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24/1/2018

"Mi riposo quann moro" - Intervista a FLO

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In collaborazione con Big Time, ufficio stampa per la musica, la nostra redazione musicale ha potuto rivolgere alcune domande a Floriana Cangiano, in arte FLO, una delle artiste più eclettiche dell'attuale scena musicale italiana.
di Enrico Esposito

​Vi avevamo già parlato di FLO durante le vacanze natalizie, quando era giunto in redazione il comunicato stampa che annunciava un appuntamento speciale per il Capodanno e l'inizio di un nuovo mini tour lungo l'Italia e non solo. FLO è il nome d'arte e allo stesso tempo il diminutivo vivace con cui Floriana Cangiano, napoletana classe 1983, sta compiendo un percorso artistico prezioso e versatile che si sviluppa nel canto, nella musica e nel teatro. Dopo avere studiato sin da giovanissima la musica lirica, tradizionale e la world music, FLO ha debuttato in teatro nel 2006 grazie a Claudio Mattone e Gino Landi nel pluripremiato musical “C’era una volta Scugnizzi”. Nel 2012 al fianco del compositore e musicista Daniele Sepe ha intrapreso la sua carriera musicale, che l'ha portata a incidere due album dall'ottimo riscontro di pubblico e critica (ha vinto nel 2014 e 2015 il Premio Musicultura, ed è stata nominata la vincitrice assoluta del Premio Andrea Parodi 2014) : "D'amore e di altre cose irreversibili" del 2014 e "Il mese del rosario" del 2016. Due lavori intensi, che l'hanno lanciata nel panorama italiano e mondiale, grazie a uno stile interpretativo accorato e passionale, e a un repertorio poliedrico. Grazie alla collaborazione con l'ufficio stampa Big Time (che ringraziamo caldamente), la nostra redazione ha avuto l'opportunità di rivolgere alcune domande a quest'importante artista, tentanto di fornire una panoramica estesa su passato, presente e futuro della sua fiorente carriera.
Foto


Buongiorno Floriana! Per me è un grande onore poterti rivolgere alcune domande per approfondire la conoscenza del tuo approccio alla musica e al canto, e rendere così i lettori del Termopolio ancora più partecipi della tua produzione.
 
IL PIACERE È TUTTO MIO!!

1) Il tuo secondo e album, "Il mese del rosario" è uscito il 13 maggio 2016 ma a quasi due anni di distanza tu stai continuando a promuoverlo in tour lungo l'Italia e all'estero. Ti aspettavi due anni fa un'accoglienza così positiva del tuo lavoro e la possibilità di presentarlo a platee talmente diversificate? E, in particolare, qual è la risposta da parte dei fans accorsi ai concerti che hai tenuto (e terrai) in Germania e Benelux, Paesi tendenzialmente lontani dai ritmi mediterranei che si ritrovano nelle tue canzoni?
 
Mentre registravo "Il mese del rosario" ero certa che sarebbe stato un bel disco; lo sentivo onesto, suonava autentico, parlava di me in modo sincero e questo il pubblico lo sente. Ovviamente mi riferisco al pubblico vivo, curioso, critico, che non ha ancora gettato la spugna nella lotta contro la musica chiamiamola "di finzione" (... giusto per non offendere nessuno). 
A ogni modo, gran parte del successo di questo disco è legato a come le canzoni arrivano alla gente, e quindi a come le porti in concerto. È alla fine del concerto che la maggior parte del pubblico compra il disco, diventa tuo fan, inizia a seguirti e ad attivare quella sorta di passaparola delle emozioni. È una cosa molto bella, perché è vera, è reale!
Ma secondo me, funziona solo se ogni volta che sei sul palco ti esibisci come se fosse la prima - o l'ultima – cioè, almeno devi provare a fare in modo che sia indimenticabile per te e per la gente.
Io lo faccio sempre; per me il concerto è sacro. Pretendo da me e dagli altri una concentrazione massima, altrimenti l'emozione non "viaggia".
Credo sia questo che il pubblico mittel-europeo apprezzi di più della mia musica. L' equilibrio tra l'aspetto strettamente tecnico - musicale e l'immagine calda, irrequieta esotica, pagana, tipica di un viaggio al Sud. 
​

