Là dove vino e musica si fondono in un’unica esperienza sensoriale Dopo l’evento “Il Gusto della Ricerca” al Lumière, di cui vi ho già parlato, ero curiosa di saperne di più riguardo il progetto portato avanti da CantinaJazz; così inizia questa intervista. Sono seduta ad un tavolino con quello che è il cuore di CantinaJazz: Emiliano Loconsolo, Roberto Marangoni e Michele Aulicino. Ovviamente non possono mancare dei calici di vino! Eva: Allora…Raccontatemi un po’ come è nata CantinaJazz? Roberto Marangoni: CantinaJazz è nata come idea progettuale nel 2000. CantinaJazz è un progetto, una ricerca, uno spettacolo; è questa è stata la sua evoluzione temporale. Tutto è partito in forma amicale, quando Emiliano e io abitavamo nella stessa casa. Io non sapevo niente di jazz prima di allora, mentre ero già appassionato di vino. La sera mentre si cucinava, si chiacchierava, lui metteva musica jazz, ci canticchiava sopra, e io stappavo una bottiglia di vino. Iniziammo a intrecciare queste due passioni, finché non ci venne l’idea del progetto: ma se noi troviamo interessante fare questa cosa, non è che potrebbe piacere anche ad altri? A questo punto abbiamo fatto delle ricerche e abbiamo scoperto che molti avevano già lavorato a questo binomio: alcuni vi avevano scritto, molti sommelier sono anche degli appassionati di musica jazz, e anche al contrario alcuni compositori sono anche sommelier. Gianni Basso, aveva fatto addirittura dei cd registrati nelle cantine astigiane; Fuso Carmignani, produttore e presidente dei vini di Montecarlo lucchese, tiene dei vini a fermentazione acustica. Intervistammo varie persone, tra questi Afo Sartori, scrittore e giornalista di Pisa, amante viscerale del jazz, che scrisse un libro all’inizio degli anni novanta, intitolato Suono Divino, in cui intrecciava un parallelo tra grandi vini italiani e grandi protagonisti del jazz. Continuammo questo percorso di ricerca per circa 8 mesi, poi nel febbraio 2001, precisamente il 23 febbraio 2001, debuttammo con uno spettacolo a Torre del Lago. Nonostante la preoccupazione tremenda, l’accoglienza del pubblico fu subito ottima! Il locale aveva 110 posti e noi mettemmo a sedere 124 persone! Eva: Michele, so che sei entrato successivamente nel progetto, come nasce la tua collaborazione? Roberto: Una fruttuosa collaborazione! Nel 2016 sono 4 anni che Michele è con noi. Michele Aulicino: Un carissimo amico di mio fratello, era un tesista di Roberto all’università e mi ha parlato di CantinaJazz; mi ha detto che visti i tanti impegni erano un po’ in affanno a livello organizzativo e che avevano bisogno di qualcuno che desse una mano. Ci ha messi in contatto e ho iniziato a dar loro una mano. Avevo un passato più da rockettaro ed ero un po’ prevenuto verso il jazz, così come lo sono verso la poesia. Spesso quando partecipi a presentazioni o reading, spesso i libri che vengono presentati sono di dubbia qualità, i lettori non sono bravi a leggere; allo stesso modo, magari anche per colpa mia, avevo conosciuto dei musicisti jazz molto noiosi, legati alla vecchia scuola, poco entusiasti. Poi parlando con Roberto ho capito che il jazz non era solo quello, che il loro progetto era stimolante e divertente. Inizialmente si trattava di una collaborazione solo a livello organizzativo, nessuno di loro sapeva di questa mia passione per la poesia. Poi è uscito fuori che scrivevo e Roberto mi ha proposto di leggere in pubblico durante le serate. La prima volta fu terribile! Era da tanto che non facevo letture in pubblico, le persone non se lo aspettavano, non erano abituate a questa parte della serata. Non mi usciva un filo di voce! Inoltre, io improvviso sempre… Emiliano Loconsolo: Questa cosa è molto tipica del jazz! Michele: Sì, è vero, la cosa è molto jazz, lo ammetto. Io non provo mai, a volte improvviso anche alcune parole, anche se non