha iniziato dalla stand up. In Italia non abbiamo tutti questi anni di spettacoli stand up e quindi siamo indietro anni luce dagli USA. Io, nonostante abbia partecipato a Comedy Central, non posso dire che canali tematici come questo possano incrementare l’interesse del pubblico nei confronti della stand up. Comedy central IT in Italia viene trasmesso solo su Sky mentre in America è il canale di punta della comicità, il punto di riferimento per i comici e per il pubblico. Purtroppo, in Italia abbiamo troppa fretta di bruciare le tappe, dobbiamo per forza avere un riscontro positivo per poter lanciare qualcosa, mentre in America hanno la pazienza di aspettare e questo li porta a sfornare comici come Louis C.K., un talento che ha impiegato tanti anni per sbocciare.
Cos’è la stand up per te Nicola?
La stand up è una forma di umorismo che ha pochi reali paletti. Ognuno chiaramente dà una sua definizione ma io posso darti, da padre di stand up comedy Italia e grosso appassionato, una definizione piuttosto ampia. Sicuramente, bisogna fare una grande distinzione con il teatro classico: nel teatro si fa il monologo, nella stand up si fa un dialogo. Il comico che fa stand up non ha la quarta parete e di conseguenza si rivolge direttamente al pubblico, per questo non è raro che si interagisca con il pubblico e soprattutto non c’è mai un’esibizione di stand up uguale all’altra, perchè il pubblico fa tutto, il pubblico fa la differenza. L’energia e le diverse sensazioni che riescono a darti i diversi tipi di pubblico con cui ti confronti modificano i tuoi spettacoli e di conseguenza quello show diventa unico nel suo genere. Al teatro hai le luci puntate in faccia e devi portare davanti alla platea semplicemente il tuo pezzo. Non puoi permetterti di integrare battute o comunicare con gli spettatori, devi portare a termine il tuo spettacolo e devi essere puntuale come un orologio svizzero. La tua esibizione deve essere il più possibile calibrata sul pubblico. La stand up è più sporca, cattiva, in mezzo al fumo delle sigarette o all’alcool, o può essere più pulita, sofisticata, satirica. Il pubblico può trovarsi di fronte il comico più satirico, più pungente o quello più osservazionale, che magari si concentra su fatti o aspetti della vita quotidiana. Ti dico tutto questo per farti capire che esistono mille forme per fare stand up.
In Italia pensi che la satira sia completamente estinta?
È dura in questo momento storico poter affrontare questo argomento. Posso solo consigliare a te e a tutti i lettori del Termopolio di leggere l’articolo sulla satira di Daniele Luttazzi, un grande importatore e creatore di contenuto di stand up comedian, aldilà delle polemiche e accuse di cui è stato oggetto. Lui è stato un grandissimo autore e un grandissimo tecnico e sui tecnicismi Luttazzi è stato un maestro. Ha scritto un bell’articolo riguardo la satira, "Mentana a Elm Street", che, secondo me, dovrebbe essere la bibbia per tutti quelli che vogliono portare avanti un certo tipo di umorismo. Sintetizzo un concetto dei mille che spiega splendidamente ovvero che il comico se la deve prendere con il carnefice e non con la vittima; questo è fondamentale, ogni battuta ha una vittima, ha un obiettivo, ha un target e questo dev’essere il carnefice. Se tu fai un tipo di umorismo in cui attacchi la vittima stai facendo un tipo di umorismo fascistoide. Questo non è solo il pensiero di Luttazzi ma è anche il mio. Bisogna fare sempre attenzione al messaggio che stiamo mandando perchè il messaggio è importantissimo. Non vogliamo fare solo ridere, anzi, la riflessione è fondamentale per la stand up. Il messaggio che deve passare non deve ridursi a messaggio buono o cattivo, la differenza sta nel diffondere un messaggio corretto o nel ridurlo al minimo, semplicemente facendo ridere. Ringraziamo Ivano e Nicola per la disponibilità e tutto lo staff del Leningrad Cafè di Pisa per la splendida collaborazione. Foto tratte da: a cura di Giorgio Piccitto.
