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18/9/2017

Sipario su Notre-Dame

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di Matelda Giachi
Il 14 marzo 2002, aveva inizio in Italia “Il tempo delle cattedrali”. Nata, se non per gioco, per pura passione dall’unione del talento musicale di Riccardo Cocciante e quello linguistico di Luc Plamondon, l’opera musicale “Notre Dame de Paris”, ispirata al romanzo di Victor Hugo, aveva già conquistato Parigi e la Francia col suo esordio nel 1998 e si apprestava, con i testi italiani di Pasquale Panella, a fare lo stesso nel nostro paese, fino a meritarsi l’appellativo di “show dei record”. Per 10 anni, durante i quali i principali interpreti entrano ed escono periodicamente dai panni dei protagonisti, l’opera continua a girare per i teatri del bel paese senza mai smettere di appassionare gli spettatori tant’è che, a grande richiesta di popolo, viene annunciato per il 2016 un nuovo tour, che vede il ritorno di gran parte del cast originale. A Lola Ponce, Giò di Tonno, Matteo Setti, Vittorio Matteucci e Graziano Galatone, si unisce Leonardo di Minno, che sostituisce Marco Guerzoni e che già aveva ricoperto il ruolo del re dei gitani Clopin nel 2008 e nel 2009, mentre la parte di Fiordaliso, che era stata di Claudia D’Ottavi, è affidata a Tania Tuccinardi, volto nuovo per Notre Dame ma non per Cocciante, per il quale già era stata Giulietta nel 2008. A cosa si deve il successo di una vicenda tanto tragica come quella del Gobbo di Notre Dame e della bella Esmeralda? Forse al fatto che, ancor prima che una storia di alcuni individui è una “storia d’amore e di passioni”, come dichiara Gringoire. Notre Dame de Paris è carne, sesso, istinto, sentimenti, tormento. È umanità allo stato più puro e primordiale.
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È il poeta Gringoire a condurci attraverso lo spazio e il tempo fino a Parigi, nel 1482. La sua voce è quella avvolgente di Matteo Setti; è la voce indimenticabile di Notre Dame, quella a cui siamo più legati. Esmeralda è una giovane gitana, non ha idea di quali tormenti il suo aspetto e le sue movenze proprie della femminilità, ma ancora prive di malizia, destino. Lei “porta il peso di un’atroce croce umana” e non ne è consapevole. La avverte Clopin: “nell’uomo c’è un demonio.

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Lui lo sa bene, è il re della Corte dei Miracoli, dove si fa “l’amore come viene viene”. Di Minno dà vita a un personaggio che è al tempo stesso il più spietato degli assassini e la più dolce e protettiva delle figure paterne. Ma le raccomandazioni del suo tutore non bastano ed Esmeralda si dirige verso la tragedia a passo di danza.

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Una donna, tre uomini. Quasimodo, il reietto per eccellenza; il mostro, il gobbo. Abbandonato, emarginato. Non ha mai conosciuto l’amore eppure è il solo in grado di provarlo. Desidera Esmeralda, sa di non poterla avere, si accontenterebbe di vederla felice. Frollo, l’arcidiacono. Egli si è costruito un muro di impenetrabilità alle emozioni e di insensibilità al mondo esterno. Il lavoro di una vita è mandato in pezzi dalla bellezza di lei e, improvvisamente, si ritrova preda di tormenti e passione che non è in grado di gestire e che lo devastano. Febo, il capitano delle guardie, splendido in superficie rivestito della sua armatura, ma poi vuoto dentro. È egoista, ha un “cuore con l’impugnatura” (ma che voce e che carisma, Galatone!). Per Esmeralda lui è il sole; per lui lei è un capriccio, è voluttà. Lo capisce Fiordaliso, sua promessa. A primo impatto, si rimane colpiti dall’apparente crudeltà di questa donna che però, come tutti i personaggi che si muovono in questo dramma, non è priva di complessità. È ferita, disillusa. Vede scivolare via dal proprio abbraccio l’uomo che la stava conducendo all’altare e reagisce con ferocia. Quando lui torna lo tiene in pugno; è lei la forte della coppia.
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Il carattere leonino di Tania Tuccinardi ben si adatta e rafforza quello della sua Fiordaliso e tuttavia, durante questi due anni di tour, le permette anche di dividere la parte di Esmeralda con Lola Ponce, riuscendo nell’impresa di non far sentire la mancanza della sua bellissima interprete principale. Strepitosa. Con le repliche dell’8, 9 e 10 settembre 2017 all’Arena di Verona, si è conclusa, almeno per ora, un’avventura lunga quindici anni a cui tutti, interpreti e pubblico, guardiamo con gratitudine e non senza un po’ di malinconia. Ma lo spettacolo dell’altra sera in arena non è più lo stesso del 2002. Il palco è calcato da artisti il cui talento è sempre stato tangibile, ma che sono cresciuti, maturati, più consapevoli. Là dove forse prevaleva l’attenzione all’estetica della voce, oggi fanno da padrone le emozioni. Grazie alla loro interpretazione non solo vedi, ma senti il desiderio di Febo, il dolore di Quasimodo (Giò di Tonno è tanto intenso che si piange per due terzi del tempo e la disidratazione è assicurata), il tormento di Frollo, un Vittorio Matteucci che, nella serata di sabato ha lanciato un “ti amo” di una potenza tale che ancora si stringe lo stomaco e vengono i brividi. Un cast affiatato, una squadra, una famiglia. Si vede da come interagiscono tra loro in scena; tra loro e con ballerini e acrobati, dei professionisti senza pari a cui è affidato l’impatto visivo, giustificando l’essenzialità della scenografia. Si è sviluppato qualcosa di magico in tutti questi anni; un sortilegio che ha tenuto la folla impietrita, adorante e decisa davanti a un palcoscenico anche sotto la pioggia scrosciante. Ci mancheranno. Anzi, ci stanno già mancando.

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  Immagini tratte da:

- Immagine 1 da

http://www.udine20.it/notre-dame-de-paris-a-palmanova-8-11-settembre/
- Immagine 2 da
https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10212316257373039&set=a.10207728475481359.1073741827.1577302433&type=3&theater
- Immagine 3 da
http://velvetnews.it/2017/03/12/notre-dame-de-paris-a-grande-richiesta-prosegue-il-tour-italiano-2017/
- Immagine 4 da
https://d.wattpad.com/story_parts/42/images/14766624c7f78b67879182350615.jpg
- Immagine 5 da
https://www.facebook.com/matteosettiofficialpage/photos/a.10150379614161130.346734.31360401129/10155397540886130/?type=3&theater

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