"A noi non piacciono le tradizioni. Ma poi ci sono le eccezioni". La Flog scriveva così all'interno della didascalia che anticipava il concerto dei Diaframma di sabato scorso. 13 gennaio, gennaio come uno dei successi più amati di una band inossidabile nello stile, nella carica, nella coerenza. Passano gli anni, ma il loro sound, l'energia con cui danno tutto sul palco, il desiderio di esibirsi spesso un giorno dopo l'altro in giro per l'Italia, non cambiano, ma anzi rappresentano per i fan storici e quelli nuovi una garanzia di qualità e di sfogo. Proprio così è successo anche sabato all'Auditorium Flog, non solo una delle sale concerti più importanti di Firenze, ma un centro polivalente in ambito artistico, sportivo e sociale. Federico Fiumani e soci si sono ripresentati, nella serata del "Saturday Rock Fever", per uno degli appuntamenti canonici della loro fitta agenda. Questione di cuore più che di date e incassi, perché la Flog ha visto nascere tra i fumi densi degli anni '80 la febbre italiana per la New Wave made in UK, e con essa la passione accesa da parte di diverse band "cittadine", diventate da allora punti di riferimento nazionali del genere. Neon, Moda, Gaznevada, Litfiba e molti altri a condurre alla ribalta un nuovo stilema di rock successivo al post-punk e aperto sia a espressioni cantautoriali e minimali che a intercessioni elettroniche e dance. I Diaframma erano tra loro, pionieri, con un disco, "Siberia" (1984), longseller a tutti gli effetti che ancora trasuda di un fascino arcano. E nel pieno degli anni '80 sembrava di essere alla Flog. Perché nonostante anche trent'anni da allora siano trascorsi da un pezzo, i Diaframma non si spostano di un centimetro dal loro credo, non si tuffano in sperimentazioni per porsi al passo con le mode successive e attuali. Essi continuano a riproporre il loro spettacolo in cui le presentazioni sono confinate a uno spazio conciso per rendere la musica assoluta regina. Perdersi in chiacchiere non è solo stupido ma fastidioso, e sfalderebbe lo stato di grazia che gli spettatori raggiungono nell'incontro con le frizioni del basso, le piattate, i riff di, dirette dal maestro Fiumani. Eccolo lì, cinquasette anni e dimostrarne quasi la metà, sobrio e elegante, abile a scatenare la potenza dei testi e dei suoni senza scadere in atteggiamenti pilotati e pensati "apposta" per il pubblico. Da vero leader e amante del suo progetto lavorativo più grande, egli tiene in pugno la situazione con naturalezza, catturando l'attenzione degli avventori grazie all'umiltà con cui ripropone brani dai significati non filtrati. "Gennaio", "Verde", "Elena", "Amsterdam", e tante altre a sfondare il tetto delle venti canzoni, di venti racconti di momenti e viaggi mentali, di riflessioni asciutte e croci opprimenti che mettono l'ascoltatore di fronte alle sue esperienze, diverse o identiche, e lo spingono a scandirle e urlarle deliberatamente. Sono molte le persona immerse nello show, coetanei di Federico Fiumani, trentenni come me, e giovanissimi, matricole universitarie. Si vedono anche figli con genitori, in un'atmosfera magnetica, calorosa, raccolta. Immagini tratte da foto dell'autore
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Dicembre 2022
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