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26/9/2017

Pisa festeggia i 70 anni di Stephen King

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Al Cinema Arsenale una serata interamente dedicata al re dell’horror. La nostra intervista ad Anna Pastore, editor italiana di King per Sperling & Kupfer.

Di Salvatore Amoroso, Carlo Cantisani e Eva Dei

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Lo scorso giovedì 21 settembre Stephen King ha spento 70 candeline. Uno degli scrittori più letti al mondo, padre di classici di genere intramontabili come Shining e It, fonte di ispirazione per immaginari cinematografici in continuo sviluppo, Pisa non poteva non celebrare questo scrittore. Ci ha pensato il Cinema Arsenale, dedicandogli una serata: musica e aperitivo a tema, un contest artistico, un punto vendita dei suoi libri, la proiezione di Misery non deve morire, film di Rob Reiner, ispirato al suo libro Misery del 1987. Ovviamente non potevano mancare degli ospiti di eccezione: Federico Frusciante, Michele Innocenti e Alessio Porquier per il FI PI LI Horror Festival e Anna Pastore, editor italiana di Stephen King per Sperling & Kupfer.
Noi del Termopolio abbiamo avuto la possibilità di fare una breve intervista a quest’ultima.


Trovandoci davanti all’editor italiana di Stephen King non possiamo non fare delle domande prettamente relative al lavoro editoriale. In sala hai nominato Giovanni Arduino, ma negli anni sono stati vari i traduttori di Stephen King, ovviamente con dei nomi ricorrenti, come quello di Tullio Dobner. Come mai però in alcune raccolte di racconti, come Stagioni diverse, avete fatto ricorso a ben tre diversi traduttori?
Prima di tutto per poter tradurre Stephen King è necessario conoscerlo bene, e non solo la sua scrittura, ma tutto l’immaginario e i riferimenti interni che possono essere legati alla sua produzione. Detto questo, è successa la stessa cosa anche per l’ultima raccolta di racconti Il bazar dei brutti sogni. Si tratta di decisioni legate principalmente alle esigenze del momento, alla disponibilità del traduttore; in ogni caso ci rivolgiamo sempre a persone che hanno una vera conoscenza di King, proprio come vi dicevo all’inizio. Infine la raccolta o il romanzo, una volta terminata la traduzione, viene sempre curata da qualcuno allo scopo di uniformare il testo; parlando per Il bazar dei brutti sogni, di cui ero responsabile, il testo è stato curato da Loredana Liperini e infine rivisto anche da me.


Sfogliando varie edizioni dei libri di King si nota l’assenza di postfazioni, prefazioni o introduzioni. Non che Stephen King abbia bisogno di essere presentato, ma non trattandosi appunto di un autore sconosciuto, immagino che ci sia una critica anche su di lui. La vostra è una scelta editoriale generale o riguarda solo questo caso specifico? Si parla di King e se sì come?
In realtà non c’è una critica molto vasta su King, se non molto recente. E questo è un aspetto; ma in realtà è una scelta editoriale generale, quella di non appesantire un testo di narrativa con apparati critici o addirittura con le note. Cioè noi non tentiamo a non annotare i testi, a non appesantirli. Questo per lasciare il puro piacere della lettura del testo narrativo, la possibilità di leggerlo dall’inizio alla fine senza pedanterie. Ovviamente per alcuni testi abbiamo anche un apparato critico, per esempio, per quanto riguarda King, abbiamo ripubblicato On writing, in una nuova traduzione di Giovanni Arduino, con una introduzione dello stesso traduttore. Nel caso di un saggio, abbiamo ritenuto che potesse essere utile un’introduzione critica.
Di King si sono interessati alcuni critici recentemente in Italia; ci sono stati dei saggi, ma anche degli articoli molto interessanti, come per esempio quello di Nicola Lagioia per Internazionale.
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Come ha visto cambiare, se l’ha visto cambiare, l’atteggiamento dei lettori nei confronti di King?

A livello internazionale l’atteggiamento dei lettori nei confronti di King è cambiato e non poteva essere altrimenti: King ha pubblicato il suo primo libro nel 1974, quarantatre anni fa, quindi non può che essere cambiato perché sono cambiati i lettori. Esiste sicuramente un nucleo, il così detto zoccolo duro, di lettori affezionati e fedeli ed è cresciuto invece un pubblico nuovo. Lo si vede anche con It che è ritornato nelle librerie, anche grazie al film, che è sicuramente un veicolo popolare di conoscenza.


A proposito di questo, fra poco arriverà nelle sale italiane il film tratto da It. A distanza di così tanti anni dalla sua pubblicazione, cosa rende secondo lei questo romanzo un classico moderno?
Allora secondo me, King in generale, It in particolare, è un classico e in quanto tale dovrebbe essere proposto anche nelle scuole. Forse è considerato troppo forte, troppo violento, ma in realtà affronta temi che sono vissuti ancora nell’adolescenza di oggi: il bullismo, la diversità come marchio, la famiglia come scelta “i miei sei amici sono la mia famiglia e con loro mi proteggo dal male”, la violenza contro i bambini. La morte di Georgie: è vero che è il pagliaccio che lo uccide, ma in quella morte ci possono essere viste altre cose, come per esempio la pedofilia. C’è il sesso, il primo sesso dei ragazzini. Per tutti questi motivi secondo me è un grande libro che dovrebbe essere letto da tutti. Speriamo che in Italia cresca, anche se devo dire che per il momento sta andando bene, sta avendo un discreto successo.


