Sabato 10 alla ore 21
domenica 11 marzo alle ore 17.30 Teatro Era - Pontedera Khora.teatro in coproduzione con Fondazione Teatro della Toscana Vinicio Marchioni Francesco Montanari UNO ZIO VANJA di Anton Čechov adattamento Letizia Russo con Milena Mancini, Lorenzo Gioielli, Nina Torresi, Andrea Caimmi, Alessandra Costanzo, Nina Raia scene Marta Crisolini Malatesta costumi Milena Mancini e Concetta Iannelli musiche Pino Marino luci Marco Palmieri regia Vinicio Marchioni Durata: 2h e 30’, con intervallo. La malinconica tragedia delle aspirazioni deluse di persone che, a forza di pensare, hanno finito per rinunciare ad agire o che tentano di reagire, ma falliscono mettendosi in ridicolo. Vinicio Marchioni dirige e interpreta con Francesco Montanari Uno zio Vanja di Čechov nell’adattamento di Letizia Russo. Con Milena Mancini, Lorenzo Gioielli, Nina Torresi, Andrea Caimmi, Alessandra Costanzo, Nina Raia. Rileggendo il testo, Marchioni ha trovato che la vecchia piantagione piena di debiti al centro del dramma ricordasse la crisi del nostro Paese, la nostra mancanza di fiducia e speranza. In questa nuova versione di Zio Vanja, i protagonisti ereditano un teatro di provincia, in uno dei luoghi fortemente colpiti dagli ultimi terremoti. Quelle macerie sono una metafora della nostra situazione: non per parlarne in modo negativo, ma per cercare la marcia giusta per ripartire. In fondo è a questo che Čechov ci invita: capire quanto sia meschina l’esistenza borghese, così priva di slanci e di entusiasmi, così mediocre e vuota, per inventarsene una diversa. E uscire dalla gabbia che ci siamo fabbricati per diventare uomini migliori. Le scene sono di Marta Crisolini Malatesta, i costumi di Milena Mancini e Concetta Iannelli, le musiche di Pino Marino, le luci di Marco Palmieri. Una produzione Khora.teatro in coproduzione con Fondazione Teatro della Toscana. Si vive, semplicemente (o ci si avvicina alla morte giorno dopo giorno), e nel vivere si soffre, in un grigiore permanente e alienante. “Volevo solo dire alla gente – affermò Čechov – in tutta onestà: guardate, guardate come vivete male, in che maniera noiosa”. È il 26 ottobre del 1899 quando va in scena per la prima volta al Teatro d’arte di Mosca Zio Vanja, oggi considerato uno dei drammi più importanti dello scrittore russo. Il suo stile, modellato sul tragicomico del quotidiano, restituisce con fascino irripetibile e struggente le complesse sfaccettature dell’esistenza umana. Lo spettacolo nell’adattamento di Letizia Russo (da un’idea di Vinicio Marchioni e Milena Mancini) con il titolo Uno zio Vanja, fa perno su precise note di contemporaneità della scrittura čechoviana, per esaltarne la straordinaria attualità creativa, nell’assoluto rispetto delle dinamiche tra i personaggi e dei dialoghi del testo classico. Questa riedizione di Zio Vanja vuole essere uno specchio in cui possiamo vedere riflessa la nostra incapacità (o non volontà) di essere felici. Può essere una visione sgradevole, ma gli specchi hanno un lato salutare: se quello che appare non ci piace, possiamo tentare di cambiarlo. Vinicio Marchioni dirige il lavoro e interpreta zio Vanja, con Francesco Montanari (Astrov), Milena Mancini (Elena), Lorenzo Gioielli (Serebrijakov), Nina Torresi (Sonja), Andrea Caimmi (Telegin), Alessandra Costanzo (Marija), Nina Raia (Marina). Le scene sono di Marta Crisolini Malatesta, i costumi di Milena Mancini e Concetta Iannelli, le musiche di Pino Marino, le luci di Marco Palmieri. Una produzione Khora.teatro in coproduzione con Fondazione Teatro della Toscana. Protagonista dei quattro atti originali è Ivan Petrovic Voiniskij, zio Vanja appunto, che per anni ha amministrato con scrupolo e abnegazione la tenuta della nipote Sonja versandone i redditi al cognato, il professor Serebrjakov, vedovo di sua sorella e padre di Sonja. Unica amicizia nella grigia esistenza di Vanja e di Sonja è quella del medico Astrov, amato senza speranza da Sonja. Per il resto sono tutti devoti al professore, che credono un genio. Serebrjakov si stabilisce