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2/6/2018

Marco D'Amore e il racconto di "Un Amore" intenso e tormentato

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Giovedi 31 Maggio al Festivaldera prodotto dalla Fondazione Teatro per la Toscana Marco D'Amore, accompagnato dal violinista Manfred Croci, ha inaugurato il ciclo di spettacoli "Storie dal Decamerone" con il reading "Un Amore".
di Enrico Esposito
È una serata fresca ma piacevole all'Anfiteatro "Julian Beck" di Pontedera. Mancano pochi minuti all'inizio dello spettacolo che inaugurerà in Prima Nazionale il ciclo "Storie del Decamerone", quattro appuntamenti speciali tesi a fornire una riscrittura in chiave teatrale e contemporanea del classico senza tempo di Giovanni Boccaccio. C'è grande attesa per l'opening incentrato sul tema universale e spinoso dell'Amore, in un intreccio tra recitazione e musica sotto l'abile direzione di due maestri dell'uno e dell'altro campo, come Michele Santeramo e Francesco Mariozzi. Ai piedi della cavea ricavata all'interno dei cortili fioriti del Teatro Era, è situato un palco essenziale, privo di scenografia eccezion fatta per due sedie al centro precedute dalle aste di altrettanti microfoni, ma acceso da riflessi di luce che provengono dalla platea retrostante della Sala Salmon. 
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Marco D'Amore entra in scena in silenzio, smoking d'ordinanza, camicia bianca e un cappello che rappresenterà uno dei suoi strumenti espressivi principali. Viene accompagnato da Manfred Croci, "armato" solo del suo violino ma grazie al quale non avrà bisogno di nient'altro. Marco cammina dritto sino al limite del palcoscenico perchè vuole fermarsi a scrutare con rapidità e perizia il semicerchio di nutrito pubblico dinanzi a sè. È una mossa efficace dall'uno e dall'altro lato, perchè annulla sin da subito la distanza tra il mittente e i destinatari della narrazione, crea una connessione fisica e visiva necessaria alla prominente manifestazione delle parole, della musica e dei pensieri. Il reading "Un Amore" ha inizio, partendo da una sorta di "Limbo" mentale che il suo protagonista si ritrova a vivere e a raccontare ancor prima di venire al mondo. Egli nasce già di per sé "diverso" dagli altri. Per un semplice ma preoccupante motivo. Non piange. Non riesce a prodursi nell'irrefrenabile e benedetto pianto liberatorio che rappresenta l'esplosione della gioia della venuta al mondo per i genitori. Il neonato non piange, resta in silenzio e continuerà a farlo per mesi, per anni, tre anni. Sino a tre anni il bambino non versa mai una sola lacrima, in alcun frangente, anche estremo, per il dolore fisico che il padre cerca di procurargli pizzicandolo con tutta la forza in corpo, ma che ha l'effetto controproducente, alla fine, di condurre lui stesso a un pianto disperato per quanto commesso a un figlio. Il bambino rimane nel suo silenzio assoluto sino ai tre anni, quando, durante uno di quei pochi ma fondamentali momenti in cui la vita gli riserverà dei tiri mancini per invitarlo a riflettere sul significato dei suoi comportamenti, pronuncia per la prima volta la parola "mamma" e si abbandona inconsapevolmente a un pianto disperato dinanzi alla soddisfazione sadica dei genitori. Questo primo ideale capitolo, della primissima infanzia, si chiude con l'intermezzo musicale del violino di Manfred Croci, che nel prosieguo del racconto, interviene regolarmente a scandire in "simbiosi" con il recitato di Marco D'Amore i punti clou dell'Anti-Bildungsroman che si sviluppa sulla scena.
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Il testo, profondo, lucido, si diffonde progressivamente lungo vedute di dissacrante sincerità che in alcuni passaggi lasciano risuonare il tono di voce dal vivo di Michele Santeramo, la sua proverbiale ricerca della descrizione interiore dell'uomo e il desiderio forte di inoltrarsi sino alla radice dei percorsi intrapresi dalla mente. Seppur si siano confrontati rade volte, Santeramo e D'Amore hanno instaurato una naturale intesa che consente a "Un Amore" di dilatarsi all'interno di un'atmosfera costantemente tesa, priva di assoluta stabilità per il giovane protagonista. Un bambino che diventa ragazzo e infine uomo, mantenendo intatta nel corso della sua esistenza una fede innata nella verità che tuttavia si rivela uno sbaglio terribile perchè rifiutata da tutti coloro con i quali si troverà a relazionarsi.Il giovane viene emarginato, malmenato all'età di 7 anni dai suoi coetanei davanti alla faccia soddisfatta della maestra che non fa nulla per aiutarlo. Alle scuole medie non ha l'opportunità di riscattarsi, di avere un amico soltanto con cui poter parlare, perchè la fama lo precede, e i compagni, gli insegnanti, il preside stesso hanno paura di lui e della sua sincerità. Una situazione bizzarra, assurda, ma del tutto indifferente per il giovane, che si è ormai abituato al silenzio e alla solitudine, e al termine della scuola incontra in una circostanza del tutto imprevista la prima persona che nella sua vita prova interesse nei suoi confronti. È una ragazza della sua età, che lo segue, lo spia da anni e sa molte cose di lui. Dice di amarlo e desidera stare insieme a lui. Il giovane rimane incredulo, dice di non poter amare una ragazza che non