di Agnese Macchi “Caminante no hay camino” è una tra le più note poesie di Antonio Machado, più generalmente anche una tra le più ricordate della letteratura spagnola. Per la precisione questa poesia è la ventinovesima della raccolta Campos de Castilla (1912), in particolare appartiene alla sezione proverbios y cantares. L’incipit, famosissimo, ci introduce da subito nell’essenza del componimento: “Caminante, son tus huellas “Viandante, sono le tue impronte el camino, y nada más; il cammino, e nulla più; caminante, no hay camino: viandante, non esiste sentiero: se hace camino al andar.” si fa strada con l’andare.” Il cammino che ci illustra Machado non ha mete, scopi, obiettivi: non culmina in un luogo da raggiungere. Non c’è un criterio da seguire, un passaggio più sicuro, una strada più ombreggiata, magari anche un po’ in discesa. Non ha importanza la partenza, non ha rilievo l’arrivo, ma il percorso che ci lasciamo alle spalle. Quella serie di piccole impronte che si susseguono tra loro, in alcuni tratti più forti e marcate, in altri più rade e lacrimanti. Il cammino infatti non è mai uguale e anche per questo non dovremmo guardare quello degli altri. C’è chi va per un sentiero pianeggiante e corre veloce e fiero nei prati dipinti di verde; c’è chi invece deve proseguire lento, in un tratto scosceso, aguzzo e franabile. C’è anche chi stanco della salita si ferma un attimo a sedere su un masso ed ecco venirne fuori una vipera. C’è chi parte ai piedi della montagna e arriva in cima non ancora appagato; c’è chi invece nasce sulle vette e decide di rotolare senza fine verso il basso. Si può trovare un bastone d’appoggio in salita oppure uno sgambetto in discesa: l’importante, una volta caduti, è rialzarsi e continuare a camminare. Mai fermarsi, soprattutto dove si è stati colpiti, feriti, spintonati per terra. “Al andar se hace camino, “Nell’andare si segna il sentiero, y al volver la vista atrás e voltando lo sguardo indietro se ve la senda que nunca si scorge il cammino che mai se ha de volver a pisar.” si tornerà a percorrere.” Questo camminare senza mai arrivare è quel perpetuo movimento che caratterizza la vita. Il prodotto tra l’andamento che assumiamo e quello che ci propone il contorno. L’unico cammino che esiste è quello percorso, tutti i passi che si sono allineati e le impronte delle mani, di quella volta che si è caduti; le cicatrici di quando non si è scelto bene dove camminare, di quella volta che, affamati, ci si è accontentati del primo vegetale per poi ritrovarsi rannicchiati per terra, con uno di quei grandi mal di pancia che dà a volte la vita. Solo i più fortunati, camminando, trovano una mano tesa e l’afferrano. Poi ci sono i solitari, a cui basta il loro riflesso in uno stagno, sempre meglio di chi incontra per la strada un inganno. Ne risulta una matassa di cammini intrecciati, annodati, incidentati o mai incontrati. Perché ognuno ha il proprio percorso, ciascuno ha un passo diverso, ma la verità è che siamo tutti chiamati a camminare nello stesso posto. “Caminante no hay camino” è un invito a non fermarsi, a correre forte oppure camminare piano godendosi il paesaggio circostante. Un invito a non lasciare che uno sgambetto, un tubero velenoso, una mano tesa per inganno, una vipera sibilante ci lascino per terra. Una riflessione su questa grande metafora del vivere, che fa capire che la vera sfida non è non cadere, ma rialzarsi sempre e continuare a camminare. Immagini tratte da https://images.app.goo.gl/hpfS7t69FQgAVCxf6
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Febbraio 2023
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