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1/10/2016

Baudelaire: dallo Spleen e l' idéal alle corrispondenze nella foresta di simboli

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di Lorenzo Vannucci

I fiori del male sono un canzoniere, strutturato in sei sezioni, articolate al suo interno in cicli di poesie. Ogni sezione rappresenta una tappa dell'itinerario poetico dell'autore: si passa dal tema dello spleen, causato da una profonda infelicità  dalla quale non esiste via di uscita, a quello dell'espiazione, presente in Elevazione, fino ad arrivare a Quadri di Parigi, tentativo estremo, da parte del poeta, di superare la propria paralisi interiore uscendo da quella condizione di prigionia in cui si trovava il proprio ego. Ne esce un Baudelaire diverso, cambiato, pronto a tuffarsi nella frenetica vita Parigina.
Baudelaire, nello scrivere I fiori del male, ha ben presente la prefazione di Gautier Mademoiselle de Maupin; la concezione dell'arte per l'arte, presente anche nel Ritratto di Dorian Gray, influenza radicalmente la sua opera. Ecco spiegata, allora, quella inspiegabile commistione tra cura formale e raffinatezza dell’espressione (il verso è spesso l’alessandrino, la misura più “alta” e nobile della metrica francese) con contenuti bassi, spesso scandalosi o di carattere ambiguo.

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La radice di questa compresenza tra sublime e volgare va ricercata nell'itinerario Baudelariano, che attraversa tutti gli stadi più degradati della natura anima, passando da un male di vivere, lo speen, a un tentativo di uscire dal grigiore della vita, l' idéal. Se Il primo termine indica un particolare stato di angoscia, tensione, disperazione, incapacità di stabilire un rapporto con il mondo esterno, un tunnel senza via di uscita che non si lascia ricondurre ad alcuna causa concreta, dall'altra il poeta sente il bisogno di evadere dal grigiore della vita.
Da questa dicotomia emerge, pertanto, non solo la solitudine del poeta, l'eterno conflitto tra il poeta visionario e l'ipocrisia borghese tradotto nella vita di Baudelaire fatta in paradisi artificiali, alcool e droghe, ma un sentimento di speranza «il superamento di quei campi sereni e luminosi attraverso un colpo d'ala» – che eleva in alto il pensiero del poeta come un allodola verso i cieli in un mattino autunnale. Un volo, quello di Baudelaire, destinato a bruciarsi come le ali di Icaro e a rimanere speranza.
Come il personaggio dantesco Ulisse, Baudelaire sente il bisogno di compiere un ultimo viaggio, quello del desiderio e del ricordo. La sua fuga dal quotidiano, dall'angoscia esistenziale, al di là del tempo e dello spazio, trova fine nella sorella morte, che accoglie tutte quelle anime incapaci di dare un senso alla loro vita. Il naufragio di Baudelaire non è più in nome di Dio e di quella conoscenza che Ulisse ricercava nel valicamento delle Colonne d'Ercole, ma sprofonda nel nulla, nel baratro della propria solitudine.

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Questa continua tensione da parte di Baudelaire, sospeso tra speen e idéal, si ritrova non solo nell'eterno conflitto tra purezza e grottesco,  anche nella sua poesia intesa come una foresta di simboli, un tempio in cui le parole risuonano misteriose e si lasciano scoprire solo da chi sa comprenderle davvero. Un poeta che non si ferma alla parola, alle marmoree descrizioni parnassiane, ma finalmente capace di penetrare nella quintessenza delle cose scavando in quello spazio temporale che sfugge all'occhio clinico umano, di intuire e riconoscere, grazie alla sua sensibilità, la foresta di simboli che si cela dietro il reale e la rivela. Non esiste più il mondo di cinque sensi, una natura concreta, ma un mondo fatto di echi, di richiami, in cui un suono può evocare un colore, un profumo, un genere di musica o un particolare paesaggio. Un mondo simbolico, cui simbolo diviene  strumento di espressione e rappresentazione.
Il contenuto della poesia finisce per diventare forma della sua espressione: Baudelaire, in Corrispondenze, gioca sin dal primo verso con le parole, ricreando un'atmosfera  misteriosa ed evocativa attraverso il ricorso all'analogia “È un tempio la Natura” e della sinestesia “Profumi freschi...dolci...verdi”.


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Il poeta, pertanto, penetrando a fondo nel reale, sfugge così allo spleen, alla realtà imperfetta e decaduta, abbandonandosi a un mondo fatto di sensazioni olfattive. Un mondo, quello dei profumi, dei colori, dei suoni, che nella sua bellezza, rimarrà sempre sospeso tra idéal e spleen, tra grottesco e raffinatezza. Destinato, ancora una volta, a rimanere sogno, perché nessuno potrà restituire a Charles quell'innocenza perduta, quela voglia di vivere che non può essere ritrovata nella realtà per la presenza di profumi "corrotti, ricchi e trionfanti". "Carni di bimbo" che finiranno per deteriorarsi, per consumarsi, a causa dell'inferno chimico e ai paradisi artificiali a cui Charles, per tutta la sua vita, non riesce a trovare una via d'uscita.
La ricerca del poeta di ciò che vi è di sconosciuto attraversa del resto tutti i Fiori del male fino all’ultimo testo, intitolato Le Voyage (“Il viaggio”), il cui ultimo verso riafferma la funzione della poesia per Baudelaire, ovvero quella di scendere nel fondo dell’ignoto per trovare ciò che non è mai stato detto prima:
Nei Fiori del male Baudelaire, nonostante introduca il trionfo della sinestesia si concretizza in un insieme di immagini e simboli.

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Bibliografia

C.Baudelaire, I fiori del Male
S.Guglielmino, Guida al Novecento
D.Alighieri, La Divina Commedia
T.Gautier, Mademoiselle de Maupin
E.Auerbach, Il realismo nella letteratura occidentale


Immagini tratte da:
www.mosaico-cem.it
libroarbitrio.wordpress.com
www.museumsyndicate.com
insectogob.skyrock.com



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