Venerdì 23 Febbraio 2018
Per il quarto anno consecutivo, l'Orsa Minore partecipa a "M'illumino di meno", l'iniziativa promossa dalla trasmissione Caterpillar su Radio2 per promuovere il risparmio energetico, con "Libri a lume di Candela" Dalle 20.30 alle 22.30 la stanza delle mappe della libreria sarà illuminata dalle candele e verranno letti alcui brani tratti dal libro "Norwegian Wood - il metodo scandinavo per tagliare, accatastare e scaldarsi con la legna" di Lars Mytting (Utet). "In un mondo sempre più veloce e metropolitano, tra cemento e smartphone, fermarsi a contemplare e praticare l'antica arte del legno può essere un'inattesa via di salvezza. Il norvegese lars mytting ci racconta passo passo come si scelgono gli alberi, come si tagliano, come si accatasta la legna e come la si mette da parte per farla asciugare e poi, alla fine, bruciare. Ma mentre ci parla di taglialegna, di motoseghe e di camini, quello che poteva sembrare un semplice manuale pratico diventa una meditazione sull'istinto di sopravvivenza e sul rapporto tra uomo e natura, fatto di tempi lunghi e silenzi. Una lezione di vita, pragmatica e spirituale al tempo stesso, che poteva provenire solo dalle fredde terre scandinave, dove gli uomini da secoli si tramandano le tecniche e le abilità necessarie alla lavorazione del legno ma anche la pazienza e il rispetto nei confronti delle foreste, di quegli alberi che consentono di costruire le case e riscaldarle col fuoco."
Sabato 24 Febbraio 2018
L'Orsa Minore è felice di ospitare la presentazione del nuovo libro di Paolo Ciampi "Il sogno delle mappe" edito da Ediciclo. Piero Monti dialogherà con l'autore a partire dalle 17.30, nei locali della libreria. Paolo Ciampi - scrittore e viaggiatore fiorentino con più di 20 libri al'attivo - ci mostra la magia delle mappe, finestra per vedere il mondo, per immaginarlo, per sognarlo. Le mappe servono a organizzare la sorpresa, diceva Chatwin. E in esse è ancora possibile ritrovare noi stessi e i nostri viaggi.
Era il febbraio del 1968 quando un gruppo di quattro giovani capelloni, dalla barba folta e dall’aria un po’ strampalata fece il suo esordio nel famoso Marquee Club di Londra, locale dove si esibivano fra gli altri The Who e i Rolling Stones. Quei quattro musicisti erano i Jethro Tull, e da quel momento iniziarono la loro scalata al successo internazionale contribuendo a cambiare le sorti della musica rock, specialmente a partire dagli anni ’70. L’esplosione del fenomeno progressive rock che invase Europa e Stati Uniti a partire dalla loro nativa Inghilterra portò il gruppo capitanato da Ian Anderson, voce, chitarra e soprattutto flauto (il primo ad aver introdotto questo strumento nel rock), a essere considerato come uno dei più originali e interessanti act dell’epoca che ancora oggi conta un grande seguito fra vecchi e nuovi fan.
Ed è per celebrare la loro storia che quest’anno taglia il traguardo dei cinquant’anni che la band inglese si imbarcherà in un tour mondiale che toccherà anche l’Italia in estate con cinque date, l’ultima delle quali il 24 luglio a Firenze, in Piazza della Santissima Annunziata nell’ambito del Musart Festival 2018. Le prevendite dei biglietti (platea numerata 69/57,50/46 euro – tribuna 34,50 euro) sono iniziate lunedì 19 febbraio nei circuiti di Box Office Toscana www.boxofficetoscana.it/punti-vendita (tel. 055.210804) e online su www.boxol.it (tel. 055.210804) e www.ticketone.it (tel. 892.101). Disponibile un Gold Package a 129 euro comprendente biglietto di primo settore, cena a buffet all’interno dell’Istituto degli