La scuola di ieri e di oggi
1859. Con la Legge Casati la “Scuola” italiana sanciva l'obbligo scolastico per il grado inferiore elementare, obbligo che, a causa della disomogenità tra lo stato Sabaudo – in via di sviluppo sociale ed economico - e il meridione – in forte stato di arretratezza, non portò benefici alla lotta all'analfabetismo. La scelta di privilegiare gli istituti a indirizzo umanistico, a scapito di quelli tecnici, fu superata nel 1877 dalla riforma Coppino, che vedeva nelle esperienze e nelle osservazioni dirette, insieme al lavoro manuale, una tappa fondamentale per avvicinare il bambino a una forma di autonomia nel campo del lavoro.
Alla fine del XIX secolo, sulla scia dei risultati ottenuti dal positivismo e dalla diffusione dell'herbaritismo, si sviluppò un movimento di rinnovamento pedagogico, denominato scuola nuova. Il ritorno al contatto diretto con le cose, la riscoperta dell'esperienza, tappa fondamentale nel processo di crescita del bambino, trovò nel metodo di Boschetti Alberti e delle sorelle Agazzi una risposta significativa alle esigenze della scuola italiana. L'insegnante, fino a quel momento figura secondaria nel processo di apprendimento, diventò il fulcro del processo di crescita, una figura attiva che doveva guidare il bambino nella sua libera e spontanea attività. Con Maria Montessori il metodo agazziano trovò un fondamento scientifico, passando dalla spontaneità dell'ambiente e dei materiali – non strutturati scientificamente – a una civilizzazione del bambino, portandolo verso il rispetto delle regole sociali. Questa figura emergente dell'insegnante-educatore, attiva nel processo di crescita dell'allievo, trovò un primo ostacolo nel 1923 con la Riforma Gentile, che faceva della scuola un canale di trasmissione delle idee e dei principi del fascismo. Il maestro era il sacerdote, l’interprete, il ministro dell’essere divino, colui che doveva trasmettere la dottrina fascista, colui che doveva inculcare il credo a giovani ancora privi di capacità critiche. Il maestro, pertanto, diventò una figura di secondo piano, una pedina del governo fascista che, attenendosi al Sussidiario, un libro di testo unico per tutte le scuole elementati, adeguato nel 1928 alle direttive del governo, doveva formare le giovani masse.
Con Gentile, in un certo senso, la scuola ritornò a quel lontano 1859, imprimendo un’idea di scuola severa, selettiva, destinata solo all’élite. Una scuola dall'ordinamento gerarchico e centralinistico, che aboliva, di fatto, tutte le rappresentanze elettive e in cui solo gli uomini migliori, coloro che sarebbero andati a far parte della classe dirigente, avrebbero avuto diritto al proseguimento degli studi. Se la riforma Gentile vide drasticamente calare il numero di analfabeti, aumentando l'obbligo scolastico a 14 anni, dall'altra portò la scuola a essere un mero e semplice strumento di riproduzione dell’adesione ideologica al regime dal punto di vista ideologico, strutturale e amministrativo.
Lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale ebbe ripercussioni enormi sulla scuola italiana: l'inefficienza del governo, la distruzione dei fabbricati e dei luoghi di istruzione riportarono l'istruzione nel caos. Nonostante la caduta del fascismo e l'avvento al potere delle forze democratiche, i governi di centro-sinistra degli anni '60 proseguirono con una visione della scuola in linea con il periodo fascista. Se la scuola primaria e di istruzione secondaria inferiore intrapresero negli anni '70 un significativo passo in avanti verso la scuola moderna, la scuola superiore continuò a proporre programmi in linea con la riforma Gentile. Se il 1974 sancisce il primo passo per la riacquisizione dell'autonomia didattica e curricolare, bisogna aspettare il 1998, la riforma Berlinguer, affinché il docente goda di totale autonomia. L’insegnante, senza alcun tipo di vincoli, ha finalmente il compito di guidare l’alunno, con le sue esperienze e con la sua cultura, non solo nell’acquisizione di nozioni, ma anche di educare “alla vita”.
Tuttavia la scuola, in particolare dopo la Riforma Moratti, è stata caricata di pretese e aspettative enormi. La scuola ha il compito di formare, proteggere e indirizzare gli studenti, facendo dell'insegnante-educatore una specie di parafulmine. Non più docenti, ma macchine computazionali alle prese con schede di valutazione, piani di offerta formativa, programmi strettissimi e con un’autonomia di scelta sui contenuti ridottissima. Della libertà di insegnamento tanto auspicata nel 1998 se ne è, di fatto, parlato abbastanza senza ottenere risultati. Il lato “umano”, il libero scambio tra docente e allievo, è stato inglobato e schiacciato dalla macchina del Metodo, un apparato burocratico complesso che rischia di soffocare e vanificare gli sforzi fatti a fine secolo con la Riforma Berlinguer. Se è vero che il sapere non si può contenere in un libro e che devono essere immessi nuovi canali e metodi di acquisizione delle conoscenze, la libertà del docente viene messa in discussione in quanto, oggi, non è più l'unico detentore. Questo dimostra da una parte la caduta del modello fascista e dall'altra il fatto che ciascun insegnante deve mettere il suo sapere a disposizione dell’allievo perché diventi punto di partenza per un ulteriore arricchimento culturale e autonomo. L'insegnante, oggigiorno, è il parafulmine di tutti i malatempora culturali, civili, etici, economici. Subisce pressioni e stiramenti che nemmeno un collaudo di recipienti sferoidali in ghisa, ma, allo stato dell’arte, è il vaso di coccio.
Sitografia
http://www.ilsileno.it/2013/01/20/il-nuovo-ruolo-del-docente-da-depositario-assoluto-del-sapere-a-guida-propositiva/ Livia Giacardi (a cura di), Da Casati a Gentile. Momenti di storia dell’insegnamento secondario della matematica in Italia, Lugano, Lumières Internationales, 2006, p. 54. http://lascuoladiunavolta.altervista.org/breve-storia-della-scuola-italiana/ A. Visalberghi, Aspetti generali del sistema scolastico italiano sua storia e organizzazione, in “Scuola e città”, 1981, 10, 417-429 G. Ricuperati, Scuola, in Storia d'Italia, F. Levi U. Levra N. Tranfaglia, Firenze, La Nuova Italia, 1978, 1195 - 1209 www.ecucazionewaldorf.it/news/download.php?id=305. G. Talamo, Scuola, in La cultura italiana del Novecento, a cura di C. Staiano, Roma-Bari, Laterza, 1996, 653-686
Immagini tratte da:
wixite.com
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Febbraio 2023
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