conosce, senza mezzi termini confessa di ritenerla brutta, ma accetta di stare insieme a lei. Non nutre alcun sentimento, dentro il suo cuore non avverte alcuna sensazione nè trasporto per questa persona, ma decide comunque di acconsentire, di sposarla e di fuggire solo con lei, quando nel corso di una cena a casa in compagnia dei suoi genitori scopre l'odio feroce di questi ultimi verso entrambi. Un'avversione terribile seguita da un'autentica liberazione nel momento in cui insieme alla moglie, egli promette che abbandonerà casa per sempre e che non si farà vedere mai più da loro in cambio di un grande regalo di nozze. La proposta estrema viene non solo accettata ma accolta con entusiasmo, così come a festeggiare saranno i compaesani quando la coppia di sposi sarà costretta a trasferirsi perchè nessuno è disposto a dargli un lavoro.
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La coppia si stabilisce in un paese dell'Italia centrale non identificato come del resto tutti i personaggi della storia. Non sono fornite coordinate temporali e spaziali precise, né nomi, volti, dettagli particolari di carattere estetico e fisiognomico. Gli spettatori comprendono che le vicende narrate appartengono a un tempo attuale perché talvolta sullo sfondo delle disavventure del protagonista fanno la loro comparsa interpreti ed elementi quotidiani come per l'appunto la scuola e i suoi dirigenti, le vetrine dei negozi, la casa al mare e le associazioni culturali con le quali gli sposi entrano in contatto dopo aver cominciato nel nuovo paese una fase della vita tranquilla e lontana dai pregiudizi del passato. La mancanza di una ben definita configurazione storica del racconto non costituisce un motivo di disturbo, anzi si mostra coerente con il senso di riflessione fuori dal tempo ricercato dall'inizio alla fine. Se la trama procede in maniera lineare percorrendo le varie stagioni dell'età, il tono che Marco D'Amore imprime alla sua appassionata interpretazione evidenzia il tormento di fondo che attanaglia l'esperienza di vita dell'uomo tout-court, la mediocre accettazione della propria incapacità di cambiare, di affrontare a muso duro la "peste" che si nasconde negli anfratti della personalità. Il tormentato protagonista di "Un Amore" migliora il livello della propria vita quando prende di sua mano alcune decisioni come l'abbandono dei familiari ma in compenso subisce conseguenze devastanti non appena giunge a rompere gli equilibri della finta ma essenziale frivolezza che contraddistingue le relazioni sociali. Per colpa di un duro e feroce attacco alla banalità dei discorsi e all'ipocrisia dei comportamenti che anche lui e sua moglie hanno assecondato per poter fare nuove amicizie, l'uomo perde rapidamente tutto, compresa la moglie pentita di averlo seguito molti anni prima, e finisce per ricadere in uno stato di solitudine completo, ancor più buio della sua infanzia. In uno status di declino così rovinoso, la vita decide di riservare all'anti-eroe un'altra possibilità.
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Mentre cammina silenzioso in un paesaggio di aperta campagna una folata di vento sopraggiunge improvvisa a sollevargli il cappello dalla testa e a portare alla sua attenzione un paesaggio su cui prima non aveva posto la sua attenzione. Un comune colpo di vento che non è più un'inezia. L'uomo scorge una collina sulla quale sono raccolte alcune persone in circolo. Ne rimane incuriosito al punto da raggiungere la collina e fermarsi a chiedere a quelle persone cosa stiano facendo. Una di loro gli risponde che si sono radunati per raccontare delle storie dopo essere sfuggite a un'epidemia mortale e dunque l'uomo si appresta ad ascoltare il prossimo racconto, che vede un ragazzo non molto più vecchio di lui, il contadino Masetto, riuscire a ottenere una cosa desiderata da tanto tempo. La novella di "Masetto da Lamporecchio", che Giovanni Boccaccio inserisce alla domenica, terzo giorno dall'inizio della narrazione, viene tessuta da Marco nelle tinte irresistibili di una ballata licenziosa ma encomiabile, che oltre a ispirare risate gustose ha il compito di trarre dalla sua libertinità un insegnamento fondamentale per il protagonista di "Un Amore" come per il pubblico. La verità e l'amore non vanno di pari passo, non posso coincidere in tutto e per tutto. Per poter ottenere il secondo e altri successi nella vita bisogna essere pronti a scendere ad alcuni compromessi, a mettere da parte i propri idoli per venire incontro alle aspettative degli altri. Anche per concedere pieno conforto a qualcuno che predica il nostro perdono dopo averci calpestato senza rimorsi, seppur il nostro pensiero sia ben diverso. Il dono significativo che viene a manifestarsi si chiama consapevolezza nel guardare negli occhi la "peste" che ci consuma da dentro, come fa l'anti-eroe di Michele Santeramo grazie alla verve e alla tensione emotiva di un Marco D'Amore che regala al Festivaldera un'estemporanea da applausi. Il secondo capitolo de "Storie dal Decamerone" è in programma alle 21:30 di domenica 3 giugno presso l'Anfiteatro del Teatro Era con "Una Guerra", interpretato da Anna Foglietta.

Immagini tratte pagina facebook Festivaldera https://www.facebook.com/Festivaldera/

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