28/2/2018 Con le avventure di Numero Primo, Marco Paolini apre una nuova fase della sua carrieraRead Now
di Enrico Esposito
Lo conosciamo da sempre come un grande innovatore. O meglio come un appassionato scopritore, un amante vero della storia della sua nazione che, nonostante non abbia compiuto il percorso e possa ostentare il curriculum caratteristici del giornalista, è riuscito nell'impresa eccellente di riportare all'attenzione pubblica eventi di grande importanza del passato attraverso una forma di arte personale e sperimentale. Marco Paolini, bellunese classe 1956, rappresenta uno degli esponenti massimi del "teatro sociale" e del "teatro di narrazione" del quale si occupa sin dagli anni Settanta e per mezzo del quale ha dato alla luce una serie corposa di "album", spettacoli, opere musicali, libri, in cui ha trattato in italiano o in dialetto veneto argomenti disparati che spaziano dalla sciagura del Vajont alla strage di Ustica sino ad arrivare agli omaggi a capisaldi della letteratura italiana novecentesca come "Il sergente nella neve" di Mario Rigoni Stern e "Libera Nos a Malo" di Luigi Meneghello. Ma con "Le Avventure di Numero Primo", composto in tandem con Gianfranco Bettin e ideato nella duplice veste di spettacolo teatrale e romanzo, Paolini affonda lo sguardo tra le magagne del presente trasportandole in un futuro cybernetico dalle tinte fiabesche che ricorda per molti versi la "missione" inseguita da Charles Dickens oltre due secoli orsono con "Hard Times". Noi l'abbiamo visto in azione al Teatro Era di Pontedera. Nella serata del 17 febbraio scorso, il drammaturgo veneto ha portato in scena la sua ultima creazione, che l'ha visto in due ore circa catapultare gli spettatori in un viaggio intenso e comico, ultramoderno e tradizionalista, che si pone come una sfida affascinante nell'analisi dell'impatto della tecnologia sulla visione del mondo e della vita da parte degli uomini, e del rapporto di questi ultimi con le intelligenze artificiali. Come da consuetudine, Paolini vive il suo racconto senza alcun trucco o maschera, da solo, interagendo talvolta con i disegni di Antonio Panzuto e le musiche di Stefano Nanni, ma la sua sforza straordinaria consiste proprio in questo, nella capacità innata di intraprendere una narrazione basandosi sulle molteplici sfumature della voce, del corpo e dell'osservazione della realtà. Il Numero Primo di cui parla il titolo si dice sia un bambino di sei anni, ma non un bambino come gli altri. Numero Primo è l'identità che lui ha scelto per sè, in sostituzione di Nicolas Fermat, l'identificativo che ha ereditato e, nel fitto ventaglio delle ipotesi, una variante fanciullesca di Nicola, lo storico alter ego del Paolini degli album precedenti. Un cambio di personaggio, di prospettiva sul mondo e analisi dei comportamenti umani che dal "backstage" delle vicende che vedono come protagonista Ettore, un fotoreporer di guerra sessantenne pacifico e cortese, fuoriescono all'attenzione massima dello spettatore (e del lettore nella versione romanzesca), monopolizzandone il centro in maniera irresistibile. Dopo una vita di testimonianze precise e sofferenti, di servizio alle vite degli altri e di allontanamento dal proprio benessere, Ettore conosce un amore travolgente e delicato si ispira alle epistole del Dolce Stil Novo ma è configurato all'interno di una società postmoderna e quantistica, che non ha nulla da invidiare alle anticipazioni di Wells e Dick né alle estrose teorie di produzioni più recenti come il film "Her" di Spike Jonze. Ettore si affeziona via chat ad una donna misteriosa, dall'emblematico pseudonimo greco antico di Eknè. Una donna che non ha mai visto, probabilmente siriana, con la quale si scambia confessioni tenere e amare, non ricevendo però mai l'opportunità di incontrarla. Il legame duraturo e seminale che lo cattura lo spinge ad un certo punto a essere posto dinanzi ad una situazione per lui inedita, dalle responsabilità elevatissime e dai risvolti imprevedibili. Eknè gli annuncia di essere una malata terminale, che da un momento all'altro potrebbe essere scaraventata via dalla vita. Allora dovrà essere lui, Ettore, a prendere in custodia e a crescere suo figlio, Numero Primo, un bambino dalla bontà maiuscola e dall'intelletto ancor più fuori dal comune. L'eremita Ettore si ritrova a cogliere sensazioni nella vita sopite da tempo oppure dimenticate dai più in parallelo con il rombante fenomeno di svalutazione dell'importanza dell'umanità a favore della concorrenza famelica nel progresso e nella venerazione dei prodigi delle macchine. In un triangolo caro a Paolini che circuisce Belluno, Venezia e Trieste, il fotografo si fa testimone e complice delle peripezie grottesche occorse sul cammino di Numero Primo e della capra bionda comprata su Amazon che gli fa da scudiera lungo tutto il suo viaggio. Il tempo immaginato non è troppo lontano da quello presente, dal momento che accanto agli inevitabili segnali di un rinnovamento cybernetico della struttura e della convivenza cittadina (la scuola elementare Giosuè Carducci adesso è intitolata a Steve Jobs, lo stabilimento industriale di Marghera si è tramutato in una fabbrica di never artificiale e le antiche bellezze di Venezia riecheggiano soltanto attraverso i ricordi dei suoi abitanti), non possono essere cancellate del tutto le manifestazioni delle altre esistenze, le tracce di secoli e millenni delle creazioni derivate dalla mano dell'uomo e di Dio ancor prima di lui. Per tale ragione, in un trascinante intreccio dal registro volutamente "eccessivo" e dissacrante, Trieste è il teatro di un'invasione di pidocchi a scuola mentre in un'altra parte della città si addensa una rediviva comunità di giostrai, una rimembranza di Pinocchio che emerge anche nell'immagine del Centro Commerciale "Balocchi", che domina dall'alto l'intero territorio di Venezia. Multidialettismo e multietnia proliferano incessantemente grazie alla comparsa di personaggi buffi e stravaganti che giungono a scontrarsi con la sapienza formidabile espressa da Numero Primo, taciturno ma in grado di affidare a parole e gesti dall'apparente semplicità il potere ipnotizzante della fantasia. La fama del bambino prodigio dalla parola incantatrice percorre come un fulmine le vallate venete e si trasforma rapidamente in una minaccia gravissima alla conservazione della leadership del controllo digitale e robotico. La narrazione delle avventure di Numero Primo viene allentata dalle interferenze prodotte da voci di nuovo senza nome e senza volto. Interlocutori che discutono della sicurezza mondiale, dei metodi con cui risolvere una questione diretta verso l'inconciliabile armonia con il "mondo prima" alla quale l'intelligenza artificiale anela. Un finale aperto e minaccioso per una fiaba metropolitana e dickensiana che Paolini intesse con una maestria da applausi. Una storia avvincente e ricercata che conserva freschezza grazie alla trasposizione letteraria e getta le basi per la progettazione di un Album dalle prospettive incondizionate. Un ringraziamento speciale a Micle Contorno per l'eccezionale disponibilità grazie alla quale è stato possibile scrivere questo articolo Per approfondimenti: - www.jolefilm.com - http://www.albumdinumeroprimo.it/ - https://www.facebook.com/albumdinumeroprimo/ - https://www.facebook.com/Marco-Paolini-39022962928/ - www.teatroera.it Immagini tratte da: - Immagini 1 e 2 da https://www.facebook.com/teatroerapontedera/ - Immagine 3 da www.ibs.it
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