con i due, insieme alla seconda moglie, Elena. Le illusioni sono presto distrutte: alla rivelazione che l’illustre professore è solo un mediocre sfacciatamente ingrato, zio Vanja sembra ribellarsi: in un momento d’ira arriva a sparargli, senza colpirlo. Nemmeno questo gesto estrema modifica il destino di Vanja e di Sonja, che riprendono la loro vita rassegnata e dimessa, sempre inviando le rendite della tenuta al professore tornato in città con la moglie. Note di Regia “I temi universali della famiglia, dell’arte, dell’amore, dell’ambizione e del fallimento, inseriti in una proprietà ereditata dai protagonisti della vicenda di Zio Vanja, sono il centro della messa in scena. Cosa resta delle nostre ambizioni con il passare della vita? E se fossimo in Italia oggi, anziché nella Russia di fine 800? La nostra analisi del capolavoro čechoviano parte da queste due domande, che aprono squarci di riflessioni profondissime, attraverso quello sguardo insieme compassionevole, cinico e ironico proprio di Anton Čechov, finalizzato a mettere in scena gli uomini per quello che sono, non per come dovrebbero essere. Vinicio Marchioni
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Domani (mercoledì 7 marzo) il primo incontro dedicato a Virgo #PeriodoBluPisa Domani (mercoledì 7 marzo) il primo di un nuovo ciclo d’incontri a Palazzo Blu. Come recita il sottotitolo "Viaggio alla scoperta dei talenti della città”. Pisa, da Galileo in giù, non è mai stata particolarmente attenta alle glorie cittadine. Per provare a invertire questa tendenza, Palazzo Blu ha deciso di mostrare alcune delle attività e personalità che si esprimono, spesso con fama e riconoscimenti internazionali, sul nostro territorio. Alle più canoniche attività scientifiche si affiancheranno, con una volontà di apertura a più vasti e diversificati settori di pubblico, anche coloro che hanno espresso le loro doti in settori differenti. Il titolo della serie d’incontri: “Preziose conoscenze”, gioca su un doppio senso che si riferisce al sapere che i protagonisti ci trasferiranno ma, al contempo, anche al piacere che ci farà scoprire che esistono e incontrarli direttamente. Gli appuntamenti con i talenti della città si terranno nell’Auditorium di Palazzo Blu nei mesi di marzo e aprile, tutti i mercoledì alle 17.30. In programma domani (mercoledì 7 marzo) il primo incontro: Carlo Bradaschia, Diego Passuello e Massimiliano Razzano ci presenteranno il centro Virgo di Navacchio e le onde gravitazionali. Pagina fb https://www.facebook.com/PalazzoBluPisa Profilo Instagram https://www.instagram.com/palazzoblupisa/ Profilo Twitter https://twitter.com/PalazzoBlu Hashtag Periodo Blu #periodoblupisa Maggiori informazioni sulla conferenza nel file pdf: ![]()
di Sara Portone
Immagini tratte da:
Foto 1:http://www.mandelaforum.it/ Foto 2: https://www.facebook.com/events/144387426356553/?event_time_id=144387436356552 Foto 3: https://www.facebook.com/events/144090589590566/ Foto 4: http://www.teatrodipisa.pi.it/calendario-opera/500-l-italiana-in-algeri/event_details Foto 5: https://www.teatropuccini.it/ Foto 6: https://www.teatroverdifirenze.it/ Roberto Toni per ErreTiTeatro30 Elena Sofia Ricci GianMarco Tognazzi Maurizio Donadoni VETRI ROTTI di Arthur Miller traduzione Masolino D'Amico con (in ordine di alfabetico) Elisabetta Arosio, Alessandro Cremona, Serena Amalia Amazzone scena Andrea Taddei costumi Barbara Bessi luci Gaetano La Mela musiche Stefano Mainetti aiuto regia Norma Martelli regia Armando Pugliese produzione ErreTiTeatro30 spettacolo prodotto da Roberto Toni in collaborazione con Regione Toscana e Ministero per i Beni e le Attività Culturali si ringrazia Comune di Figline e Incisa Valdarno foto Mario D'Angelo durata 2 ore e 20 minuti compreso intervallo Elena Sofia Ricci, GianMarco Tognazzi, Maurizio Donadoni interpretano Vetri rotti di Arthur Miller, con la regia di Armando Pugliese, e la scena di Andrea Taddei (regista, scenografo, costumista che ha collaborato in passato con il CSRT di Pontedera). È una lettura psicosomatica