Innocenti, ingresso al Museo degli Innocenti (dal lunedì alla domenica orario 10:00/19:00). In più, durante i giorni del Musart Festival gli spettatori potranno visitare, gratuitamente, alcuni dei luoghi d'arte più significativi attigui a piazza della Santissima Annunziata. Partendo dal blues rock e mischiando successivamente folk, hard rock e influenze classiche in dosi sempre più massicce, i Jethro Tull hanno pubblicato una lunga serie di lavori apprezzati da pubblico e critica dell’epoca e che ancora oggi, a distanza di un quarto di secolo, sono considerati come pietre angolari per un certo tipo di sonorità rock più elaborate, arrivando a vendere oltre 60 milioni di copie in tutto il mondo. I live sono sempre stati l’ambiente più naturale per i Jethro Tull, una macchina da palco che ha perennemente saputo dare prova di tecnica sopraffina e groove, con il frontman Ian Anderson a interpretare il ruolo di bardo e menestrello catapultato nel XX secolo da chissà dove, istrionica e folle icona della band. Insieme a lui la nuova formazione che comprende David Goodier (basso), John O'Hara (tastiere), Florian Opahle (chitarra), Scott Hammond (batteria), e la partecipazione di special guests virtuali, per un’esperienza live che ripercorrerà le hit e i brani simbolo che hanno fatto la storia, pescati da album quali Aqualung, Benefit, Thick As A Brick, Songs From The Wood e tanti altri. Jethro Tull 50th Anniversary Tour Mer 18 luglio - PORTO RECANATI (MC), Arena Gigli Gio 19 luglio - ROMA, Auditorium Parco della musica - Cavea Sab 21 luglio - CAGLIARI, Arena S. Elia Dom 23 luglio - MILANO, Ippodromo Snai di San Siro Mar 24 luglio - FIRENZE, P.zza SS.ma Annunziata Per maggiori informazioni: www.musartfestival.it www.bitconcerti.it www.ventidieci.it www.musicalbox2.0promotion.it www.jethrotull.com Immagine gentilmente fornita da Ufficio Stampa Musart Festival ![]() Martedì 27 febbraio ore 21 TEATRO ERA - PONTEDERA Compagnia Gli Ipocriti Maria Amelia Monti MISS MARPLE: GIOCHI DI PRESTIGIO di Agatha Christie adattamento dal romanzo di Edoardo Erba con Roberto Citran, Sabrina Scuccimarra, Sebastiano Bottari, Marco Celli, Giulia De Luca, Stefano Guerrieri, Laura Serena scena Luigi Ferrigno costumi Alessandro Lai luci Cesare Accetta musiche Francesco Forni regia Pierpaolo Sepe TUTTO ESAURITO Martedì 27 febbraio alle ore 21 è tutto esaurito al Teatro Era di Pontedera con Miss Marple la più famosa detective di Agatha Christie, che sale sul palcoscenico con la simpatia di Maria Amelia Monti e dà vita a un personaggio contagioso, accompagnata da Roberto Citran e Sabrina Scuccimarra e un gruppo di giovani attori. Edoardo Erba adatta il famoso romanzo di Agatha Christie Miss Marple per creare una commedia contemporanea con l’interpretazione di Maria Amelia Monti e la regia di Pierpaolo Sepe. Siamo alla fine degli anni ‘40, in una casa vittoriana della campagna inglese. Miss Marple è andata a trovare la sua vecchia amica Caroline, una filantropa che vive lì col terzo marito, Lewis, e vari figli e figliastri dei matrimoni precedenti. Di questa famiglia allargata, fa parte anche uno strano giovane, Edgard, che aiuta Lewis a dirigere le attività filantropiche. Il gruppo è attraversato da malumori e odi sotterranei, di cui Miss Marple si accorge ben presto. Durante un tranquillo dopocena, improvvisamente Edgard perde i nervi: pistola in pugno minaccia Lewis e lo costringe a entrare nel suo studio. Il delitto avviene sotto gli occhi terrorizzati di tutti. Ma le cose non sono come sembrano. Toccherà a Miss Marple capire che ciò che è successo