di Matelda Giachi “Mi sono sempre sentito non all’altezza ad interpretare quel sublime crogiolo di umanità che è il personaggio di Lear. In questa mia difficile impresa mi accompagna la convinzione che per tentare di interpretare Lear non servono tanto le eventuali doti tecniche maturate nel tempo quanto la grande ricchezza umana che gli anni mi hanno regalato nel loro, a volte faticoso, cammino.” (Glauco Mauri) Per la terza volta nel corso della sua vita di palcoscenico, l’ultimo tra i pilastri del grande teatro italiano, Glauco Mauri, veste i panni dello shakespeariano Re Lear, “l’uomo che è diventato vecchio prima che saggio”. Una tragedia di potere e follia. Potere che avvelena la mente di ogni personaggio. Ad uno ad uno riescono a raggiungerlo, per poi cadere vittima delle proprie ossessioni perché troppo piccoli per reggerlo. Quando il sipario si chiude, non vi sono né vincitori né vinti, solo pochi sopravvissuti che devono rialzare un regno dalle sue ceneri. La follia è quella vera di Lear dopo aver scoperto l’errore nel valutare le figlie; quella simulata di Edgar per sopravvivere alla congiura del fratellastro; quella lucida di un uomo che fa il matto per mestiere ma ci vede meglio di tutti. E mentre il suo personaggio viene invitato a farsi da parte nella vita perché affetto dal male della vecchiaia, Glauco Mauri, anni 89 all’anagrafe, regala un’interpretazione di tale spessore che il suo pubblico si alza in piedi per applaudirlo e smentisce il suo timore di non dimostrarsi all’altezza. Il Maestro, perché non è possibile definirlo altrimenti, mette in Lear tutta l’umanità che è stata lo studio di una vita e tutto se stesso.
Andrea Baracco alla regia può contare non solo su Mauri ma anche sul suo compagno di palco di sempre, il grande Roberto Sturno, che veste i panni del duca di Lancester, in una storia parallela a quella di Lear, e su un’intera compagnia di attori altrettanto capaci di non sfigurare accanto a due leggende. La molteplicità dei luoghi del Re Lear è riassunta in un’unica scenografia che li racchiuda tutti. Uno spazio simbolico, metallico, senza collocazione architettonica o temporale ma che ben rappresenti il clima di violenza dell’opera. Lo spettacolo sarà in scena al teatro della Pergola di Firenze fino a domenica 19, per poi spostarsi a Roma. Merita il tutto esaurito.
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Maggio 2023
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