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2/12/2019

"La Tempesta" di William Shakespeare in scena al Teatro della Pergola

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3 – 8 dicembre 2019
(ore 20:45, domenica ore 15:45)
Teatro Biondo Palermo
Renato Carpentieri
LA TEMPESTA
di William Shakespeare
traduzione Nadia Fusini
adattamento Roberto Andò e Nadia Fusini
con (in ordine di apparizione) Giulia Andò, Filippo Luna, Vincenzo Pirrotta, Paolo Briguglia, Gianni Salvo, Paride Benassai, Francesco Villano
scena Gianni Carluccio
costumi Daniela Cernigliaro
musiche originali Franco Piersanti
flautista Roberto Fabbriciani
suono Hubert Westkemper
light designer Angelo Linzalata
collaborazione artistica Alfio Scuderi
scenografi realizzatori Giuseppe Ciaccio, Sebastiana Di Gesù, Carlo Gillè
assistente ai costumi Agnese Rabatti
aiuto regia Luca Bargagna
regia Roberto Andò
Il regista ringrazia per la collaborazione Alex Vella

Durata: 2h e 30’, intervallo compreso.
Foto
​Al Teatro della Pergola, da martedì 3 a domenica 8 dicembre, Roberto Andò dirige La tempesta, l’ultimo capolavoro di William Shakespeare. Il fluire maestoso e imprevedibile della mente di Prospero è interpretato da Renato Carpentieri, giunto a quel magistero essenziale e profondo che appartiene solo ai grandi interpreti. In scena s’incrociano temi che prefigurano l’orizzonte della modernità: lo sguardo occidentale a confronto con quello dell’altro, l’incantesimo della mente e il potere come complotto e usurpazione, il mistero della giovinezza e l’incombere della fine.

“Tutto sembra destinato alla conciliazione, non a caso si tratta di una favola – afferma Roberto Andò – eppure, anche nella Tempesta domina il tono della retrospezione, ma l’autore vi trasfonde uno spirito nuovo, di pietosa serenità, e la fa coincidere con la metamorfosi degli esseri umani che vi sono rappresentati. Ci sono le crepe e le fessure di cui parlava Adorno a proposito dell’ultimo Beethoven, ma il paesaggio in sfacelo diviene occasione di salvezza e di rigenerazione”.

L’opera, tradotta da Nadia Fusini e adattata con lo stesso Roberto Andò, asseconda l’incedere minuzioso e incalzante del piano del mago Prospero per congedarsi dal mondo e iniziare la figlia al mistero dell’esistenza. È un congegno teatrale prodigioso, interpretato da Carpentieri con Giulia Andò, Filippo Luna, Vincenzo Pirrotta, Paolo Briguglia, Gianni Salvo, Paride Benassai, Francesco Villano.
​

Una produzione Teatro Biondo Palermo.
Foto
​È una delle commedie più profonde che siano mai state dedicate al senso della vita. Rappresenta per eccellenza la redenzione: il naufrago, il disperso, l’usurpato ritrovano il filo interrotto delle loro esistenze. Al Teatro della Pergola, da martedì 3 a domenica 8 dicembre, Roberto Andò dirige La tempesta, l’ultima grande opera di William Shakespeare, che fa parte del gruppo dei romance, cioè delle storie d’amore, avventura e magia che hanno sempre un lieto fine, composte dal Bardo al termine della sua carriera. Protagonista della produzione del Teatro Biondo Palermo è Renato Carpentieri, che indossa i panni del mago Prospero. Già duca spodestato di Milano, vive e regna su una misteriosa isola del Mediterraneo insieme alla figlia Miranda (Giulia Andò), lo spirito Ariel (Filippo Luna) e lo “schiavo”, il mostro Calibano (Vincenzo Pirrotta). Qui naufraga una nave con a bordo il re di Napoli, Alonzo (Francesco Villano), suo figlio Ferdinando (Paolo Briguglia), il consigliere Gonzalo (Gianni Salvo), il fratello di Prospero, Antonio (Paride Benassai), il duca usurpatore di Milano, e vari cortigiani. La tempesta è stata escogitata da Prospero stesso e nel naufragio non è perito nessuno.

“L’unica cosa possibile da fare per combattere questo stato delle cose è mettersi in moto – dice Roberto Andò ad Angela Consagra sul foglio di sala dello spettacolo – è qualcosa di molto semplice: bisogna imparare a convivere con la tempesta, è una condizione che fa parte proprio del nostro modo di essere umani. Dopo ogni tempesta occorre fare chiarezza dentro di sé, così Prospero – rileva – ci appare contemporaneamente come il paziente e il medico di se stesso: la tempesta della natura, di cui parla, è la stessa tempesta che ha dentro la sua testa. Prospero, fino in fondo, segue la sua impresa, anche se si rivela rischiosa: arrivare alla tappa finale e scegliere di abbandonare l’isola, uscendo di scena, ma ritrovando la propria anima”.