dell’avvento nazista e dell’orrore dell’Olocausto. Protagonista del dramma è una donna ebrea americana colta di sorpresa, nel novembre del 1938, dalla notizia della ‘Notte dei Cristalli’ che arriva da Berlino, dove la montante esaltazione antisemita ha portato squadre di nazisti a distruggere le vetrine dei negozi di proprietà di ebrei. Ad ‘andare in frantumi’, contemporaneamente, è anche la sua salute, il suo corpo, la sua mente che somatizza l’evento provocandole la paralisi delle gambe. I due uomini che le sono più vicini, il marito e il medico tentano due cure opposte: il primo minimizza le notizie sempre più preoccupanti che arrivano dalla Germania, il secondo le trasmette forza ed energia per reagire. Una produzione Roberto Toni per ErreTiTeatro30. Trattando il tema immenso dell’Olocausto, con Vetri rotti Arthur Miller torna indietro alla ricerca delle proprie percezioni e sensazioni di allora, ambientando questa sua opera nella Brooklyn del 1938, isolata e provinciale, soddisfatta della propria mediocrità. Ancora una volta si intrecciano psicanalisi, drammi storici sociali e personali, con una sottile denuncia nei confronti della responsabilità individuale. Sylvia Gellburg, ebrea, casalinga, viene improvvisamente colpita da un’inspiegabile paralisi agli arti inferiori. Il medico, Herry Hyman, suo coetaneo e conoscente, è convinto della natura psicosomatica del male e, al tempo stesso, è sentimentalmente attratto dalla donna, mentre il marito di Sylvia, Phillip, non riesce ad accettare quanto sta accadendo. Ben presto emerge che Sylvia è ossessionata dalle notizie delle persecuzioni contro gli ebrei in Germania. Sono gli echi della Kristallnacht, ma forse l’angoscia della protagonista per quegli avvenimenti si somma ad altre fonti di frustrazione e inquietudine. È come se vivessero e parlassero per conto di tutti di un qualcosa che è più vita e attualità quotidiana che letteratura o teatro: la paura, della malattia, del dolore fisico, di quello psicologico, la paura del futuro… È appena avvenuta la ‘Notte dei cristalli’ nella lontana e barbara dell’Europa. Sylvia, donna bella, amata e protetta, non sa darsi pace: continua a leggere la notizia sui giornali, continua a guardare l’immagine di due ebrei anziani costretti a pulire un marciapiedi con uno spazzolino da denti, mentre la folla intorno, guarda e ride. Sylvia sente, come una medium, che sta succedendo qualcosa di grande e terribile. Ma intorno a lei non se ne accorge nessuno. La prima ufficiale di Vetri rotti ha avuto luogo al Long Wharf Theatre di New Haven il 1° Marzo 1994. L’edizione italiana ha debuttato a Bologna il 28 febbraio 1995, per la regia di Mario Missiroli, con Valeria Moriconi e Roberto Herlitzka. Intervista a ELENA SOFIA RICCI di Angela Consagra Com’è nata la scelta di interpretare sulla scena questo personaggio di Miller? La scelta è nata proprio da me, che cercavo qualcosa di nuovo da portare in teatro. A me piace confrontarmi con i grandi classici, soprattutto con quei testi classici meno indagati e meno visti dal pubblico perché non spesso messi in scena. Così dalla mia libreria è come se fossi stata chiamata da questo libriccino dell’Einaudi, Vetri rotti di Miller appunto, che era rimasto ancora incartato nel cellophane: l’avevo comprato almeno venti anni fa e per qualche motivo misterioso non l’avevo ancora letto. Tutto ciò accadeva circa un anno fa, e ricordo allora di essermi detta: "Ma cosa ci fa questo testo di Miller qui, con Valeria Moriconi in copertina?" Forse la risposta giusta è che aspettavo di diventare grande abbastanza per potermi mettere un po’ sulle orme di questa grandissima signora della scena... Valeria Moriconi è sempre stata per me un grande riferimento artistico, infatti dedico a lei questo spettacolo: io devo molto alla signora Moriconi per quello che mi disse una volta incoraggiandomi a non lasciare il teatro. In seguito io ho dovuto farlo per alcuni anni, avendo due figlie non ho saputo lasciarle sole a casa, ma il teatro è rimasto sempre la mia passione e la mia