Questa celebre citazione indica il carattere titanico e romantico di uno dei più importanti esponenti della nostra letteratura, Vittorio Amedeo Alfieri (1749-1803), nato, come egli stesso scrive nella sua autobiografia, Vita scritta da esso, da genitori nobili e onesti.
Nonostante i natali piemontesi, Alfieri nutriva una fortissima ammirazione per il toscano e per i grandi scrittori toscani, come Dante, Petrarca e Machiavelli, tantoché ebbe frequentemente a visitare la Toscana e Firenze. Al contempo, egli apprezzava anche l’Illuminismo e Voltaire, cosa che contribuì alla formazione di una mente razionale, laica, libertaria, unita al gusto per l’esaltazione tipicamente romantica del genio. Come tutti gli intellettuali di questo periodo, anche Alfieri si contraddistingue per la contraddittorietà e l’irruenza.
Alfieri è celebre per la composizione di diverse tragedie di argomento storico-religioso, come Saul (1782), dove il protagonista è il celebre re biblico, o Maria Stuarda (1778), la famosa regina di Scozia fatta giustiziare da Elisabetta I. Come procedeva l’autore nella stesura delle sue opere? Essa era articolata in tre fasi: ideare (predisporre il soggetto dell’opera e la caratterizzazione dei personaggi), stendere (organizzare il testo) e verseggiare (scrivere il tutto in endecasillabi sciolti). Alfieri rispettava rigorosamente le unità aristoteliche. Saul è probabilmente la tragedia più intensa dello scrittore astigiano: protagonista è il re del Vecchio Testamento, dilaniato da passioni opposte, ma dal forte senso morale ed etico. I suoi conflitti interiori possono soltanto acquietarsi attraverso un gesto estremo, cioè il suicidio. Dandosi alla morte egli non soltanto si libera dai suoi tormenti, ma anche dal male che lo circonda. Il Saul alfieriano è dunque simile al Bruto minore leopardiano, il quale sceglie la stoica etica del suicidio pur di non affrontare la fine della Roma repubblicana ![]()
Maria Stuarda, oltre allo scontro tra protestanti e cattolici romani, mette in scena il conflitto di due donne, la regina scozzese e quella inglese, gli intrighi e le trame di corte.
Vittorio Alfieri non fu soltanto tragediografo, ma si dedicò anche alla stesura di saggi di scottante argomento politico, come il suo attacco contro i governi dispotici contenuti nel saggio Della tirannide (1777-1790), dove lo scrittore attacca la tirannide ritenendola la peggior forma di governo:
« Tirannide indistintamente appellare si deve ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzione delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto eluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono o tristo, uno, o molti; ad ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammetta, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo ».
Alfieri preferisce un governo democratico e fondato sulla libertà e, nel Misogallo (1799, l’altro scritto politico) emerge il suo disprezzo per gli esiti della Rivoluzione francese, sintetizzando che i francesi saranno sempre schiavi e gli italiani un giorno saranno liberi Nel nostro tempo, privo di qualsiasi valore o riferimento, l’atteggiamento titanico di Vittorio Alfieri ci ricorda quanto sia importante vivere e combattere per un ideale. Forse se gli italiani conoscessero meglio il drammaturgo di Asti avrebbero anche una diversa consapevolezza di loro stessi.
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Maggio 2023
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