I naufraghi approdano in punti diversi: Ferdinando opportunamente vicino a dove si trovano Prospero e la figlia, così che i due giovani s’innamorino perdutamente l’uno dell’altra; il re di Napoli e il duca di Milano devono invece compiere un lungo cammino attraverso l’isola, mentre Calibano si mette al servizio dei marinari Stefano (Francesco Villano) e Trinculo (Paride Benassai) per organizzare un colpo di stato contro il padrone. Più tardi, Antonio e Sebastiano complottano per strappare il regno di Napoli ad Alonso, ma falliscono miseramente. La traduzione è di Nadia Fusini, l’adattamento di Roberto Andò e della stessa Fusini. La scena è di Gianni Carluccio, i costumi sono di Daniela Cernigliaro, le musiche originali di Franco Piersanti, il flautista è Roberto Fabbriciani, il suono è di Hubert Westkemper, il light designer è Angelo Linzalata.

“La finzione scenica, nel no­stro caso, si svolge in una stanza, dove è appena accaduta una catastrofe natura­le – spiega Roberto Andò – è come ci fosse della pioggia o il mare che entrano, gli attori si muovono sull’ac­qua. L’adattamento registico mostra la famosa scena del naufragio in mezzo alla tempesta: è una soluzione molto concre­ta, ma anche, allo stesso tempo, astratta. Agli attori ho chiesto di essere estre­mamente concreti nel loro incedere in scena, però gli spettatori penseranno di ritrovarsi sia nella tempesta, proprio fisi­camente, sia nella mente di Prospero”.
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Quando il regista preparava Il manoscritto del principe, il film in cui ha raccontato gli ultimi quattro anni della vita di Giuseppe Tomasi di Lampedusa (quelli in cui scrisse Il Gattopardo), per trasmettere la sua idea del principe all’attore che l’avrebbe interpretato, Michel Bouquet, lo paragonava a Prospero e gli leggeva quello che lo stesso Lampedusa aveva scritto della Tempesta per i suoi allievi. La descriveva come l’ultimo slancio fantastico di un genio, e ne invidiava il brio indiavolato. 

“Ho sem­pre pensato – interviene Andò – che ci fosse un’analogia tra questi due personaggi, il principe inter­pretato nel film dal grandissimo Michel Bouquet, e Prospero, incarnato nella no­stra messinscena da Renato Carpentieri, un attore memore di quell’accento insie­me intelligente e fantastico che ancora si ritrova in certi intellettuali del Sud. La tempesta e Il Gattopardo: sono opere scritte in tarda età, da due grandi autori che fanno i conti con il proprio mondo, esternando anche il loro essere contro. L’acqua – aggiunge – è un elemento forte dal punto di vista dell’energia vitale, come se fosse uno specchio di ciò che siamo. La stanza sulla scena potrebbe essere di Palermo o di Napoli, in cui vive un intellettuale trascurato; sicuramente, questa stanza magica rappresenta una specie di dispositivo per l’arte”.

Alla fine Prospero perdona tutti, anche chi non si pente, come il fratello Antonio, che gli aveva portato via il ducato milanese. Il mago prepara le nozze di Ferdinando e Miranda con un affascinante spettacolo e, dopo aver sotterrato la bacchetta con i suoi incantesimi, si prepara a tornare con gli altri in Europa, lasciando Calibano unico padrone dell’isola.
​

“Prospero è un uomo di potere che ha rinunciato al comando, anche se – ragiona Rosi – si è lasciato sedurre dal piace­re di muovere la sorte degli altri esseri umani. In lui alberga il principio del fallimento: in questo senso è un personaggio che anticipa tanti temi cari al Novecento. Questa prospettiva contiene un grande pensiero politico, morale ed esisten­ziale: visto sotto un profilo più teatrale, Prospero si potrebbe definire come un regista, pronto a fare i conti con ciò che gli hanno dato il teatro e la vita. Il signi­ficato del fallimento, imparare – conclude – che non è possibile vincere sempre: La tempesta è un’opera capace di trasmettere un la­scito emotivo e profondo nei confronti degli spettatori, anche dei più giovani”.