scuola vera. Ho letto il testo di Vetri rotti in poco più due ore, occorreva una certa attenzione per leggerlo, e me ne sono innamorata immediatamente. Ho intravisto subito la straordinaria attualità di quest’opera e mi sono anche molto sorpresa del fatto che non fosse mai stata rappresentata dal ‘95 ad oggi. Mi sono chiesta perché nessuno avesse mai avuto voglia di recuperare in questi ultimi anni un testo talmente tragicamente contemporaneo, così in men che non si dica ho mandato il testo al regista Armando Pugliese con cui collaboro da tanti anni e senza il quale mi sentirei persa in palcoscenico. Anche lui ha pensato che fosse una bella sfida, sia dal punto di vista della difficoltà dell’interpretazione e dell’analisi del testo, sia dal punto di vista della regia perché si tratta comunque di undici scene che dovrebbero svolgersi in ambienti diversi. Ci siamo circondati di attori straordinari, a partire da Gianmarco Tognazzi e Maurizio Donadoni, e abbiamo iniziato la costruzione di questo spettacolo. Il viaggio all’interno di questo testo è stato davvero interessantissimo, con il tentativo di restituirne tutti gli infiniti livelli di lettura: si parte dalla Notte dei Cristalli, dalla tragedia della guerra e del nazismo che sta per abbattersi sull’Europa, fino ad arrivare ad una riflessione sull’essenza del matrimonio e della crisi della coppia. Miller scrisse Vetri rotti nel ‘94, quando ormai era già tutto accaduto, ed è un Miller maturo che ci getta con la sua scrittura in un mare di interrogativi: più si diventa adulti e meno certezze si hanno nel corso della nostra esistenza. Io stessa sono influenzata nella vita dai miei studi di psicologia e psichiatria, quindi abbiamo cercato di sottolineare anche il messaggio che va al di là dell’Olocausto e della Notte dei Cristalli in Germania: i vetri rotti sono anche quelli di una coppia in frantumi e della percezione che ognuno ha di sé. Tutti e tre i protagonisti sono a pezzi come i vetri rotti di Berlino, tutti sono vittime e carnefici allo stesso tempo. Ciascuno ha una diversa percezione di se stesso e del proprio essere ebreo, quindi gli interrogativi che pone il testo di Miller sono molteplici: cosa significa essere ebrei? Chi siamo noi veramente? Siamo riusciti davvero ad essere noi stessi oppure la paura ci ha reso paralitici ed impotenti? I testi classici ed alcuni temi, come quello dell’Olocausto, mantengono sempre una loro validità e parlano ad ogni spettatore contemporaneo: questa è la forza del teatro e in particolare del vostro spettacolo... Per parlare di questo testo dobbiamo pensare che si tratti di una tragedia, molto più di un dramma, anche se un po’ si ride... Abbiamo visto l’entusiasmo generale del pubblico che ha visto le nostre repliche, ci ha colpito il fatto che anche i ragazzi delle scuole si riconoscano in certe tematiche legate al testo: il rovesciamento della coppia, l’aggressività, il femminicidio... Il pubblico è un elemento fondamentale senza il quale il teatro non ha senso. Il pubblico è con noi durante la recitazione, noi attori misuriamo la nostra interpretazione in base a come il pubblico reagisce fin dai primi minuti dello spettacolo ed in questo senso si può asserire che il pubblico sia non solo spettatore, ma anche protagonista con noi in scena. Noi attori dipendiamo totalmente dal pubblico. Lei è un’attrice molto popolare e amata dal pubblico; dopo aver fatto tanto teatro, cinema e Tv ci si sente mai ad un punto di arrivo e al sicuro, in qualche modo? No, mai! Adesso con l’interpretazione di questo personaggio di Miller mi sono sentita come una debuttante... Più passano gli anni e più avverto di essere come agli esordi: sono consapevole e cosciente di ciò che ci si aspetta da me, così mi tremano sempre le gambe prima di una nuova prova. Magari a venti o trent’anni questo non accadeva perché ero più incosciente. Oggi porto con me in scena cinquantasei anni di vita che ho cercato di non farmi passare accanto, ma da cui mi sono fatta attraversare e che mi accompagnano sul palcoscenico.
