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20/3/2016

Intervista a Stefano Disegni

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IlTermopolio è lieto di presentarvi: ''Intervista a Stefano Disegni, tra il cinema e la tutela dell'arte, passando da Brian Eno ai Monty Python''.
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di Eva Dei e Salvatore Amoroso
Il 16 marzo il cinema Arsenale di Pisa ha proposto, come terzo appuntamento del ciclo "I film della vita", "Brian di Nazareth", irriverente e satirica pellicola di Terry Jones, interpretata dal gruppo comico inglese Monty Python. Quali parole migliori per descriverlo se non quelle dello stesso regista: "Brian di Nazareth non è blasfemo è eretico. Non è blasfemo perché considera la storia della Bibbia parola di Dio; devi credere nella Bibbia, devi capire e conoscere la storia della Bibbia per gustarti il film. È eretico perché prende in giro il modo in cui la Chiesa interpreta la Bibbia".
A introdurlo un ospite d'eccezione: Stefano Disegni, noto fumettista satirico. Il Termopolio ha avuto il piacere e l'onore di incontrarlo poco prima dell'evento presso l'Hotel Royal Victoria. Ringraziamo calorosamente lo stesso Disegni per la sua disponibilità e il prezioso contributo del cinema Arsenale, rivolgendo un grande e affettuoso abbraccio al nostro amico Antonio, uno dei tanti e validi collaboratori del cinema Pisano.
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D: Stefano Disegni ci dia la sua visione del Cinema in generale
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R: È un po difficile dare una definizione perché come sai il cinema è mille sfaccettature, mille percorsi, mille linguaggi. Io parlerei più di autori che di cinema. Penso che la stagione internazionale sia un po' più florida di quella nazionale, però ci sono dei segni di ripresa anche nel nostro cinema, che non si affida più semplicemente ai soldi dei vari cinepanettoni o a un cinema di livello discutibile, ma sta dando l'opportunità ai giovani autori di emergere e farsi conoscere al vasto pubblico italiano. Penso soprattutto a Sibilia, a Edoardo Leo; di recente ho visto "Lo chiamavano ​Jeeg Robot" di Mainetti, un film veramente intelligente, spiritoso, grottesco quanto basta. Si respira quindi una piccola rinascita dell'autorialità, intesa come capacità di scrittura.
D: Tra l'altro una delle domande che volevamo rivolgergli era proprio se aveva visto "Lo chiamavano Jeeg Robot". Siamo contentissimi che le sia piaciuto.

R: Sono entusiasta di questo film, divertente, intelligente, cattivo e tarantinesco ma senza fare le tarantinate alla "vorrei ma non posso". Dichiaratamente povero, come l'eroe stesso della pellicola, per cui diciamo che volge a suo vantaggio una dichiarazione di povertà che diventa essa stessa un forte elemento di comicità.
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D: La vignettista della nostra redazione vorrebbe sapere come mai i vari Forattini o Giannelli non vengano più pubblicati in prima pagina nei vari quotidiani.

R: Sicuramente se guardi le loro carte d'identità, madre natura una spiegazione ce la dà, purtroppo. Poi chissà, forse c'è una maggiore attenzione alla qualità di quello che viene pubblicato, senza nulla togliere a questi due autori, in particolare Giannelli che stimo abbastanza. Forse si cerca qualcosa in più della solita battutina, della solita caricatura del politico, o almeno mi piace pensarla così.
D: Che pensa della Satira in Italia?

R: Ti direi la stessa cosa che ho detto per il cinema, è una questione di autori. Sicuramente c'è una piccola crisi, in quanto ci sono meno spazi, manca una palestra nella quale i giovani autori di satira possano allenarsi, lavorare e soprattutto essere pagati. Spesso si dice: "va beh ma c'è internet": si è vero si può fare molta satira sul web e alcuni prodotti sono molti buoni. Rido molto guardando, ad esempio, The Jackal, però, ecco, camparci… già era difficile campare sulla carta stampata, oggi si può tentare, a meno che non si faccia un botto di visualizzazioni; solo in quel caso arriva lo sponsor e poi lo spam, ma prima che arrivi tutto questo deve passare molto tempo.
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D: Sappiamo che lei è un bravissimo musicista, qual è il suo rapporto con la musica?

R: Tenterei di esserlo (ride). Il mio rapporto con la musica non è una sorpresa né per me né per chi mi conosce bene. La faccio da quando avevo sedici anni. Ho semplicemente capito presto che non ci si mangiava e che soprattutto mi piaceva fare l'altra parte di quello che faccio. A un certo punto della mia vita in cui due soldi in tasca ormai ce li avevo e in cui mi potevo permettere di comprare addirittura ben tre microfoni, cosa che a sedici anni non potevo fare, mi son detto facciamola adesso, se non ora quando?
La musica è importantissima, la musica è un ritmo, è un linguaggio, è un'atmosfera che ti accompagna quotidianamente, ognuno ha la sua musica. La mia è Rockettara, vengo dal blues ma ho praticamente provato tutto. Un linguaggio tra l'altro neanche troppo distante dal disegno, da quello che faccio insomma. Disegno ascoltando musica oppure ascolto musica disegnando, chi lo sa? Questa è una bella domanda! È un'atmosfera in cui uno s'immerge.
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D: Appassionato di Brian Eno?

R: Eno è da me considerato come uno dei maestri del ventesimo e spero ventunesimo secolo, perché ha una testa a trecentosessanta gradi. Se lo analizzi, vedi che ha dato le più belle produzioni, anche in tanti gruppi affermati come Talking Heads, Coldplay, U2. C'è sempre stata nella produzione di Eno un rimescolamento dei loro suoni e una valorizzazione totale; considero veramente affascinante anche ciò che fa da solo come sperimentazione, ricerca, nonostante, ripeto, io venga dal rock e dal Blues-Rock.