​
2) Sei stata giustamente definita "una forza della natura". Concordo fortemente con questa definizione che ben descrive la passione con cui interpreti i tuoi brani e trasmetti all'ascoltatore confessioni, rivelazioni e memorie contenute nelle storie narrate. Proprio come hai dichiarato tu stessa, sei stata sempre molto affascinata dall'opportunità di ascoltare le storie di altre persone e di re-inventarle tessendo tuoi ricami nuovi di zecca. Nella scrittura de "Il mese del rosario" hai compiuto dunque un viaggio parallelo in tal senso, ispirato a esperienze tratte della realtà, dalla storia e dall'arte. Come vivi il passaggio dall'ispirazione alla composizione e da dove arriva tale desiderio di condivisione e riconversione delle esperienze da te vissute?
 
Sono lusingata! 
Direi che non c'è un vero e proprio passaggio: io, nel momento stesso in cui qualcuno o qualcosa mi ispira, mi canto in testa la canzone - che sia un motivetto o qualche frase buttata lì -  poi quando arrivo a casa (io sono ispirata quasi sempre quando sono in strada), più che scrivere, trascrivo. 
Sono una buona ascoltatrice, o forse dovrei dire che sono un’impicciona, perché non mi piace ascoltare in assoluto chiunque (per esempio non ascolto mai i pigri e i lamentosi), mi piace ascoltare la gente che chiacchiera al bar, al tavolino accanto al mio, la gente che litiga al telefono, che urla dai balconi (dimenticavo, io vivo a Napoli) o che spettegola nell' autobus. Mi piacciono le vite degli altri quando non mi vengono offerte, ma che devo un po' rubare e su cui posso ricamare un sacco di storie che poi restano lì, incompiute, a galleggiare. Solo poche diventano canzoni. E lo diventano perché forse abbiamo paura del silenzio, abbiamo paura che il tempo ci batta sul tempo, abbiamo paura che la nostra finisca per essere una vita qualunque.
​

​3) Prima di intraprendere la tua carriera musicale nelle vesti di solista (con "D'amore e di altre cose irreversibili" del 2014) hai compiuto un percorso di formazione e affermazione molto esteso cominciato a partire dai 14 anni, e costellato da progetti R'n'B e soul, da lezioni di musica lirica e successivamente moderna e tradizionale, da spettacoli davanti a platee teatrali, dai featuring jazzistici con Daniele Sepe. Queste credenziali testimoniano una versatilità di interessi e attività che si riproduce genuinamente nella tua produzione, nel genere poliglotta e multietnico che ti contraddistingue. Tu infatti canti alternativamente in italiano, nel dialetto della tua Napoli, nel siciliano di Rosa Balistreri, in francese, portoghese, su sfondi di world-music, di soul, pop e di altre suggestione sonore. Come si produce dentro di te tale commistione di lingue, culture e insegnamenti?
 
Da ragazzina ascoltavo molta musica. Stavo cercando la mia strada e la mia voce. Studiavo lirica e mi piacevano già i cantautori e la musica americana. Per me ascoltare Aida, Carmen, Cio Cio-san, Ella Fitzgerald, Billie Holiday o Elis Regina era la stessa cosa. Ho sempre sistemato i libri e i cd in base a quanto gli voglio bene, a quanto mi hanno fatto emozionare e a quanto è urgente tenere quell'emozione a portata di mano. 
Non ho mai classificato per generi. 
Nel mio percorso artistico Napoli e il teatro hanno avuto un ruolo centrale.
Napoli e la sua tradizione musicale sono sempre state imprescindibili per me: una dialettica fatta di odio e amore, appartenenza e rifiuto, ma mai di indifferenza. 
Poi c'è il teatro: il mio gioco preferito; la possibilità di conoscere me stessa; di essere altro; di usare la voce in modo diverso e il corpo in modo molto più profondo. 
L' incontro con Daniele Sepe è stato il momento in cui ho capito che tutto questo può coesistere in una sola espressione artistica: più cose hai e più cose puoi dare. Al diavolo i generi; la musica è libertà, è sincerità, è un'esperienza totale. Oggi per me fare musica non è solo scrivere e cantare, ma anche i personaggi che interpreto a teatro, i libri che leggo, i film che guardo al cinema, le persone che incontro... Insomma, non può che essere la vita, intera e piena.
 