![]() Sabato 3 marzo ore 21 - domenica 4 marzo ore 17.30 Sala Cieslak – Teatro Era Associazione Teatro Buti Dario Marconcini I BEI GIORNI DI ARANJUEZ di Peter Handke con Dario Marconcini e Giovanna Daddi palcoscenico Riccardo Gargiulo e Mariacristina Fresia luci Riccardo Gargiulo impianto sonoro Fluvio Innocenti regia Dario Marconcini Sabato 3 marzo alle ore 21 e domenica 4 marzo alle ore 17.30 in sala Cieslak al Teatro Era Dario Marconcini e Giovanna Daddi operano ancora una volta una scelta coraggiosa nell’autore da mettere in scena. Con una sinfonia narrativa rigorosa e precisa presentano I bei giorni di Aranjuez di Peter Handke, scrittore, drammaturgo, cronista austriaco tra i più importanti del nostro tempo. I bei giorni di Aranjuez di Peter Handke è un dialogo tra due personaggi, un uomo e una donna, in un’atmosfera di sospensione, di attesa, di preparazione, che si spegne nell’incompleto, nell’incompiuto, dentro un paesaggio naturale ma indefinito. «Quello che ci affascina di questo testo, a parte la sua irrappresentabilità» - scrive Dario Marconcini – «è che qui, Handke, invece di essere quell’autore di pièce provocatorie che hanno contraddistinto il suo percorso teatrale, attraverso un dialogo estivo, calmo, quasi sospeso nel tempo e nello spazio, ci dà la possibilità, immobilizzando il corpo degli attori attorno a un tavolo, di lasciarsi andare, solo con la parola, a onde di ricordi e visioni dove veglia e sogno sono presenti. È per lo scrittore un segno di cedimento o l’apertura per un altro mondo? Verso...ou sont les neiges d'antan? Solo attraverso le regole, che scandiscono un gioco di domande/risposte, si possono ritrovare quelle nevi? È nella mente dell'autore, nel mistero della sua scrittura che l'attore cerca di penetrare, assumendola su di sé e questo è il compito più difficile, ma solo così si possono toccare i fili di quella trama nascosta che ci avvicina e ci rivela il suo mondo. Forse la vera provocazione di Handke qui sta nell'evocare qualcosa che si va perdendo e viene da citare Brecht quando diceva "tempi cupi quando discorrere di alberi è quasi un delitto". Ma, alla fine, Handke dà di nuovo spazio ai suoi fantasmi e questo paradiso perduto, questa quiete, dove la confessione, la sincerità, il sogno, le visioni, sono linfa vitale permessa, viene turbata dall'irrompere là dentro di tutto il rumore di quel mondo da cui invano si vuol fuggire. Il momento della contemplazione si smarrisce anche se l'incantamento e le domande sul mistero dell'esistenza restano immanenti come, non senza una certa ironia, l'ultima. Chi può sapere che cosa sonnecchia nelle segrete nebbie del tempo?» Domenica 4 marzo dopo lo spettacolo al Teatro Era si terrà un incontro, aperto al pubblico, con la compagnia coordinato dal Dott. Igor Vazzaz. L'incontro è inserito nel progetto Scritture sulla Scena, il progetto di formazione per studenti universitari che prevede un ciclo di incontri e approfondimenti critici, con il coordinamento scientifico della professoressa Anna Barsotti dell’Università di Pisa. TEATRO ERA via Indipendenza, s.n.c. – 56025 Pontedera (PI)
www.teatroera.it Info: Tel. 0587 55720/57034 teatroera@teatrodellatoscana.it Biglietti - spettacoli in sala Cieslak Intero € 12,00 | Ridotto € 10,00 | Studenti € 8,00 RIDUZIONI Under 18 e over 60, soci Unicoop Firenze e altre associazioni convenzionate il cui elenco sarà disponibile in biglietteria e sul sito. ACQUISTO BIGLIETTI Biglietteria Teatro Era via Indipendenza, s.n.c. – 56025 Pontedera (PI) Telefono 0587.213988 Orario: dal martedì al sabato dalle ore 16.00 alle 19.30; domenica e lunedì riposo. Biglietteria online www.teatroera.it I biglietti sono in vendita anche presso il Circuito Regionale Box Office www.boxofficetoscana.it Biglietteria serale È possibile acquistare i biglietti di tutti gli spettacoli della stagione durante le serate di spettacolo presso la biglietteria del teatro. |
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Dicembre 2022
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