non è quello che tutti credono di aver visto. Una produzione Compagnia Gli Ipocriti. Afferma Pierpaolo Sepe: «Non stupisce come tra tutti i generi - letterari e non - il Giallo rimanga il più popolare. Come del resto testimonia il proliferarsi di serie tv che portano questo marchio, e quello dei suoi vari sottogeneri: noir, thriller, poliziesco. Ciò che sorprende invece è il fatto che un ambito così truculento abbia tra i capostipiti un’anziana signora inglese, Agatha Christie, e che proprio a lei dobbiamo l’invenzione di una delle prime “criminologhe” della storia: Miss Jane Marple. Da abile conoscitrice della natura umana, Christie ha saputo sfruttare, come nessun altro, la sottile seduzione che l’uomo avverte nei confronti del suo aspetto più letale, dei suoi istinti più cruenti, e se ne è servita per costruire trame che rimangono tutt’oggi capolavori di suspense e di mistero. I lavori di Agatha Christie non sono certo una novità per Edoardo Erba, traduttore italiano dei suoi testi teatrali e autore del nostro adattamento, ma è stato solo con l’apporto di un’attrice del calibro di Maria Amelia Monti che è stato possibile immaginarsi di portare per la prima volta sul palcoscenico la sua detective più famosa; Miss Marple, per l’appunto. Ho lasciato libera Maria Amelia di inventare la ‘sua’ Marple, e quel che ne è risultato è un personaggio molto diverso dalla placida vecchina di campagna, come siamo soliti vederla. Questa Marple assomiglia molto di più a quella dei primi romanzi della Christie; più dispettosa, rustica e imprevedibile, ma sempre dotata di quella logica affilata che le permette di arrivare al cuore delle vicende. La vediamo seduta a fare la sua maglia, come chi insegue una linea di pensiero intrecciato su se stesso, per sbrogliare la matassa e ritrovare il filo della verità. Come un fool scespiriano in continuo contrappunto con il resto dei personaggi - indaffarati a inseguire i propri affanni - Miss Marple sottolinea con ironia e leggerezza le ridicole passioni da cui nessuno è immune, restituendoci con sfrontata franchezza la natura umana per quella che è, senza lasciarsi abbindolare dalle maschere che quotidianamente indossiamo per celarla agli occhi degli altri. Le scene, le luci, i costumi e le musiche, concorrono a costruire un thriller cupo e carico di tensione, continuamente alleggerito dall’intelligente e irresistibile ironia di Maria Amelia Monti. Bisogna veramente essere dei grandi prestigiatori per raccontare i Gialli, e dove, se non a teatro - il luogo della dissimulazione per eccellenza - può riuscire il trucco più rischioso di tutti?» TEATRO ERA via Indipendenza, s.n.c. – 56025 Pontedera (PI) www.teatroera.it Info: el. 0587 55720/57034 teatroera@teatrodellatoscana.it BIGLIETTI Biglietti - spettacoli in sala Salmon Intero € 20,00 ● Ridotto € 18,00 ● Studenti € 12,00 RIDUZIONI Under 18 e over 60, soci Unicoop Firenze e altre associazioni convenzionate il cui elenco sarà disponibile in biglietteria e sul sito. ACQUISTO BIGLIETTI Biglietteria Teatro Era via Indipendenza, s.n.c. – 56025 Pontedera (PI) Telefono 0587.213988 Orario: dal martedì al sabato dalle ore 16.00 alle 19.30; domenica e lunedì riposo. Biglietteria online www.teatroera.it I biglietti sono in vendita anche presso il Circuito Regionale Box Office www.boxofficetoscana.it Biglietteria serale È possibile acquistare i biglietti di tutti gli spettacoli della stagione durante le serate di spettacolo presso la biglietteria del teatro.
Tutto quello che c’è da sapere sull’evento del 23 febbraio alla Stazione Leopolda di Pisa.