L’unica magia

intervista a Roberto Andò di Angela Consagra


Ha paragonato La tempesta di Shake­speare al lavoro svolto in passato sul suo film Il manoscritto del principe, dove aveva raccontato gli anni in cui Giusep­pe Tomasi di Lampedusa scrisse Il Gat­topardo…

“Sì, l’analogia è resa dal personaggio di Prospero, perché è una figura descritta come alla resa dei conti: con se stesso, con la propria vita, immerso in quest’i­sola in cui vive sequestrato. In realtà, quando si decide di affrontare un nuovo lavoro dal punto di vista registico, si pen­sa inevitabilmente agli attori a cui si farà riferimento. La finzione scenica, nel no­stro caso, si svolge in una stanza, dove è appena accaduta una catastrofe natura­le: è come ci fosse della pioggia o il mare che entrano, gli attori si muovono sull’ac­qua. L’adattamento registico mostra la famosa scena del naufragio in mezzo alla tempesta: è una soluzione molto concre­ta, ma anche, allo stesso tempo, astratta. Agli attori ho chiesto di essere estre­mamente concreti nel loro incedere in scena, però gli spettatori penseranno di ritrovarsi sia nella tempesta, proprio fisi­camente, sia nella mente di Prospero. La suggestione che unisce Shakespeare a Tomasi di Lampedusa risale a quando gi­ravo Il manoscritto del principe: ho sem­pre pensato che ci fosse un’analogia tra questi due personaggi, il principe inter­pretato nel film dal grandissimo Michel Bouquet, e Prospero, incarnato nella no­stra messinscena da Renato Carpentieri, un attore memore di quell’accento insie­me intelligente e fantastico che ancora si ritrova in certi intellettuali del Sud. La tempesta e Il Gattopardo: sono opere scritte in tarda età, da due grandi autori che fanno i conti con il proprio mondo, esternando anche il loro essere contro”.


L’elemento acquatico rende questo al­lestimento, dunque, una costruzione dell’anima, al di là della concretezza del­la scena?

“L’acqua è un elemento forte dal punto di vista dell’energia vitale, come se fosse uno specchio di ciò che siamo. La stanza sulla scena potrebbe essere di Palermo o di Napoli, in cui vive un intellettuale trascurato; sicuramente, questa stanza magica rappresenta una specie di di­spositivo per l’arte. La tempesta che si è abbattuta sull’isola ha lasciato delle tracce e l’unica cosa possibile da fare per combattere questo stato delle cose è mettersi in moto. È qualcosa di molto semplice: bisogna imparare a convivere con la tempesta, è una condizione che fa parte proprio del nostro modo di essere umani. Dopo ogni tempesta occorre fare chiarezza dentro di sé, così Prospero ci appare contemporaneamente come il paziente e il medico di se stesso: la tem­pesta della natura, di cui parla, è la stessa tempesta che ha dentro la sua testa. Pro­spero, fino in fondo, segue la sua impresa, anche se si rivela rischiosa: arrivare alla tappa finale e scegliere di abbandonare l’isola, uscendo di scena, ma ritrovando la propria anima”.


Quindi, per Lei, il personaggio di Prospe­ro che cosa rappresenta? È sinonimo di saggezza? 

“Prospero è un eroe del disincanto. In un bellissimo verso di Auden si dice che l’u­nica magia che ci è concessa è “il potere d’incanto che viene dalla disillusione”. In questo senso Prospero potrebbe an­che dirsi un saggio perché si tratta di un uomo in cerca di una sua sintesi politi­ca ed esistenziale. Prospero è un uomo di potere che ha rinunciato al comando, anche se si è lasciato sedurre dal piace­re di muovere la sorte degli altri esseri umani. In lui alberga il principio del fallimento: in questo senso è un personaggio che anticipa tanti temi cari al Novecento. Questa prospettiva contiene un grande pensiero politico, morale ed esisten­ziale: visto sotto un profilo più teatrale, Prospero si potrebbe definire come un regista, pronto a fare i conti con ciò che gli hanno dato il teatro e la vita. Il signi­ficato del fallimento, imparare che non è possibile vincere sempre: La tempesta è un’opera capace di trasmettere un la­scito emotivo e profondo nei confronti degli spettatori, anche dei più giovani”.

Lei ha detto di aver sognato più volte, nel corso della sua carriera, di portare in sce­na La tempesta…
“Forse perché è un testo che ho letto da ragazzo, in un’età in cui ancora non ero perfettamente in grado di coglierne tut­ti i significati nascosti. Ne sono rimasto stregato, come quando si legge una favo­la: la storia che viene raccontata ti entra dentro per sempre. Se dovessi dire a un adolescente quali testi sono fondamen­tali da conoscere per la sua formazione, io suggerirei La tempesta e Il flauto ma­gico, ma sperando che possano essere letti come ho fatto io: incontrando que­ste storie come si incontrano le favole. Entrambi i testi presentano un carattere fiabesco, ma nascondendo un’ossatura drammaturgica complessa, che inizia lo spettatore all’importanza di un sapere politico. Il flauto magico è un’opera che alla fine insegna agli ascoltatori ad esse­re cittadini, mentre Shakespeare ci inse­gna ad essere uomini”.


Biglietti:

Intero
Platea 37€ - Palco 29€ - Galleria 21€

Ridotto Over 60
Platea 33€ - Palco 26€ - Galleria 18€

Ridotto Under 26
Platea 22€ - Palco 18€ - Galleria 13€

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