Dal 23 al 26 Novembre grande successo al Teatro Era di Pontedera per la riproposizione dello spettacolo per la regia di Roberto Bacci.
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Fondazione Teatro della Toscana IL NULLAFACENTE di Michele Santeramo regia, spazio scenico Roberto Bacci con Michele Cipriani, Silvia Pasello, Francesco Puleo, Michele Santeramo, Tazio Torrini musiche Ares Tavolazzi luci Valeria Foti, Stefano Franzoni assistente alla regia Silvia Tufano allestimento Sergio Zagaglia, Leonardo Bonechi assistente ai costumi Benedetta Orsoli immagine Cristina Gardumi |
Nella vita molte persone si interrogano febbrili sulla strategia migliore da seguire per poter incastrare tutti i loro impegni, per risolvere i problemi propri e del prossimo, per sentirsi bene. Si affannano, si ammalano a causa degli sforzi eccessivi, sia fisici che psichici, invecchiano prima del tempo talvolta. Sembra che in certe occasioni questi uomini sprechino soltanto il tempo, e con esso il fiato e la pace, senza rendersi conto di quanto siano vani i tentativi, le nevrosi e i compromessi, perchè non sempre alla fine servono davvero a regalar loro la felicità. Perdono la vita stessa. Il Nullafacente di Michele Santeramo è giunto a tali conclusioni da molto tempo e ha attuato una presa di posizione radicale, a suo dire logica e unica possibile.
Secondo l'opinione comune, della gente "normale" rappresentata nelle circostanze dalla Moglie e dal Fratello di quest'ultima, dal Medico e dal Proprietario di casa, il Nullafacente è ammattito, ha smesso di vivere, di fare qualsiasi cosa che possa definirsi pratico. E la ragione è indubbiamente dalla loro parte, visto che il Nullafacente esce di casa appena una volta a settimana per recarsi al Mercato della frutta e della verdura a raccattare i miseri scarti rimasti e così portare alla Moglie le provviste che dovranno farsi bastare per sette giorni. Per il resto, il Nullafacente non conosce altre concrete azioni nell'arco delle sue giornate, se non dormire sulla poltrona e poi alzarsi per raggiungere il tavolo della sala da pranzo sopra il quale lo attende un bonsai, diventato ormai il suo unico amico, confessore, il suo maestro.
Non occorrono alla Moglie le medicine perchè tanto lei prima o poi dovrà comunque morire, perchè il suo male è incurabile, e per lui il vero dilemma consisterà nel doverle preparare il funerale. Il Nullafacente espone queste idee con estrema tranquillità, con sicurezza e rilassatezza potremmo dire. Agli occhi degli spettatori e degli altri personaggi, più che un mostro e un insensibile egli si presenta come un uomo che ha preso una decisione totale, seppur folle, e coerentemente con questa ha smesso di fare le cose, di dedicare loro tempo e impegno, dal momento che nulla può cambiare. Il Nullafacente riesce a essere rilassato, a sbeffeggiare, ad apparire quasi saggio, in contrapposizione alle ansie, alle mancanze, alle tristezze di coloro che lo circondano. Ha tagliato alla radice il problema, si è ritirato dalle passioni e dalle opportunità dell'esistenza, si è donato in maniera totale all'atarassia (dal greco antico ἀταραξία = assenza di agitazione, tranquillità) che il filosofo romano Seneca elogia nel suo "L'Arte di Vivere".
Ma il Nullafacente non ha fatto però i conti con il fatto che qualcosa o meglio qualcuno potrebbe mutare all'interno del suo castello perfetto. Non ha valutato l'ipotesi che sua Moglie arrivi a un certo punto a essere stanca, a non appoggiare ulteriormente i suoi grotteschi ragionamenti, e si accorga che l'amore immenso che provi nei suoi confronti non basta più. Il Nullafacente non ha mai creduto alla possibilità per cui la Moglie deciderà un giorno di abbandonarlo per trasferirsi dal Medico, da sempre innamorato di lei, alla ricerca di cure e attenzioni da lui ritenute inutili secondo la sua visione del mondo. E allora come si comporterà il Nullafacente dinanzi a tutto ciò? Rinsavirà e tornerà quello di prima, perchè avrà capito di aver perso veramente l'unica cosa importante per lui, e vorrà allora riconquistarla? Metterà da parte i monologhi col bonsai, per riprendere a dialogare con gli altri uomini, a lavorare, e quindi pagare affitti, spese mediche e quant'altro?
Il testo di Michele Santeramo, per la regia di Roberto Bacci chiarisce pian piano gli interrogativi, lascia evolvere una trama vivace e ascendente, che vive più di un apice di tensione e, malgrado i numerosi stravolgimenti, si conclude riconducendosi alla forza naturale del sentimento amoroso.
Immagini tratte da :
- Immagine 1 da www.teatroera.it
- Immagine 2 e galleria gentilmente fornite dall'Ufficio stampa del Teatro Era gestito da Micle Contorno