Giovedi scorso 5 Maggio al Polo Carmignani di Pisa il celebre attore napoletano ha deliziato una platea ricchissima di giovani e non solo raccontando con sincerità e trasporto il suo mestiere di attore di teatro, prestato al cinema.
Quando recita sul palcoscenico non usa il microfono. Non lo fa perchè in questo modo può più naturalmente condurre il pubblico al suo fianco o viceversa scendere improvvisamente al suo interno, salvo poi scomparire di colpo, tra il darsi e il ritirarsi, in un'oscillazione ed illusione continue che messe insieme costruiscono una magia. La magia del Teatro secondo Toni Servillo. Marco Antonio Servillo, classe 1959, originario di Afragola (Napoli), fratello del leader degli Avion Travel Peppe, uno dei migliori attori italiani nel mondo, davanti ad un sipario, di fronte ad una cinepresa, dentro ad un audiolibro. Giovedi scorso 5 Maggio, in occasione dell'incontro pubblico al Polo Carmignani di Pisa con una folla gigantesca ed entusiasta di studenti ma non solo che ha visto la presentazione del volume della Prof.ssa Anna Barsotti dal titolo "Il teatro di Toni Servillo. Con dialogo" (Titivillus), il protagonista de "La Grande Bellezza" ha regalato ai suoi ascoltatori un lungo discorso sulla sua trentennale attività di attore di teatro militante che con grande successo si è prestato anche alla Settima Arte.
Sigaro rigirato nella mano sinistra, gesticolazione sostenuta e coordinata alle differenti opinioni espresse, rapide inclinazioni dello sguardo in direzione dei relatori intorno a lui, egli orchestra questa serie di puntuali movimenti rimanendo ininterrottamente seduto su una sedia per un'ora e mezza. Così celebra l'importanza della presenza fisica all'interno della scena drammatica, che definisce con fermezza "scandalosa" e "fondamentale" dinanzi al pubblico, pronto a subire da un interprete abile e persuasivo la tendenza a divenire parte integrante della rappresentazione sul palco. Un'opera teatrale sana e ben riuscita presenta la caratteristica principale di catturare lo spettatore provocando "un accadimento turbante, erotico", trasportandolo tra i pannelli della base scenografica e riportandolo ad uno stato di confronto e pensiero disintegrati da una contemporaneità trionfante invece nella "disumanizzazione". L'epoca di oggi è vissuta da un uomo medio che di norma confonde l'arte con la vita vera, ritenendo che un film, una serie televisiva, una recita siano utili perchè sono in grado di trasmettere la realtà assoluta, da seguire con attenzione, o addirittura alla quale piegare la propria. Secondo Servillo quest'idea purtroppo ampiamente comune è sbagliata nel principio, che d'altra parte dovrebbe ristabilire il concetto di una "verosimiglianza" della manifestazione artistica dalla quale sarebbe significativo cogliere alcuni suggerimenti, spunti per orientarsi in modo migliore nei confronti della vita e non una meccanica imitazione di mode ed atteggiamenti.
Toni ha provato sulla propria pelle sin dalla fine degli anni '70 con il Teatro Studio di Caserta e i Teatri Uniti di Napoli il brivido del tentativo di interpretare spettacoli di invenzione ma dal contenuto sociale determinante e sensibile costantemente al tempo attuale. Dalle rivisitazioni della secolare tradizione partenopea, con gli intramontabili "Ha da passà a nuttata" e "Sabato, domenica e lunedi" (2002) di Eduardo De Filippo, al trittico di commedie del grande Teatro Francese tra Sei e Settecento ("Il Misantropo" e "Tartufo" di Molière e "Le false confidenze" di Marivaux) e alla "Trilogia della villeggiatura" di Carlo Goldoni, egli non ha mai smarrito l'intento generale di riscrivere tali capolavori nell'ottica di una dimensione e di un pubblico contemporanei, rinunciando spesse volte a porsi al centro della scena per concentrare maggiormente la sua attenzione sulla regia. E si identifica come un uomo di teatro, che vive di teatro e considera la sua vera vittoria gli applausi in sala, quando il sipario si chiude e lo spettacolo finisce. Ed ama l'indipendenza, l'essere responsabile e padrone delle sue attività, e sente un certo grado di libertà, e la vitale possibilità di scegliere nella sua vita cosa fare e cosa non fare gli porta una grande coerenza. A tal proposito nel corso dell'incontro di giovedì racconta inoltre un episodio significativo accadutogli al termine di un suo recente spettacolo a Cesena, al termine del quale gli si era avvicinato un ragazzo di 20 anni che dopo averlo visto tre volte in dieci giorni, a teatro, in televisione e al cinema e averlo ascoltato in un audiolibro, gli aveva confessato di aver riconosciuto un'unica persona, lo stesso attore, calato sotto spoglie diverse ma in un suo stile inconfondibile.
Scatti dall'incontro di Giovedì scorso al Polo Carmignani
Sulla scena ogni suo personaggio cresce nel tempo, replica dopo replica, cambia in base al tempo dell'attore e al tempo della società che lo circonda. Cresce e muta senza mai rimanere uguale a se stesso. E' così meno utile vedere una prima di uno spettacolo rispetto alla sua decima rappresentazione. Così cambiano i soggetti, si definiscono i personaggi, anche quando sono protagonisti di grandi classici, mentre pian piano avviene l'identificazione che tuttavia non si realizza, anzi non deve realizzarsi in maniera totale. Dal suo punto di vista "Qualunque attore che reciti Amleto e alla fine dello spettacolo dica 'io sono Amleto' è un cretino. Esistono tanti Tartufo, tanti Amleto quanti sono gli attori che li rappresentano." Al contrario l'attore In tale ottica si inserisce la continua ricerca da lui portata avanti nella sua carriera, l'esercitazione di talento inseguita attraverso la recitazione e non lo sterile eclettismo, per raggiungere l'obiettivo finale della coerenza con la libertà di espressione.
L'oggetto misterioso per eccellenza, l'elemento personale posseduto dall'attore, l'esperienza più intima che egli riconosce nel teatro ma anche nel cinema al quale è arrivato molto tempo dopo (il suo primo film è "Morte di un matematico napoletano" di Mario Martone nel 1992) consiste nella grandezza della voce, nelle sue sfumature e i significati che essa può assumere penetrando nell'anima di altre persone. Toni Servillo al cui volto il Professore dell' Università di Firenze Cesare Molinari riconosce il pregio di essere comune, senza particolari segni particolari se non la sua espressività che unita all'incisività della voce l'ha reso davanti alla macchina di presa un soggetto perfetto da primi piani, da ruoli di protagonista in vicende amare ("Le conseguenze dell'amore", "La ragazza del lago") e sarcastici ritratti ("Il divo", "Viva la libertà") che ne "La Grande Bellezza" si ritrovano unificate in una sintesi compiuta. Quel film premio Oscar tre anni e mezzo dopo il quale Servillo è tornato ad apparire sul Grande Schermo (con "Le confessioni" di Roberto Andò adesso in sala), tre anni e mezzo nel corso dei quali Toni Servillo ha girato l'Italia e il Mondo con migliaia di rappresentazioni teatrali. La notte storica del Cinema italiano del 3 Marzo 2014 che Toni Servillo ricorda come un volo nell'oscurità di Los Angeles, incastonato tra uno spettacolo a Bari poche ore prima ed un altro a Padova neanche 48 ore dopo.
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