sono scritte, se mi viene lo faccio. Il panico però è dato dal dire cose intime, perché io scrivo cazzate, ma cazzate vere. Alla fine però è andata bene, loro mi hanno tollerato! Roberto: No, scherzi a parte, il pubblico apprezza molto Michele e a mio parere i motivi sono principalmente due: il suo animo jazzista e questa sua capacità di fare poesia, parlando sì di cose vere, ma senza prendersi mai troppo sul serio. Eva: La collaborazione con l’Università di Pisa, che ha permesso le serate di “Il Gusto della ricerca” come si è sviluppata? Roberto: Nella commissione spin-off dell’Università di cui faccio parte c’è anche il collega di agraria, il professor Giampaolo Aindrich. Lui ha brevettato il vino senza solfiti e io ho pensato di proporgli di presentare questo vino a CantinaJazz, come prova che l’Università fa anche della ricerca tangibile. Questa cosa l’ha ascoltata Paolo Ferragina, protettore per la ricerca applicata, e gli è piaciuta molto. In questo modo un’università a modo di far conoscere in maniera diversa, durante uno spettacolo, il suo lavoro. Eva: Emiliano, invece come si svolge la scelta dei brani da accompagnare ai vini? Emiliano: Inizialmente abbinavamo musica e vini in base a degli aneddoti che legavano un artista a quel determinato vino. Poi in seguito abbiamo fatto una scelta diversa, ricercando qualcosa di più intimo, sensoriale appunto. Si pensato di cercare di riprodurre quella che è la degustazione, la caratterizzazione del vino, anche nell’arrangiamento e nella scelta dei brani. Facciamo sempre una degustazione pre-concerto, solitamente almeno un paio di settimane prima; è fondamentalmente una degustazione tra amici, ma ci aiutano sempre dei sommelier con cui abbiamo già lavorato. Cerchiamo anche di simulare la serata, abbinando dei piatti simili a quelli che saranno serviti durante la serata. Iniziamo ad assaggiare e poi il sommelier ci legge le schede tecniche che ci dà la cantina, ci descrive il vino. In seguito cerchiamo di dividere almeno in tre parti i tipi di impatto che ha il vino nel naso e nel palato. Questi tre, quattro momenti sono assimilabili ai momenti di un brano musicale: introduzione, parte centrale, finale. Quando degustiamo un vino facciamo proprio una sorta di schema, che poi mi aiuta nel replicare con i suoni quest’andamento. Per me questo tipo di approccio è una vera sfida, e mi piace molto proprio per questo. Mi consente di discostarmi dagli arrangiamenti canonici che userei per un concerto, di uscire dalla mia zona di comfort e di sperimentare. Eva: Secondo voi perché CantinaJazz è così apprezzata dal pubblico? Roberto: Sicuramente per la sua formula, che è abbastanza inusuale. Tra l’altro non è affatto facile riuscire a sincronizzare interventi sul palco, cucina, vino, musica, poesia. Secondo me è vitale riuscire a non lasciare buchi lungo questo percorso, perché distruggono il ritmo dello spettacolo e poi diventa difficoltoso riprendere l’attenzione del pubblico. Altro nostro punto forte, che hanno colto anche molte cantine con cui collaboriamo, è che CantinaJazz raggiunge l’amante del vino in modo molto migliore delle classiche fiere enologiche, purtroppo a volte molto dispersive. Credo che CantinaJazz sia una delle mie idee meglio riuscite! Michele:Comunque, CantinaJazz è anche una delle mie non-idee meglio riuscite! Così tra una battuta, una chiacchierata e un bicchiere di vino, termina anche la mia intervista. Non mi resta che invitarvi a seguire CantinaJazz e a prendere parte ai suoi eventi! Foto tratte da:
Foto dell’autore Link per approfondire: http://www.cantinajazz.com https://www.facebook.com/CantinaJazz-106306526219551/?fref=ts http://iltermopolio.weebly.com/eventi/cantinajazz-e-il-gusto-della-ricerca
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Dicembre 2022
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