Venerdì 23 febbraio si terrà alla Stazione Leopolda di Pisa la seconda edizione di “Leopoldo il Chemiurgo” una giornata-evento a ingresso gratuito organizzata da Arci La Staffetta, che avrà al suo centro la storia e alcune eccellenze toscane, creando un dialogo tra sfere diverse, ma accomunate dall’innovazione. L’evento, reso possibile grazie ai contributi per la Festa della Toscana concessi dal Consiglio Regionale, ha ripreso nel suo nome una figura storica come quella di Pietro Leopoldo d’Asburgo Lorena, ricordato da tutti come Leopoldo I granduca di Toscana. Leopoldo fu sicuramente un precursore del suo tempo, firmando il 30 novembre 1786 proprio a Pisa la legge di Riforma Criminale, nella quale è presente all’articolo 51, ovvero l’atto di Abolizione della Pena di morte. In questo modo il granduca rese la Toscana il primo Paese al mondo ad abolire la tortura e la pena di morte, ponendosi all’avanguardia di molti stati europei. Dal 2000 la Toscana celebra il 30 novembre, ricordando questo illustre personaggio e la sua riforma. Oltre a questo episodio, sicuramente molto noto, la figura di Leopoldo I si lega alla città di Pisa anche sotto altri aspetti. La città della Torre era la residenza privilegiata del granduca per trascorrere l’inverno ed è a lui che si devono molti interventi che fanno di Pisa la città che conosciamo oggi: a partire dalle modifiche a Piazza Carrara (ex Piazza San Nicola), fino alla costruzione del Teatro Rossi, senza dimenticare la Certosa di Calci con la sua Foresteria Granducale. Leopoldo I si occupò anche di un miglioramento nell’assetto dei viali di San Rossore e del viale principale che da Pisa porta alle Cascine; a lui si deve la collocazione alle due estremità dell’ingresso del Parco, di quattro statue di soggetto mitologico provenienti dal Giardino di Boboli, due delle quali ancora esistenti: le originali sono conservate al Museo Nazionale di San Matteo mentre le copie sono ancora visibili in loco. Non stupisce quindi che una delle piazze più belle della città sia a lui dedicata: stiamo parlando di Piazza Martiri della libertà (Piazza Santa Caterina) con il monumento ottocentesco composto dalla scultura di Luigi Pampaloni e dal basamento decorato con bassorilievi di Emilio Santarelli e Temistocle Guerrazzi, che celebrano l’opera restauratrice del granduca verso l’agricoltura, il commercio e la protezione delle arti.
Se questa è la base storica che ha ispirato l’evento, il seminario che inizierà alle 11:30 vedrà un susseguirsi di progetti innovativi. Se la chemiurgia indica quella branchia della chimica e dell’industria che si propone di realizzare i suoi prodotti partendo solo da materie prime agricole e naturali, senza sprechi e senza lenire l’ambiente, allora uno dei protagonisti è sicuramente il progetto che da ormai due anni Arci La Staffetta porta avanti con l’Azienda Agricola Carmazzi di Torre del Lago.
Un progetto volto alla coltivazione di canapa sativa per uso alimentare che, nello specifico, ha portato alla realizzazione di due prodotti ad alto valore nutraceutico, quali la Hempitaly, birra alla canapa toscana, e un digestivo alla canapa, sempre con lo stesso marchio. La ricerca nel campo della canapa non si ferma qui, ma investe anche l’Università di Pisa e in particolare il gruppo di Fitochimica del Dipartimento di Farmacia, che ha portato avanti un progetto per l’estrazione dell’olio essenziale di canapa. Lo studio si è concentrato sull’utilizzo di quella parte della pianta che normalmente è considerata uno scarto dalla filiera, cioè il fiore, trasformandola invece in una risorsa dalla quale ricavare un prodotto di alto valore. L’olio essenziale di canapa può infatti essere impiegato in diversi modi, da repellente naturale contro i parassiti fino ad aromatizzante per vari prodotti.
Storia, alimentazione, scienza e ricerca e infine non poteva mancare l’arte. L’evento oltre alla presenza di una mostra di ben tre diverse artiste, Sara di Bartolomeo, Sara Chiara Strenta e Virginia Marchetti, prevede anche un interessante intervento sulla Land art ad opera di FUCO Fucina Contemporanea. La Land art è una forma di arte contemporanea nata negli Stati Uniti alla fine degli anni sessanta, ma che annovera al suo interno anche diversi artisti italiani, tra cui Mauro Staccioli e Luca Serasini. L’intervento degli artisti privilegia grandi spazi solitari, in cui l’espressione artistica non è volta a inserire delle installazioni artificiali in ambienti naturali, ma si configura piuttosto come un intervento di modifica dell’ambiente ricorrendo prevalentemente agli stessi elementi naturali. In questo modo si crea un dialogo tra arte e natura suscettibile ai mutamenti del tempo, fino al momento in cui la natura non arriva a inglobare nuovamente l’opera d’arte modificandola o cancellandola totalmente.
Queste sono solo alcuni degli interessanti protagonisti dell’evento che vedrà ovviamente anche l’alternarsi di momenti ludici con il workshop di capoeira a opera di Capoeira Angola Guerreiro de Palmares Pisa e il pranzo e l’apericena organizzati dall’Azienda Agricola Biologica Biorialto.
Per maggiori informazioni: https://www.facebook.com/events/146436742820024/ http://www.arcilastaffetta.it/ Foto tratte da: foto gentilmente fornite da Arci La Staffetta. |
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Dicembre 2022
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