Stephen King è sempre contento delle sue trasposizioni cinematografiche?
No, affatto. È spessissimo presente nei set, addirittura con dei camei e non sempre purtroppo è contento delle trasposizioni cinematografiche. Pare invece abbia molto apprezzato il nuovo It, si è espresso molto positivamente e il film sta andando molto bene. Personalmente, anche se ho visto solo il trailer e letto solo alcuni articoli credo che la pellicola abbia un gran valore.
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Vincitori del contest indetto dal Cinema Arsenale

Nelle varie opere di King, il male assume forme differenti ma spesso sotto spoglie perfettamente riconoscibili. Sembra quasi che sia il riflesso psichico dei vari personaggi che si trovano a fronteggiarlo. Secondo lei, Stephen King ha scoperchiato l’oscurità e il senso di inquietudine che si annida nel quotidiano, nel familiare e in ciò che è riconoscibile?
Direi proprio di sì. É una bella domanda molto articolata ma sì, è molto attinente con il lavoro di King. Da una parte questo scrittore coglie la paura del quotidiano a tutti i livelli, ovvero individuale, sociale e politico. Citando It appunto, il piccolo protagonista si ritrova a dover fronteggiare le proprie paure individuali come la figura del clown o il ragno, una delle tante forme che può assumere Pennywise. Sempre nello stesso romanzo è ben visibile la paura sociale, a un certo punto della storia il pagliaccio uccide degli omosessuali e negli anni ’80, vale a dire negli anni dell’AIDS, questo è un contenuto di forte impatto. Poi ci imbattiamo nella paura politica e per politica intendo nel senso più puro del termine: la città di Derry, che come ben sappiamo è una città fittizia ma che simbolicamente rappresenta la tipica città di provincia americana, con tutte le sue problematiche e con tutti i suoi difetti. King è un autore di romanzi horror, molto spesso questa paura la fa incarnare a oggetti, figure o creature che fanno parte del sovrannaturale ma questo è puramente un aspetto fantasy o un aspetto che ciascun lettore può interpretare come vuole.


Stephen King rappresenta il miglior esempio di un rapporto fecondo fra letteratura e cinema. A suo avviso, è possibile replicare attualmente questo rapporto in Italia? Quanto è interessato il cinema italiano verso King?
Onestamente è una domanda a cui non so rispondere. I diritti cinematografici dei romanzi di King sono stati tutti venduti a produttori americani, quindi anche se dovesse esserci un certo interesse da parte del cinema italiano ho paura che sarebbero arrivati troppo tardi. Non so dirvi se c’è un certo interesse o se sono arrivate delle proposte da parte del nostro cinema, ma non so nemmeno se è presente un terreno fertile in Italia per film tratti dalle storie di King. Posso dirvi però che esiste una pellicola che si chiama Nona, tratta da un racconto di King che è un One Dollar Baby. King vende per un dollaro i diritti cinematografici di alcuni suoi racconti a giovani emergenti che ne fanno un film; l’unica condizione è che non devono avere uno scopo commerciale, quindi possono circolare in circuiti provati o possono concorrere in alcuni festival. Questo film è stato realizzato proprio da un regista italiano che si chiama Massimo Volta, quindi se volete vedere il prodotto dovete contattare il regista per poter vedere la sua opera in proiezione privata (ride ndr), tra l’altro devo dire che è un film bellissimo.


Recentemente si sta assistendo una riscoperta degli anni ’80 in molti ambiti culturali, dalla musica, al cinema, alle serie tv. Una delle serie maggiormente di successo degli ultimi anni, Stranger Things, si rifà molto all’immaginario di Stephen King. Tutto ciò ha influito in qualche maniera sulla ricezione che soprattutto le nuove generazioni hanno avuto delle opere e della figura di Stephen King?
Stranger Things ha numerose immagini che richiamano all’universo di King, basti pensare all’immagine iniziale della bambina. Questo riferimento all’interno della serie in Italia non so quanto sia stato colto. Sicuramente c’è un grande riferimento agli anni ‘80, basti pensare alla musica, ai costumi, in pratica tutto ovviamente. Non so come vi dicevo, quanto sia stato colto il riferimento molto forte a King. Avrete sicuramente letto che J.J Abrams produrrà una serie tv che si intitolerà Castle Rock, una delle città icona dell’autore, ispirata ai personaggi e ai racconti di King. In questo caso il riferimento è così esplicito che anche il pubblico italiano non potrà fare a meno di notarlo.
Alcuni scatti della serata

Immagini tratte da:

- Disegni di Elisa Grilli (: https://elisagrillidc.wixsite.com/drawing2dream oppure
https://www.facebook.com/elisagrillidicortona/), tra i vincitori del contest indetto dal Cinema Arsenale di Pisa.

- Foto dell’autore (Eva Dei), gentilmente fornite dal Cinema Arsenale di Pisa.


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