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20/6/2018

“Il caso e l’invenzione”

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di Olga Caetani
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Scende la sera sull'Anfiteatro del Triangolo Verde di Legoli, nel cuore della Valdera, a pochi chilometri da Peccioli. Si accendono le fiaccole che punteggiano il sentiero conducente alla cavea e illuminano le gradinate. Il suggestivo palcoscenico, come sempre scarno nella scenografia, composta soltanto dalle sedie che ospiteranno l’orchestra, dai leggii e dai microfoni, sorge in un luogo del tutto inaspettato, che sembra contrastare con l'elevato spessore culturale dell'evento che sta per svolgersi di lì a qualche minuto. Si tratta infatti di un'imponente discarica, con annesso impianto di smaltimento e trattamento dei rifiuti. La notte ha ormai preso il posto del tramonto e un lento gioco di luci colorate inganna l'attesa trepidante dei numerosi spettatori. Finalmente, dal buio della vallata emerge un'auto scura. Francesco Mariozzi, compositore delle musiche originali dell’imminente spettacolo, Manfred Croci e Luigi Gagliano, rispettivamente al violoncello, al violino e alla viola, si accomodano sul palco. Poco dopo, ecco l'originalissima entrata in scena degli attori, accompagnati dal fragore di due grossi mezzi pesanti adibiti al lavoro in discarica. Spenti i motori, è Anna Foglietta, in tutta la sua grazia ed eleganza, la prima a scendere dal camion. Con un rapido e tattico gesto, si sfila le scarpe per calzare i suoi tacchi a spillo e raggiungere così il palcoscenico, seguita da Marco D'Amore e Claudio Santamaria. Ha allora inizio, con il consueto preludio musicale, il quarto capitolo del racconto Storie dal Decamerone, del pluripremiato drammaturgo Michele Santeramo, rappresentato nell'ambito della I Edizione del Festivaldera. Per la prima volta, gli attori e i musicisti interpreti dei tre precedenti appuntamenti sono riuniti in un dialogo dal ritmo serrato, tra musica e lettura dei testi. ​
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​"Tu l'ami?" è lo spinoso quesito con il quale rompe il silenzio Marco D'Amore, che in terza persona parla di Chirico, giovane uomo sulla soglia di casa in abito da sposo. È sua madre a rivolgergli quella domanda, che sarà il fil rouge di tutto il reading, prima di andare in chiesa. Troppo tardi per porsi domande di un tale peso per la coscienza: Mariana (Anna Foglietta) lo sta già aspettando sull'altare. La lettura prende immediatamente corpo ed entra subito nel vivo della narrazione a tratti dialogata, con il rincorrersi incessante delle tre voci. Chirico e Mariana sono una coppia come tante, conosciuti in vacanza, rimasti a parlare per ore su una spiaggia fino all'alba, dopo la quale è seguito un bacio. All'insaputa l'uno dell'altra, i due hanno sempre vissuto nello stesso isolato, e molti altri sono gli aspetti che li accomunano. Istantanea, ma non poi così sentita, forse, la decisione di sposarsi. Quasi retorico è il viaggio di nozze a Parigi. Durante una passeggiata per le vie del centro, i due si affacciano sull'ingresso di un teatro, in cui è messa in scena una pièce di Molière, mago, non a caso, dell'invenzione. Entrano, più per scaldarsi e riposare che per lo spettacolo, di cui non conoscono la lingua, ma che riescono comunque a seguire osservando le emozioni e le reazioni del resto del pubblico. 
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​Ma all’improvviso, con un colpo di scena estremamente realistico, ecco che la storia precipita dalla sua dimensione quasi astorica nel baratro dell'attualità e si trasforma nella nuova peste dei protagonisti. Uomini armati e dal volto coperto irrompono in teatro e "urlano di non urlare", con la potente voce narrante di Claudio Santamaria. Il parallelismo con i recenti fatti della nostra contemporaneità è logico e automatico. I primi spari squarciano l’atmosfera tesissima e pesante, e uccidono un attore non ancora fuggito dietro le quinte, mentre Chirico si chiede se la morte sul palcoscenico sia da considerarsi davvero morte, introducendo in questo modo alla piega metateatrale che assume il testo in questo momento. Chirico e Mariana sono rimasti accanto, seduti compostamente al loro posto in platea. Un terrorista dall'italiano sgangherato si avvicina loro con curiosità. Sente quasi il bisogno di sfogare la propria rabbia con quella giovane coppia straniera. La sua esistenza non può prescindere dall'uccidere altri esseri