 
4) "Il mese del rosario" si chiude con un doppio omaggio da parte tua alla storica cantastorie siciliana Rosa Balistreri, che avevi peraltro già onorato nell'album precedente. Con "Buttana di to mà" e "Terra ca nun senti" hai eseguito due intense liriche di colei che hai definito come "la tua stella polare", un punto di riferimento eccezionale nella concezione stessa della spiritualità che anima la musica. I brani della Balistreri (come le tue covers) tremano di rabbia per le ingiustizie, e celano tra i loro versi sentenze sull'amarezza e la drammaticità dei comportamenti umani. Tu hai affermato di aver deciso di interpretarle perché giungono a rappresentare delle parabole universali, senza tempo. Dunque, qual è stata secondo te la risposta del pubblico alla riproposizione di questi canti, e ci sono altri artisti che vorresti in futuro omaggiare ancora nei tuoi lavori?
 
La prima volta che ascoltai Rosa Balistreri era il 2002. Cominciavano a essere di moda certe personalità naif, tuttavia eravamo lontani dal revival del folk meridionale e del tarantismo che ci sarebbe stato dopo qualche anno. Restai sconvolta dalla sua voce come mai mi era successo prima. Mi chiedevo da dove venisse fuori quell'urlo, quella carnalità, tutta quella forza. Cercai di lei qualunque cosa, da leggere e da ascoltare. Scoprii molte analogie nella nostra biografia e questo ancora di più mi convinse che quel modo di usare la voce serviva senz'altro a esorcizzare il male. Io la chiamo "urgenza del canto". Far cantare l'anima, il corpo, il sentimento e soltanto alla fine liberare la voce per dire qualcosa di importante: Rosa è unica perché quello che canta non può prescindere dal come lo canta. Nei miei concerti c'è sempre una sua canzone; credo che al pubblico arrivi qualcosa di atavico, che non comprendi ma che ti scava dentro e non ti lascia più. Poi mi scrivono per chiedermi di lei, dei suoi dischi - molti ancora non la conoscono -  e così sento di aver dato il mio piccolo contributo e sono felice. In futuro mi piacerebbe lavorare su Brecht e Weill, su Ria Rosa la sciantosa napoletana e un sacco di altre cose che una vita non basterà...
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5) L'ultima domanda che ti rivolgo è indirizzata al futuro e alle prospettive a esso legate. Al termine della tournée che hai in programma d'ora in avanti fino ad aprile, quali sorprese ci riserverà FLO? Ti concederai un periodo di riposo dalle scene per dedicarti alla scrittura di nuovi brani, oppure alla realizzazione di progetti paralleli? E in chiusura ti chiedo se potresti riservare un piccolo messaggio ai giovani lettori del nostro blog che sognano di ripercorrere le tue orme nel campo musicale e artistico in senso più ampio. Quali sono le armi che non devono mai mancare nel momento in cui si cerca di percorrere la strada tortuosa e affollata dello spettacolo? Con queste ultime domande ti ringraziamo moltissimo per quest'intervista e speriamo di vederti al più presto dal vivo nella nostra Pisa!
 
Mia nonna diceva sempre "mi riposo quann moro", significa "riposerò quando sarò morta". Saggezza popolare a parte, questo lavoro è bellissimo, per me è un sogno che si è realizzato, non vorrei fermarmi mai. Spesso viaggio da sola; mi piace la natura, i sentieri di montagna, il mare e ogni anno vado a New York. Tuttavia, anche lontano da tutto e tutti non smetto mai di scrivere, di stare nella musica, di pensare al prossimo sogno che voglio realizzare. Una specie di droga praticamente. Fra qualche mese uscirà il mio terzo disco, in aprile sarò in scena col Prometeo di Massimo Luconi, la mia prima tragedia, e poi il tour estivo in costruzione. A ottobre andrò in vacanza. Forse.
Ai giovani lettori posso dire di credere in se stessi perché non è detto che gli altri credano in noi da subito. Possono passare anni prima che la gente si accorga di te e ti rispetti. É importante studiare molto, rendersi artisticamente autonomi e poi: "Non cercate scorciatoie!". La strada è affascinante, lunga e bisogna percorrerla tutta. In fondo è anche questo il bello, no?


Per approfondire:

Sito ufficiale www.flo-official.com
Facebook: https://www.facebook.com/flo.official/

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