“e tanto fece co lo marito, che receputo ’n grazia le figliastre le cadette da core la figlia propia, tanto che scapeta oie, manca craie, venne a termene che se redusse da la cammara a la cocina e da lo vardacchino a lo focolare, da li sfuorge de seta e d’oro a le mappine, da le scettre a li spite, né sulo cagnaie stato, ma nomme perzì, che da Zezolla fu chiamata Gatta Cennerentola.”
(“e tanto fece che il marito, presele in grazia, si lasciò cascar dal cuore la figlia sua propria. E Zezolla, scapita oggi, manca domani, finí col ridursi a tal punto che dalla camera passò alla cucina, dal baldacchino al focolare, dagli sfoggi di seta e oro agli strofinacci, dagli scettri agli spiedi. Né solo cangiò stato, ma anche nome, e non più Zezolla, ma fu chiamata «Gatta Cenerentola»”.) Così recita la favola inserita in Lo cunto de li cunti di Giambattista Basile. Era il 1634-1636 quando l’autore scrisse la sua versione in lingua napoletana di una delle più celebri fiabe conosciute; era il 1976 quando Roberto De Simone vi si ispirò per la sua opera teatrale La gatta Cenerentola. Oggi nel 2017, Alessandro Rak, Ivan Cappiello, Marino Guarnieri e Dario Sansone ne hanno fatto un film di animazione. Gatta Cenerentola è stato presentato all’ultimo Festival Internazionale di Arte Cinematografica di Venezia nella sezione Orizzonti e ha da subito incantato il pubblico con il pieno consenso della critica. Noi lo abbiamo visto lunedì 16 ottobre presso il Cinema Arsenale di Pisa con la presenza eccezionale di due dei quattro registi: Alessandro Rak e Dario Sansone.
Il film è liberamente ispirato alla fiaba di Basile; infatti non ci ritroviamo nel Seicento, ma piuttosto in una Napoli moderna. Il film inizia con il sole nel cielo e la speranza verso un futuro migliore, segnato dalla conoscenza e dal progresso. Questo sogno è incarnato da Vittorio Basile, uomo ricco e dalla mente brillante, proprietario di una nave tecnologicamente avanzata in grado di registrare qualsiasi cosa accada al suo interno e di riprodurla sotto forma di ologrammi. Basile ha dei grandi progetti per la rivalutazione di Napoli: la costruzione nel porto di un polo, la Città della Scienza. Ma come spesso accade, i sogni, i grandi ideali, si trovano a fare i conti con lo stato vigente e con chi quello stato lo vuole mantenere per i propri interessi, anche se questo va a discapito di tutta la comunità. La morte di Basile lascia sua figlia Mia orfana, una bambina indifesa nelle mani di una matrigna e del suo amante, unicamente interessati a sottrarle l’eredità del padre. Così, mentre la luce lascia il posto a una pioggia di cenere vesuviana, Napoli abbandona la speranza e ripiomba nel degrado. Criminalità, droga, prostituzione tornano a essere gli idoli della città e anche la sontuosa nave di Basile ne segue la decadenza. Ma qualcosa resta: restano gli ologrammi, registrazioni intermittenti di una vita passata. Così come in passato l’alchimia veniva vista come una sorta di magia, sebbene spesso basata soltanto su mere reazioni chimiche, così le fate e la magia delle fiabe ormai lontane vengono sostituite dalla tecnologia. Una nave che potrebbe navigare lontana, ma che resta ancorata alla città che il suo proprietario voleva salvare, gli ologrammi che decidono quando e a chi rivelarsi: questi sono i veri elementi magici del film, e non hanno niente da invidiare a un po’ di polvere magica.
Mia cresce, diventa una bella ragazza, ma proprio come nella fiaba di Basile, viene sfruttata e maltrattata dalla sua matrigna Angelica e dalle sue sei figlie. Rispetto alla tradizione Angelica è una donna affascinante e, grazie a una sapiente caratterizzazione, uno dei personaggi più interessanti del film. Una donna che non vede speranza di redenzione per se stessa, ma che nonostante questo si scopre a credere in un sogno, quello che le dipinge il suo amante Salvatore, ‘O Re. Quest’ultimo incarna il vero villain della tradizione, ma anche tutta quella mentalità approfittatrice e corrotta che ritroviamo nella società moderna. Manca all’appello soltanto il principe azzurro; come spesso accade anche questa volta viene da terre lontane, non parla napoletano, ma il romano di Alessandro Gassman; il “lui” in questione è Primo Gemito, ex della scorta di Vittorio Basile; lo lega a Mia non il tipico amore da fiaba, quello di un principe azzurro che non ha mai visto la sua bella, ma un affetto sincero e profondo e la volontà di poter fare per lei quello che non è riuscito a fare per il padre: salvarla.
In realtà c’è un ultimo protagonista del film, ed è senza dubbio la musica. Dai nuovi arrangiamenti di brani della tradizione, come la versione swing di “Je te voglio bene assaje”, a pezzi più underground come quelli dei Guappecartò, la musica ci accompagna emotivamente da un’inquadratura all’altra. Concludendo, in Gatta Cenerentola fiaba e realtà spesso si sovrappongono e confondono, in quello che è molto più di un film di animazione, ma una pellicola che tratta temi attuali, dosando metafore e parallelismi di molteplice riflessione. Come potrebbe accadere nella realtà, Mia vede il corpo esanime del padre quando è ancora una bambina e questo non può non segnarla: lo shock le causa un mutismo che si protrae per tutta la durata della proiezione, e che diventa lo scrigno dentro cui si cela tutta la sua sofferenza. La ragazza è prigioniera della nave, quella che una volta era la sua casa, come il merlo che Basile regalò ad Angelica è chiuso in una gabbia e che, proprio come Mia, dalla morte del padrone si rifiuta di cantare (parlare). Entrambi nel finale ritroveranno la libertà, una libertà che sa quello che si lascia alle spalle, ma che ancora non sa a cosa va incontro. Lo stesso inno a lasciar andare il passato e ad abbandonarsi al presente che si ritrova in un’altra pellicola dei registi, L’arte della felicità, sembra chiudere anche Gatta Cenerentola; un finale aperto, lasciamo alla vostra immaginazione fare il resto.
Foto tratte da:
http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/09/04/mostra-del-cinema-di-venezia-2017-ecco-la-gatta-cenerentola-animata-e-in-versione-noir-con-una-napoli-coperta-di-cenere/3836006/ https://quinlan.it/2017/09/05/gatta-cenerentola/ Foto dell’autore.
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Dicembre 2022
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