umani, perché questo gli è stato insegnato e questo sa fare, non riesce a farne a meno e non è una giustificazione, semplicemente è il suo essere che glielo impone. Le forze dell'ordine tardano ad arrivare. Fa caldo in teatro e l'adrenalina è alle stelle. I terroristi decidono di uccidere una persona ogni quarto d'ora, sul palcoscenico, ma a Chirico e Mariana riservano un "copione" ancor più macabro e spietato. Li trascinano su quel palcoscenico di morte e intimano a Chirico di sparare a sua moglie, inerme davanti a lui. Tra i due si instaura un dialogo muto e, al contempo, estremamente eloquente, fatto solo di sguardi e di sorrisi, attraverso i quali è proprio allora, probabilmente, che nasce la consapevolezza di un sentimento più forte che li lega. Mariana sembra dire a Chirico "sparami e salvati". Un colpo mancato. L'arrivo improvviso e sospirato della polizia francese. E la situazione cambia inaspettatamente. Chirico, con l'arma ancora calda in mano, viene creduto un terrorista ed è subito arrestato, portato via, non si sa dove. "Occorreranno soldi, un avvocato". Mariana fa di tutto per liberare il marito, ma i giornali infieriscono non dando credito alla sua innocenza. Chirico è diventato la "vergogna nazionale" per la stampa italiana. Le notti in carcere sono ore insonni, trascorse ad aspettare l'alba, che "serve a liberare la luce dalla notte". È qui che interviene Giovanni Boccaccio con la scherzosa novella di Calandrino, raccontata l'ottavo giorno del Decamerone, tutta giocata sul tema dell'invenzione e che ricorda, per alcuni aspetti, Il malato immaginario di Molière. Quanto è facile, ancora oggi, manipolare la mente delle persone, facendo loro credere quel che si vuole! E ben lo sanno i mezzi di comunicazione e di informazione di massa. "Non mi piace", sussurra Chirico un giorno, durante il pasto dei carcerati, nient’altro che "carne che mangia carne". Si alza, è al centro della mensa, e non gli piace tutto quello che lo circonda e lo tormenta. Le sue parole, così semplici e apparentemente innocue, innescano una miccia. I detenuti sollevano, pian piano, i loro occhi vacui dal piatto privo di qualsiasi gusto o sapore, e in pochi attimi si scatena una rivolta a suon di "non mi piace". L'evasione di Chirico che segue non fa altro che avvalorare la sua presunta colpevolezza. È divenuto un pericoloso terrorista a piede libero, ma può ricongiungersi con Mariana in segreto. Da latitanti, salgono sul primo treno deserto, che li conduce lontano, in una minuscola stazione altrettanto deserta. Possono avere una seconda possibilità, rifarsi una vita, che profuma di lenticchie e di pane fragrante, preparato da Mariana, nella loro nuova casa. Una notte si sdraiano vicini, si cercano e con desiderio fanno l'amore, non sanno che sarà per l'ultima volta. L'acqua della doccia scorre regolarmente e scivola sul corpo di lei. Chirico rimane in ascolto, in un momento che sembra sereno, pieno, appagante. L’acqua nel bicchiere sul comodino, invece, inizia a muoversi ed è innaturale, conducendo la lettura al suo acme di pathos. Un violento terremoto si abbatte sulla loro casa. In una manciata di secondi tutto è polvere e macerie. Anche il sangue che fuoriesce dalla testa di Mariana è bianco di polvere. Lui, che nel disperato tentativo di fuggire le aveva afferrato una mano, continua a stringerla saldamente, diviso tra il pensiero di andare a cercare aiuto o di trasmetterle tutto il suo calore per non lasciarla morire da sola. Fuori ha cominciato a nevicare. Chirico guarda il volto di sua moglie prima di affidarlo per sempre alla terra. Sembra che stesse sorridendo, mentre le lacrime rimaste intorno ai suoi occhi iniziano a congelare. Il testo si avvia ormai verso la sua fine. Chirico, rimasto completamente solo, si trascina in una radura, ove scorge un tronco, ancora pieno di linfa vitale, in una piccola insenatura. Vi si rannicchia contro, iniziando un lento processo di fusione con l’elemento naturale. Una vera e propria metamorfosi lo lega letteralmente a quel tronco, capillare per capillare, vena per vena, in un’osmosi continua tra sangue e linfa.
Una ragazza con un’amica cammina in un bosco, ha l’impressione che un albero le stia sorridendo. Chirico vi rivede Mariana…
Una coppia come tante sta parlando da ore su una spiaggia.
L’alba giungerà a liberare la luce dalla notte.
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 Immagini tratte da:

 https://www.facebook.com/Festivaldera/

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