D: Ha visto "Non essere Cattivo" di Caligari? Che idea si è fatto del suo cinema e del presunto ostracismo da parte del sistema cinematografico italiano nei confronti del regista?
R: Sì molto bello. Guarda, sinceramente Caligari l'ho scoperto proprio con "Non essere Cattivo". Non conoscevo la vicenda e quindi ho letto e approfondito dopo. Il film era bello, anzi bellissimo, potente quanto bastava, Pasoliniano qualcuno ha scritto ma insomma non sto qui a fare collegamenti che magari non mi competono. Sicuramente era un ottimo lavoro e mi dispiace moltissimo che non ne abbia potuti fare altri. Credo che sia stato vittima proprio di quel cinema italiano che abbiamo appena trascorso e che spero sia un ciclo finito, quello di cui parlavamo prima: ''cinepanettoni'', soldi a tutti i costi, valorizzare solo quello che fa botteghino e dare il piccolo contentino al cinema di nicchia con magari qualche finanziamento da parte dello stato, per poi tenerlo quindici giorni in sala e abbandonarlo. Queste opere non avevano modo di emergere e finivano per emergere appunto troppo tardi e conosciamo tutti, purtroppo, il triste epilogo di questa storia.
D: Io è dal '96 che compro il mensile Ciak e ogni volta vado subito alla fine per leggere le sue vignette. Lei va davvero al cinema per recensire i film e soprattutto tratta serratamente la visione delle pellicole selezionate dalla direttrice Piera Detassis?

R: Innanzitutto grazie perché hai contribuito alla sviluppo della famiglia Disegni, ti ringrazio! Certo che vado veramente al cinema, non a vedere tutti i film ovviamente, altrimenti non potrei disegnare tutte le mie recensioni. Con la Detassis abbiamo un ottimo rapporto, però è vero che spesso c'è proprio questa trattativa serrata in corso. Quando io voglio recensire dei film italiani la faccio tremare perché teme che registi e produttori possano romperle le scatole, il che accade puntualmente. Devo dire che siamo arrivati a una sorta di equilibrio fra di noi. Magari mi fa fare tre americani e due italiani, ma io rilancio con due italiani e due americani: una vera e propria trattativa serrata che nonostante tutto ci ha permesso di condurre la nave per diversi anni, dando tante soddisfazioni reciproche, per cui funziona!
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D: Ci terrei a dire, soddisfazioni immense anche per i lettori.

R: Questo mi fa enormemente piacere!

D: L'arte in Italia secondo lei è davvero tutelata?

R: Non ho sinceramente questa sensazione di grande tutela dell'arte, del cinema o della musica. Percepisco un desiderio di far quadrare i conti, senz'altro necessario perché deve funzionare se no si va "zampe all'aria tutti". Spesso a detrimento di qualcosa che viene considerato improduttivo e che invece improduttivo non è affatto: l'industria culturale non è vero che non fa mangiare. Intanto fa mangiare l'anima, che non è cosa da poco. Cinecittà insegna che se si producono film la gente lavora, se si produce televisione la gente lavora, stessa cosa se si producesse arte e se i Musei venissero gestiti con criterio. Penso che ci siamo un infinità di ragazzi che potrebbero essere impiegati in mille occupazioni che non riesco nemmeno a immaginare ma che sicuramente ci sono. Penso che ci sia una scarsa attenzione verso questa cosa. Qualche francese ha detto recentemente che da noi la cultura è considerata qualcosa che non produce ricchezza. Non dimentichiamo che, ci pensavo proprio mentre passeggiavo per la bella Pisa guardandomi intorno, in questo paese ci sono mille città artistiche come Pisa che vanno tutelate. Ci sono mille e mille opportunità che il nostro paese può cogliere per far crescere la propria cultura e per produrre denaro, perché alla fine di quello si tratta. Io faccio sempre l'esempio del mio viaggio in Scozia, nel quale colsi proprio l'occasione per vedere la famosa attrattiva locale, vale a dire il luogo dove si svolse la battaglia tra Inglesi e Scozzesi, per intenderci la storia trattata dal film ''BraveHeart''. Ebbene tra marketing sfrenato, bus turistici sold out e guide travestite da William Wallace, vi domanderete cos'avrò mai visto di così imponente? Ho visto un semplice prato. C'era solo un prato e basta, con le bandierine che ti segnalavano tutti i luoghi della storica battaglia, punto! Sai perché ti dico questo? Perché a Roma ad esempio abbiamo il Circo Massimo, dico proprio il Circo Massimo dove hanno dato vita ad un indimenticabile spettacolo i formidabili Rolling Stones ma dove allo stesso tempo puoi parcheggiare la macchina in tutta tranquillità, senza pagare alcun biglietto. Ora non dico che ci dev'essere solo una speculazione bieca, ma la valorizzazione di tutto questo patrimonio è un sogno che può essere realizzato! Attenzione però, non una valorizzazione da circo equestre, ma una valorizzazione fatta in maniera intelligente, con l'intervento di studiosi in materia, che illustrino, ad esempio, con l'apporto di computer grafica la ricostruzione delle antiche rovine. Ho citato Roma ma quante altre potrei citarne. Abbiamo un patrimonio gigantesco, inestimabile ma la sensazione è che tutto questo passi non in secondo piano ma addirittura in terzo piano. Pensiamo a Pompei, si parla tanto della casa restaurata ultimamente, dimenticandoci che tutto sta cadendo in rovina.

D: Dei Monty Python che ne pensa?
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R: Adorazione Pura!!

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